31 maggio 2016

Una nuova vita in Italia


Calendario Missionario - GIUGNO 2016

- 1/6: S. Giustino, filosofo cristiano, nato in Palestina e martirizzato a Roma (+165).
- 1/6: B. Giovanni B. Scalabrini (1839-1905), vescovo di Piacenza (Italia), fondatore dei Missionari e delle Suore Missionarie di S. Carlo, per l’assistenza pastorale dei migranti.
- 1/6: S. Annibale Maria Di Francia (1851-1927), sacerdote siciliano di Messina, apostolo della preghiera per le vocazioni, fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo.
- 2/6: Con la bolla pontificia ‘Sublimis Deus’, il Papa Paolo III condannò la schiavitù (anno 1537).
- 3/6: Festa del Sacro Cuore di Gesù. Dal Cuore trafitto di Cristo Buon Pastore nasce la Chiesa missionaria. – Giornata Mondiale per la Santificazione dei Sacerdoti.
- 3/6: SS. Carlo Lwanga e 21 compagni martiri d’Uganda, uccisi fra 1885-1886 a Namugongo e dintorni di Kampala. Assieme a loro, furono uccisi altri 23 giovani di confessione anglicana.
- 4/6: Ricordo di Afonso Mwembe Nzinga, re del Kongo (s. XV), primo sovrano dell’Africa centrale a ricevere il Battesimo (1491). Nel 1518 suo figlio Enrico diventò il primo vescovo nero dell’Africa subsahariana.
- 5/6: S. Bonifacio, vescovo e martire (675-754), monaco britannico, grande evangelizzatore della Germania, vescovo di Magonza, sepolto a Fulda.
- 6/6: S. Norberto (1080-1134), vescovo di Magdeburgo (Germania), fondatore dei Premonstratensi, missionario in Francia e Germania.
- 6/6: S. Marcellino Champagnat (1789-1840), francese, fondatore dei Piccoli Fratelli di Maria (Fratelli Maristi), per l’educazione dei giovani.
- 6/6: S. Raffaele Guízar Valencia (Messico, 1878-1938), vescovo di Veracruz, che, nonostante la persecuzione, esercitò strenuamente il ministero episcopale, soffrendo l’esilio e altre pene.
7/6: Inizio del mese del Ramadan islamico fino al 6/7.
- 8/6: S. Giacomo Berthieu (1838-1896), sacerdote gesuita francese, missionario per oltre 20 anni in Madagascar; morì martire a Ambiatibé.
- 8/6: B. Maria Teresa Chiramel Mankidiyan (1876-1926), religiosa carmelitana del Kerala (India), fondatrice delle Suore della Sacra Famiglia, dedite a giovani e bisognosi.
- 9/6: S. Giuseppe de Anchieta (1534-1597), sacerdote gesuita spagnolo, nato nelle isole Canarie, missionario ed evangelizzatore del Brasile, linguista, drammaturgo e fondatore delle città di São Paulo e Rio de Janeiro.
- 11/6: S. Barnaba, apostolo, uno dei primi cristiani di Gerusalemme, missionario ad Antiochia, evangelizzatore di Cipro, amico e collaboratore di S. Paolo.
- 11/6: B. Ignazio Maloyan (1869-1915), vescovo di Mardine degli Armeni e martire, torturato e ucciso dai turchi all’inizio dell’olocausto armeno.
- 12/6: S. Gaspare Bertoni (Verona 1777-1853), fondatore degli Stimmatini, “missionari apostolici”.
- 12/6: B. Mercede Maria di Gesù Molina (1828-1883), religiosa ecuadoriana, missionaria fra gli indigeni ‘jíbaros’, fondatrice, morì a Riobamba (Ecuador).
- 12/6: Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile, istituita dall’ONU (2002).
- 13/6: S. Antonio di Padova (1195-1231), sacerdote francescano portoghese; fallito il tentativo di andare missionario in Marocco, divenne un efficace evangelizzatore in Francia e Italia. È dottore della Chiesa.
- 14/6: Giornata Mondiale dei Donatori di Sangue, promossa dalla ONU-OMS (2004).
