Ci si muove. Scatta oggi un ponte
aereo d’aiuti umanitari nei cieli di Mogadiscio, Dolo (Etiopia) e Wajir, nel
Nord del Kenya, per fronteggiare l’emergenza carestia e la «siccità epica» che
sta dilaniando il Corno d’Africa, dove, stando all’Unicef, mezzo milione di bambini
«hanno il 40 per cento delle possibilità di sopravvivere». Ponte aereo deciso
ieri dal summit straordinario della Fao a Roma (al quale hanno partecipato
ministri e delegati dei 191 Paesi membri della Fao, di altre agenzie Onu e
organizzazioni internazionali e non governative). Durante il quale prima si è
ammesso il fallimento «nella costruzione della sicurezza alimentare nei Paesi
di sviluppo» e poi affermata la necessità di un’azione «massiccia e urgente».
La crisi nel Corno d’Africa,
scatenata da almeno tre cause, sta colpendo dodici milioni di persone, con due
regioni nel Sud della Somalia già in gravissima carestia: «Gli effetti
congiunti di siccità, inflazione e conflitti hanno causato una situazione
catastrofica che richiede un urgente e robusto sostegno internazionale», ha
subito annotato il direttore generale uscente della Fao, Jacques Diouf. Così,
per spazzare via le accuse d’immobilismo proprio alla Fao, il ministro francese
all’Agricoltura, Bruno Le Maire, ha illustrato la “road map” dell’intervento a
lungo raggio dell’agenzia Onu: entro il 15 settembre arriverà il piano d’azione
sulla sicurezza alimentare e sull’acqua e lo stesso giorno sarà lanciato anche
il nuovo sistema di informazione dei mercati agricoli «per evitare le
speculazioni e perché la volatilità dei prezzi rovina i contadini nei Paesi in
via di sviluppo».
Saranno i governi dei sei Paesi
colpiti dalla crisi a gestire la risposta, tenuti informati dal Piano d’azione
per il Corno d’Africa del Comitato permanente interagenzie (Iasc). E infine
alla Fao sono convinti che andrebbe evitata, per quanto possibile, la
costituzione di campi profughi con l’aggregazione di un enorme numero di
sfollati.
Un intervento – ha spiegato la
direttrice del Programma mondiale alimentare dell’agenzia delle Nazioni Unite,
Josette Sheeran – resosi inevitabile per superare l’ostilità dei miliziani
fondamentalisti islamici o Shabaab nella distribuzione degli aiuti. A
proposito: «È urgente e indispensabile un corridoio umanitario e aereo per
portare beni di prima necessità dove servono», aveva detto poco prima il
ministro degli Esteri, Franco Frattini. Aggiungendo che bisognerà aiutare la
popolazione somala «sfidando, se occorre, i terroristi dello Shabaab, che hanno
detto di non volere gli aiuti perché per loro purtroppo la vita delle persone
non vale niente». A tal proposito, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha
chiesto immediato accesso delle organizzazioni umanitarie alle zone colpite.
Intanto la Banca mondiale ha
risposto all’appello stanziando 500 milioni di dollari, 8 dei quali per
l’immediata emergenza mentre i restanti 492 per finanziare progetti a favore
degli agricoltori locali. Fondi che si accompagnano ai 100 milioni di euro
promessi dall’Ue.
«Siamo particolarmente
preoccupati per la Somalia – hanno ancora sottolineato i partecipanti al summit
– ed è di vitale importanza riuscire a raggiungere con gli aiuti chi si trova
all’epicentro della carestia, portando alimenti altamente vitaminizzati che
sono indispensabili per i bambini». E ha spiegato Josette Sheeran, direttrice
esecutiva del Pam, che «molte delle donne che ho incontrato in Somalia e Kenya
nei giorni scorsi avevano perso i figli e non avevano alcun mezzo di
sussistenza se non gli aiuti umanitari forniti dalle agenzie sul campo».
«Ci impegniamo – si legge nel
documento finale dell’incontro svoltosi alla Fao – ad assicurare una risposta
immediata ed appropriata per far sì che le comunità ed i Paesi colpiti siano
messi nelle condizioni di preservare i loro fragili mezzi di sussistenza dai
quali dipende la sopravvivenza di così tante persone, e allo stesso tempo si
lavori alla costruzione di una capacità di resistenza di lungo periodo».
Pino Ciociola
Fonte: www.avvenire.it
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