- 15/6: B. Luigi Maria Palazzolo (Bergamo, 1827-1886), predicatore di missioni popolari, fondatore delle ‘Suore Poverelle’ per l’educazione, l’assistenza e le missioni.
- 16/6: B. Maria Teresa Scherer (1825-1888), religiosa svizzera, cofondatrice delle Suore della Carità della S. Croce, che ebbero una rapida diffusione.
- 17/6: Giornata Internazionale contro la Desertificazione e la Siccità, istituita dall’ONU (1995).
- 20/6: B. Francesco Pacheco e altri 8 compagni martiri gesuiti, condannati al rogo in Giappone (Nagasaki, 1626).
- 20/6: Giornata Mondiale del Rifugiato, creata dall’ONU (2000).
- 21/6: S. Luigi Gonzaga (1568-1591), religioso gesuita italiano, morto a Roma, all’età di 23 anni, assistendo gli appestati. È il patrono della gioventù studentesca.
- 22/6: S. Paolino di Nola (353-431), vescovo e poeta latino, nato in Francia, evangelizzò soprattutto la Campania (Italia).
- 22/6: SS. Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, e Tommaso Moro, magistrato: intrepidi difensori della fede cattolica contro le pretese del re Enrico VIII, martirizzati a Londra (+1535). Intorno a questa data, si ricordano numerosi altri martiri dell’Inghilterra, assassinati in epoche e luoghi diversi. San Tommaso Moro è Patrono dei Governanti e dei Politici.
- 24/6: Nascita di S. Giovanni Battista, Precursore del Messia: ne annunciò la venuta pubblica e ne preparò il cammino, dandone testimonianza fino al martirio. È un modello per i missionari.
- 24/6: S. Maria Guadalupe García Zavala (1878-1963), di Guadalajara (Messico), fondatrice dedita al servizio dei poveri e malati.
- 25/6: Memoria del Servo di Dio Mons. Melchior de Marion Brésillac (1813-1859), missionario francese, vescovo in India e poi in Sierra Leone, dove morì, dopo aver fondato (1856) a Lione la Società per le Missioni Africane (SMA).
- 26/6: Giornata per la carità del Papa.
- 26/6: S. Vigilio (+405), terzo vescovo di Trento (Italia), evangelizzatore della regione con l’aiuto di tre missionari provenienti dalla Cappadocia (attuale Turchia); morì martire in Val Rendena.
-26/6: B. Giacomo da Ghazir (Libano, 1875-1954), sacerdote cappuccino, fondatore; svolse una mirabile opera di predicazione in Libano, Palestina, Iran e Siria.
- 26/6: S. Josemaría Escrivá de Balaguer (1902-1975), sacerdote spagnolo, fondatore dell’Opus Dei, per promuovere l’ideale della santificazione nella vita ordinaria e nel lavoro.
- 26/6: Giornata Mondiale di Sostegno alle Vittime della Tortura (ONU, 1987).
- 28/6: S. Ireneo (135-202 ca.), nato a Smirne (Asia Minore), discepolo di S. Policarpo, divenne vescovo di Lione, grande evangelizzatore della Gallia; è uno dei Padri della Chiesa.
- 29/6: SS. Pietro e Paolo, apostoli, missionari e fondatori della Chiesa di Roma e in altri luoghi; furono martirizzati a Roma sotto l’imperatore Nerone (+64-67 ca.).
- 29/6: B. Raimondo Lullo (Maiorca, 1235-1316), terziario francescano, studioso e scrittore; andò missionario in Africa per instaurare un dialogo fraterno con i Saraceni; fu incarcerato e martirizzato.
- 30/6: B. Basilio Velyckovskyj (1903-1973), vescovo e martire greco-cattolico ucraino; perseguitato duramente in patria, fu espulso e morì in esilio a Winnipeg (Canada), in seguito a una dose di veleno a effetto lento, somministratogli prima dell’espulsione (1972).


Dagli orfani del Mediterraneo ai minori abusati: il dramma dei piccoli migranti

Sono 7.770 i minori soli arrivati in Italia dall'inizio dell'anno: 6.800 sono non accompagnati. Tra loro anche casi simili a quelli della piccola Favour, che ha perso la mamma in un naufragio. Save the children: "Ci raccontano di aver subito violenze atroci"

ROMA – C’è chi racconta di aver subito indicibili violenze, chi ha visto morire i compagni di viaggio in mare e chi nel naufragio ha perso anche i genitori. Sono sempre di più i minori stranieri che arrivano soli nel nostro paese. Dall’inizio dell’anno a oggi circa 7.700 bambini di cui 6.800 non accompagnati. “Una cifra tre volte maggiore a quella registrata nel 2015- sottolinea Giovanna Di Benedetto di Save the children- è una tendenza che ormai stiamo registrando da mesi. L’incremento dei minori è altissimo, molti di loro ci raccontano storie atroci”.
Orfani del Mediterraneo. Anche se la maggior parte dei minori stranieri non accompagnati che arrivano in Italia, ha tra i 14 e 17 anni e un progetto migratorio ben preciso, non mancano i bambini che arrivano soli dopo aver perso i familiari. Il caso che ha colpito di più l’opinione pubblica in questi giorni, è stato quello della piccola Favour, arrivata a Lampedusa a 9 mesi, perché la mamma è morta durante uno degli ultimi naufragi. La bimba nigeriana, però, non è l’unica: in questi giorni si stanno succedendo storie più o meno simili alla sua. Un bambino sudanese di 5 anni è arrivato a Lampedusa, dopo aver perso, anche lui, i genitori in mare. Stessa storia sabato a Pozzallo, quando a sbarcare è stata una bambina di 4 anni non accompagnata. La bambina ha affrontato tutto il viaggio da sola, la mamma è infatti morta in Libia, poco prima di imbarcarsi. Mentre il papà che vive in Svizzera le stava aspettando. “Per fortuna allo sbarco siamo riusciti a trovare gli zii e ora la piccola è affidata a loro – continua Di Benedetto -. Casi di bambini che arrivano soli perché i genitori sono morti nel viaggio purtroppo ci sono, almeno per ora sono storie gravi ma isolate e non ancora un fenomeno preoccupante”.
Violenze sempre più atroci. A preoccupare, invece, sono le violenze che i minori raccontano di aver subito prima e durante i viaggi. Abusi sessuali, aggressioni fisiche, costrizioni psicologiche. “Queste purtroppo per noi non è una novità ma una tristissima conferma– aggiunge la responsabile di Save the children -. I loro racconti sono veramente orribili: ci parlano di violenze di ogni genere. Molti di loro sono stati picchiati ripetutamente prima di partire, anche solo per aver chiesto qualcosa in più da mangiare. Una ragazza era stata violentata e ha tentato il suicidio, altri ci dicono di aver visto morire gli amici. Arrivano qui devastati. Eppure – aggiunge- nessun essere umano, neanche un adulto, dovrebbe vivere un abuso. E’ chiaro che quando si tratta di un minore la situazione è doppiamente grave, ma da quello che ci raccontano lì nessuno viene risparmiato, né gli anziani, né le donne incinte”.
Una strage senza fine. Solo nei naufragi di quest’ultimo fine settimana si contano almeno 40 bambini morti in mare, ma secondo le stime potrebbero essere molti di più. “Una mamma ci ha raccontato di aver perso il figlio che stava allattando – aggiunge Di Benedetto – è terribile. A Pozzallo abbiamo raccolto la testimonianza dei superstiti, ci parlano di decine di bambini morti, il numero preciso non lo sappiamo, potrebbero essere molti di più. Di certo è già una cifra molto alta quella che abbiamo raggiunto, e che non vorremmo continuare ad aggiornare”. (ec)

30 maggio 2016

VATICANO - Il Card. Filoni alla Messa di invio dei missionari: evangelizzare è crescere nella fede

Bucaramanga (Agenzia Fides) – “La missione di evangelizzare deve essere un costante incoraggiamento a non accontentarsi della mediocrità, ma a continuare a crescere nella fede” ha raccomandato il Card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, durante la Messa di invio dei Missionari che ha presieduto il 28 maggio a conclusione del XII Congresso Missionario Nazionale della Colombia.
“L'autorità non viene dalla scienza o dalla dottrina, ma dallo Spirito Santo che governa la nostra storia e guida i nostri passi – ha detto il Cardinale nell’omelia commentando la liturgia del giorno -. Dio è la fonte e la sorgente di ogni autorità. Diventando una sola cosa con Lui, si acquista autorità, perché il Signore si comunica e vive con tutto il suo essere nella Chiesa, e le conferisce il potere, l'autorità, la scienza e la saggezza”.
Citando l’Evangelii Gaudium, il Prefetto del Dicastero Missionario ha ricordato che “evangelizziamo anche quando cerchiamo di affrontare le diverse sfide che possono presentarsi”, in quanto “la verità a volte risulta scomoda, e non può variare a seconda delle circostanze. Gli scribi e i farisei vogliono accusare Gesù di abuso di autorità e non gli riconoscono il diritto di rivelare al mondo la verità e di proclamare la nuova legge dell'amore”. Quindi, rivolgendosi agli inviati per la missione, ha ribadito che potranno spesso trovarsi dinanzi alla chiusura mentale, alla cecità, al pregiudizio “di coloro che non conoscono o riconoscono Cristo, Via, Verità e Vita, ma che hanno la presunzione di giudicare anche Dio” e “la conseguenza di questo atteggiamento può essere l'indifferenza o la persecuzione”.
A partire dal Concilio Vaticano II l’evangelizzazione ha subito “trasformazioni rilevanti a causa dei cambiamenti dei modelli culturali”, tanto che “a volte si può avere l’impressione che l’annuncio della fede non susciti entusiasmo, tanto più se, a causa di alcune forme di dialogo che marginalizzano il Vangelo e l’attenzione alle tradizioni religiose e culturali, si dimentica che la Chiesa, per sua natura, è missionaria”. Le moltitudini riconoscono l’autorità e la potenza di Gesù, e ne danno testimonianza, ne fanno un gioioso annuncio, un “Evangelo”. Il Prefetto del Dicastero Missionario ha invocato da Dio, per intercessione di Santa Laura Montoya, “il dono di vivere una fede autenticamente evangelica e la gioia di annunciare, con grande autorità spirituale, la sua Parola tra gli uomini”. (SL) (Agenzia Fides 30/05/2016)

Uscire per annunciare: una lettura in chiave “missionaria” di Papa Francesco


Nuovo saggio del teologo argentino Víctor Manuel Fernández, uno dei più stretti collaboratori di Bergoglio

“Non si può non essere missionari”. Questo il messaggio centrale del nuovo libro di Víctor Manuel Fernández, Uscire per annunciare. Come Papa Francesco ci spinge alla missione (Editrice Missionaria Italiana), da questa settimana in libreria.

Il volume raccoglie le riflessioni del teologo argentino, rettore dell’Università Cattolica di Buenos Aires e tra i più stretti collaboratori di papa Francesco, sul significato della missione e sulle motivazioni che spingono gli uomini ad annunciare il messaggio di Gesù. Partendo dall’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, nella quale il Santo Padre disegna il profilo della “chiesa in uscita”, Fernández identifica nell’essere missionari il compito ultimo di ciascun fedele.

Tuttavia l’annuncio, ci tiene a sottolineare l’Autore, non deve essere guidato da un desiderio di ammirazione o da una personale ricerca di accettazione. L’attività missionaria deve sgorgare dall’amore di Gesù che abbiamo ricevuto e da quello che proviamo per lui, perché “desideriamo che Gesù risplenda in un modo più chiaro e pieno nelle vite degli altri, come la grande risposta di cui hanno bisogno”. Per questo è necessario abbandonare i falsi idoli del mondo moderno, che papa Francesco individua nel consumismo, nei piaceri materiali, nel denaro, per riscoprire l’autentica bellezza del messaggio del Vangelo.

Nella ricerca cristiana del Regno di Dio, l’attività missionaria non può che coincidere quindi con l’autentica identità dell’essere discepoli di Gesù, in altre parole “assumere che la missione di Dio ti ha affidato è un elemento centrale ed inseparabile dalla tua identità più profonda, al quale non potrai mai rinunciare”, affinché tutti raggiungano la pienezza della vita in questo mondo.

Más de 60.000 musulmanes en el mundo se convierten al cristianismo cada año

28 maggio 2016

Cagliari: un Corpus Domini dedicato ai migranti


Mons. Miglio: “Quest’anno la meta da raggiungere con l’Eucaristia è il mare, da cui provengono i pellegrini forzati”

Quest’anno, a Cagliari, le celebrazioni cittadine della solennità del Santissimo Corpo e Sangue del Signore saranno caratterizzate da uno speciale ricordo per i migranti e i profughi che, numerosi, approdano anche in Sardegna. Pertanto è stato scelto il tema: Ero straniero e mi avete accolto (Mt 25,35).

Sarà il vescovo Arrigo Miglio a presiedere i diversi momenti celebrativi previsti per il pomeriggio di domenica 29 maggio. Lo stesso monsignor Miglio, in un messaggio indirizzato a tutti i fedeli della diocesi, ha affermato: «Dare alla processione una meta significativa ci aiuta a viverla come un vero pellegrinaggio. Per Cagliari quest’anno la meta da raggiungere con l’Eucaristia è il mare, da cui provengono i pellegrini forzati che fuggono dalla violenza e dalla povertà, quelli che riescono a farcela, mentre molti altri restano per sempre in fondo a quel mare».

«Li vogliamo ricordare tutti e chiedere al Signore – Pane spezzato e condiviso – di allargare nel nostro cuore gli spazi della carità ma anche di allargare la nostra mente per trovare soluzioni possibili senza mai arrenderci», ha poi concluso il presule.

Il programma prevede alle ore 18.30, presso la Cattedrale, il canto dei vespri. Seguirà la messa alle 19 e, infine, intorno alle 20, la processione che giungerà presso il pontile della dogana del porto di Cagliari attraversando il seguente percorso: piazza Palazzo, via Canelles, piazza Lamarmora, via De Candia, via Mazzini, piazza Martiri, piazza Costituzione, viale Regina Margherita, via Cavour, via Porcile, attraversamento di via Roma, porto.

https://it.zenit.org

Formazione permanente per le Missionarie ad gentes


Si è svolto dal 7 al 25 maggio 2016 il corso di formazione permanente per le Missionarie ad Gentes secondo l’itinerario Roma - Mornese - Nizza – Torino.
Nell’art 72 dei Regolamenti si legge: “Le modalità del ritorno periodico delle missionarie in patria siano stabilite dall’Ispettrice, d’intesa con la Consigliera generale per le missioni.Questa sosta sia vissuta come momento forte di animazione missionaria e sia organizzata in modo che, oltre a permettere un distensivo incontro con i famigliari, offra alle suore possibilità di rinnovamento spirituale e di adeguato aggiornamento, anche attraverso un interscambio di esperienze missionarie”.

Hanno partecipato 13 missionarie ad gentes fma: sr. Penello Giovanna – CMY, sr. Sabatino Nazzarena – ANT, sr. Kottaka Maria Thankamani – MOR, sr. Chacko Lilleykutty – MOR, sr. Fadelli Lucia – AFO, sr. Fogagnolo Mariangela – HAI, sr. Michelon Angela – ANT, sr. Supertino Adelaide – THA, sr. Tachis Orsolina – MOZ, sr. Cazzola Elisabetta – ECU, sr. Mosele Anna Maria – THA, sr. Miravalle Elena – CIN, sr. Zampa Angela – AFO.

Gli obiettivi del corso sono stati: vivere questa sosta come momento privilegiato di incontro forte con il Signore e il suo progetto d’Amore per tutti; ravvivare l’ardore missionario oggi per ricomprendere, con coraggio e apertura di mente e di cuore, il mandato missionario di Gesù; permettere un distensivo incontro con i familiari per dare loro il meglio della nostra vita missionaria.

La prima tappa si è svolta a Roma con l’accoglienza e l’incontro con la Consigliera per le Missioni - suor Alaide Deretti, la visita alla Basilica del Sacro Cuore e alle Camerette di Don Bosco; poi l’incontro con la Madre in Casa generalizia FMA, la visita alle Basiliche romane, centro della cristianità, conclusosi con il passaggio della Porta Santa in S. Pietro.

La seconda tappa è stata Mornese, accompagnate dalle collaboratrici dell’Ambito per le Missioni, suor Blanca Sanchez e suor Maike Loes.
Momento significativo la Celebrazione Eucaristica presso il Tempio di Madre Mazzarello, con la gente di Mornese, con le comunità FMA di Mornese, presieduta dal Vescovo di Acqui, Vescovo Mons. Pier Giorgio Micchiardi; in festa con la gente mornesina ripercorrrendo i luoghi natii della Santa “Percorso per le vie del paese alla scoperta di Main in un piccolo paese grande quanto il mondo”.

Dal 14 al 21 maggio, le partecipanti hanno vissuto un tempo di “Esercizi Spirituali Itineranti”, sul tema “L’amore misericordioso nella nostra missione alla scuola di San Francesco di Sales”, guidati da Don Wirth Morand, SDB.
Ogni giorno il gruppo ha visitato uno dei luoghi di Santa Maria Domenica Mazzarello, dove la riflessione era guidata da D. Wirth, per favorire l’incontro e la preghiera, in atteggiamento di silenzio, di apertura e di docilità allo Spirito. Ha aiutato in questo percorso di incontro con Main, suor Luigina Silvestrin.
Un’esperienza momento molto sentita è stata la Giornata della Misericordia, in cui tutte hanno varcato la Porta Santa del Tempio di Madre Mazzarello e si sono accostate al Sacramento della riconciliazione.

La terza tappa è stata vissuta a Nizza Monferrato. Lì, oltre alla visita guidata da suor Eugenia Meardi, le sorelle hanno potuto riconoscere i passi della Madonna nella propria vita, facendo memoria delle parole profetiche di Don Bosco: “Voglio dirvi che la Madonna è veramente qui, qui in mezzo a voi! La Madonna passeggia in questa casa e la copre col suo manto.”
Ultima tappa il pellegrinaggio a Torino, il gruppo raggiunto dalla Consigliera per le Missioni, sr. Alaide Deretti, ha seguito le celebrazioni della Solennità di Maria Ausiliatrice.
Emozione grande, un forte senso di appartenenza e il rinnovamento dell’impegno di essere monumento vivo della riconoscenza di Don Bosco all’Ausiliatrice. Essere popolo, pregare con la gente e come la gente, con semplicità rivolgersi a Colei che “ha fatto tutto” e continua a fare nella Chiesa, nell’Istituto, nella vita di chi la invoca.
Durante la novena di Maria Ausiliatrice, il gruppo ha vissuto quanto nella circolare n. 960 Madre Yvonne Reungoat ha suggerito: pregare insieme la novena nella cameretta di Madre Mazzarello al Collegio (Mornese), con un’unica intenzione: le vocazioni. L’ottavo giorno della novena è stato vissuto nella cameretta di Madre Mazzarello, a Nizza, e la conclusione, davanti all’altare di Santa Maria Domenica Mazzarello nella Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino.
Le missionarie hanno concluso questa intensa esperienza con cuore riconoscente, esprimendo il loro amore e la forte appartenenza all’Istituto. Sentendosi fortunate di essere “le 13 missionarie della Misericordia” a motivo dell’Anno Giubilare.

Papa Francesco e il Grande imam di Al Azhar, il detto e il “non detto”


Samir Khalil Samir

Vi sono molti aspetti positivi nell’incontro fra il pontefice e la suprema autorità sunnita, insieme a qualche silenzio. Per Al Tayyib l’islam non ha niente a che fare con il terrorismo. Ma l’Isis usa la bandiera nera di Maometto, la spada del profeta, le frasi del Corano. I terroristi prendono le loro affermazioni sanguinarie da molti imam. E’ urgente un nuovo rinascimento dell’islam, rileggendo la tradizione nella modernità: un lavoro interrotto dal fondamentalismo.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Son rimasto ben impressionato dall’incontro fra papa Francesco e il Grande imam di Al Azhar, Ahmad Muhammad Al-Tayyib. Anche una personalità vaticana – del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, mons. Khaled Akasheh – mi ha detto che “si apre un capitolo nuovo. Siamo tutti desiderosi di lavorare insieme sulle tematiche che abbiamo elencato e c’è molta buona volontà”.

Ma nel coro delle voci positive, vorrei far notare qualche aspetto negativo o da chiarire. Ciò non toglie nulla alla positività dell’incontro, sottolineata anche dai commenti entusiasti del Grande imam verso papa Francesco, riportati nell’intervista da lui concessa ai media vaticani (pubblicata su Radio Vaticana del 24 maggio).

Al Tayyib afferma di ammirare questo “uomo di pace, un uomo che segue l’insegnamento del cristianesimo, che è una religione di amore e di pace; e seguendo Sua Santità abbiamo visto che è un uomo che rispetta le altre religioni e dimostra considerazione per i loro seguaci, è un uomo che consacra anche la sua vita per servire i poveri e i miseri e che si prende la responsabilità delle persone in generale; è un uomo ascetico, che ha rinunciato ai piaceri effimeri della vita mondana”.

In conclusione, l’impressione che egli esprime è che con lui si può “lavorare insieme”.

Nell’intervista egli non accenna ai motivi che avevano portato al raffreddamento e al blocco dei rapporti, dovuti soprattutto a una cattiva lettura delle parole di papa Benedetto XVI a Regensburg e con la richiesta di protezione per i cristiani colpiti dal terrorismo ad Alessandria d’Egitto nel 2011.

Terrorismo, “islam deviato”

Un'altra considerazione positiva è quando nell’intervista il Grande imam parla della “perdita di fede nel mondo”. “Tutte le filosofie e le ideologie sociali moderne – egli dice - che hanno preso in mano la guida dell’umanità lontano dalla religione e lontano dal cielo hanno fallito nel fare felice l’uomo e nel portarlo lontano dalle guerre e dallo spargimento di sangue”. La sua conclusione è che l’umanità ha bisogno delle religioni per dare “un nuovo orientamento verso la misericordia e la pace”. Mi colpisce che egli usi queste due parole “misericordia e pace”, in una traduzione (possiamo dire) della shahada, la professione di fede islamica, “Nel nome di Dio clemente e misericordioso”. Nel gennaio scorso, parlando al parlamento tedesco aveva aggiunto anche la parola “amore”, affermando che l’islam è una religione di amore e misericordia.

Altro punto positivo, quando l’imam Al Tayyib parla dei “concetti musulmani che sono stati deviati da coloro che usano violenza e terrorismo e dai movimenti armati che pretendono di lavorare per la pace”. Più oltre aggiunge: “Sì, il terrorismo esiste, ma l’islam non ha niente a che fare con questo terrorismo e questo vale per gli Ulema musulmani e per i cristiani e musulmani in Oriente. E quelli che uccidono i musulmani, e uccidono anche i cristiani, hanno frainteso i testi dell’Islam sia intenzionalmente sia per negligenza”.

Qui si può dire che vi è un aspetto non corretto, anche se il Grande imam lo ripete spesso, e cioè che l’Isis, lo Stato islamico, ad esempio, non ha niente a che fare con l’islam. Esso sarebbe solo una deformazione, una via sviata, ecc..

Si può dire questo. Ma occorre spiegare come mai questi gruppi terroristi usino la bandiera nera – che era quella di Maometto, insieme alle scritte islamiche e alla spada del profeta (come quella che è sulla bandiera dell’Arabia saudita). In realtà è necessario denunciare che questi terroristi prendono le loro affermazioni sanguinarie da molti imam e da una lettura del Corano fatta da molti musulmani responsabili. La lettura che molti musulmani fanno del Corano e della tradizione islamica può facilmente condurre a queste devianze. Nelle sue interviste, il Grande imam evita sempre di prendere responsabilità, e afferma soltanto: “Noi non c’entriamo”.

Questo mi addolora: finché non si riconoscerà questo problema, non si risolverà nulla. Finché non si riconosce che la base del terrorismo risiede in un certo insegnamento dell’islam, non si potrà guarire la situazione.

Ripensare l’islam per l’oggi

Dopo aver lanciato un appello al mondo per porre fine al terrorismo, una lotta che deve unire nella collaborazione oriente e occidente, egli elenca una serie di passi compiuti da Al Azhar per modernizzare la religione islamica. Va notato che questa è stata una raccomandazione del presidente Al Sisi.

Il Grande imam spiega che essi stanno lavorando a correggere tutti i libri di scuola media e superiore, togliendo quegli aspetti che potrebbero portare alla violenza; parla di un osservatorio mondiale con pubblicazioni in otto lingue in cui si denuncia e corregge “materiale diffuso da questi movimenti estremisti e delle idee avvelenate che deviano la gioventù”; mette in luce la collaborazione fra l’università e le Chiese egiziane; diverse conferenze svolte in occidente; i raduni di aggiornamento per gli imam che vivono in Europa per trattare dell’integrazione dei musulmani in quelle nazioni.

Tale lavoro è positivo, ma purtroppo, non hanno ancora cambiato i libri che servono per l’insegnamento agli imam. Si tratta di manuali classici medievali: per purificarli da interpretazioni sbagliate, occorre un grande lavoro, analizzando paragrafo per paragrafo. Alcuni studiosi che ho sentito in Egitto, dicono che sarà un lavoro impossibile.

Ma vi è un lavoro che è da fare in modo prioritario: partire dal Corano e ripensarlo per l’oggi. Personalmente, trovo che sia questo il più grande problema dell’islam. Da 50 anni nella lettura del Corano e della tradizione islamica si è affermata la tendenza letteralista. Da qui emerge la linea dura e la guerra contro gli altri: cristiani, ebrei, atei,…

Questa rilettura della tradizione per aggiornarla, era proposta perfino da Gamal al-Banna, fratello del fondatore dei Fratelli musulmani, morto solo 5 anni fa, avendo anche scritto una cinquantina di libri. Ad un certo punto lui si è staccato dall’insegnamento tradizionale e ha assunto posizioni liberali. Ad esempio, lui ha scritto contro l’uso del velo per le donne, che non c’entra nulla con l’islam; è una questione culturale, non religiosa.

Nella tradizione islamica oggi abbiamo molti pensatori che hanno scritto per rivedere l’islam.

La via è di integrare questo pensiero nell’insegnamento. Non c’è altra strada.

Questo suppone un uso massiccio dei mezzi attuali: internet, televisione, radio, libri. In questo modo si potranno affrontare anche alcuni temi (che il Grande imam non ha trattato) quali la libertà religiosa e di coscienza, la possibilità di cambiare religione.

Teniamo conto che l’islam è molto legato agli orientamenti dei presidenti e dei re. Per questo, tale cambiamento sarà possibile solo se anche l’autorità politica lancia questa campagna, chiedendo agli imam di scrivere in modo corretto su questa linea e generalizzare questa nuova linea dell’islam, che era poi quella esistita fino agli anni ’50. Essa è esistita fin dal 1860, quando è sbocciata la “Nahda”, il rinascimento arabo, che è durato quasi un secolo.

27 maggio 2016

QUANDO FINISCE LA NOTTE?

LA LUCE DELLA FEDE CI PORTA A CONSIDERARE LA “QUESTIONE RIFUGIATI”
NON SOLO COME UN PROBLEMA DI STAMPO SOCIALE,
MA SOPRATUTTO COME UNA MESSA IN DISCUSSIONE DEL NOSTRO ESSERE CRISTIANI.
I RIFUGIATI CI PONGONO LA SCELTA TRA IL VEDERE E PASSARE OLTRE
E IL VEDERE E AVERE COMPASSIONE.

Un rabbino chiese ai suoi allievi come si può conoscere il momento preciso in cui finisce la notte e comincia il giorno. Nessuna risposta data lo soddisfò: non è quando si riesce a distinguere un cane da una pecora o un albero di datteri da uno di fichi che si è certi che è giorno. Ma – rispose il rabbino – “quando si avvicina uno straniero e noi lo confondiamo con un nostro fratello, ponendo fine a ogni conflitto. Ecco, questo è il momento in cui finisce la notte e comincia il giorno”. Solitamente la luce serve per poter distinguere. A noi serve distinguere per poter comprendere meglio la realtà. Ma questo processo non deve ottenebrare il nostro sguardo verso ciò che ci accomuna. Il nostro deve essere un “distinguere per unire” invece di un “distinguere per dividere”. Cristo Risorto, luce del mondo che rischiara ogni uomo, ci fa entrare nel Suo giorno per poter uscire dalle tenebre e vedere in ogni uomo e donna che abitano la terra un nostro fratello – anzi – il Cristo che ci viene incontro.
Era giorno a Lesbo il 16 aprile scorso. Pietro e Andrea – papa Francesco e il patriarca Bartolomeo – hanno camminato insieme, distinti nelle vesti che portavano, ma fratelli. La loro visita era un incontro dei due fratelli con centinaia di fratelli – senza distinzione di colore, etnia, religione... La luce del Risorto non permetteva di distinguere il cattolico dall’ortodosso, il cristiano dal musulmano, lo straniero dal fratello. La testimonianza del Santo Padre diventa per noi un richiamo per accogliere l’esortazione dell’apostolo delle genti: “ora siete luce nel Signore: comportatevi perciò come figli della luce” (Ef 5,8). Dall’isola greca segnata da questa crisi umanitaria ci è giunto questo grido da parte dei pastori: “per affrontare questa grave sfida, facciamo appello a tutti i discepoli di Cristo, perché si ricordino delle parole del Signore, sulle quali un giorno saremo giudicati: ‘Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto. [...] In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’ (Mt 25,35-36.40)” (Dichiarazione congiunta).
La luce della fede ci porta a considerare la “questione rifugiati” non solo come un problema sociale ma soprattutto come una messa in discussione del nostro essere cristiani. I rifugiati ci pongono la scelta tra il vedere e passare oltre e il vedere e avere compassione (cf. Lc 18,29-37). Talvolta anche il nostro cuore si lascia ottenebrare da elementi di xenofobia, razzismo ed esclusione. Tendiamo anche noi ad assumere la logica di Satana riflettendo su questa crisi non secondo il pensiero di Dio ma secondo quello degli uomini. Riteniamo imprudente – perfino chi si è consacrato al Signore! – l’appello del pontefice fatto il 6 settembre scorso affinché ogni parrocchia, monastero e santuario d’Europa accolga una famiglia di profughi. Ma che senso ha essere cristiani se non si è capaci di adempiere il comandamento della carità che è segno essenziale del discepolo? Come sottolinea papa Francesco, il messaggio biblico per amare ed essere misericordiosi verso il povero “è così chiaro, così diretto, così semplice ed eloquente, che nessuna ermeneutica ecclesiale ha il diritto di relativizzarlo” (Evangelii gaudium 194).
Dobbiamo quindi pregare il Signore di donarci la forza per essere veramente suoi, “perché non solo parli, ma anche voglia, perché non solo mi dica cristiano, ma lo sia realmente” (Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani III, 2). Sarà più che opportuno che in questo momento drammatico per la storia e la Chiesa, le Chiese particolari si riuniscano per elaborare insieme un programma pastorale che indirizzi questo fenomeno epocale. Ritengo che stiamo perdendo tempo mentre i nostri fratelli continuano a soffrire. Gli immigrati vittime della violenza di coloro che predicano un dio della morte e della distruzione, rimangono certamente addolorati e scandalizzati nel trovare incomprensione e cuori chiusi da parte di chi professa la fede in un Dio della vita e della misericordia.
In quest’ottica i nostri fratelli e sorelle migranti sono il povero Cristo che bussa alla nostra porta, che mette a prova la nostra adesione a Lui. In sintesi, più che una questione umanitaria, per noi cristiani è questione di fede. Ci auguriamo che l’Anno Giubilare della Misericordia sia anche per noi occasione per aprire le porte delle nostre parrocchie e comunità affinché ci vestiamo con le opere della misericordia per essere trovati degni di entrare nelle nozze dell’Agnello (cf. Mt 22,12-13).

MARIO GRECH

REPAM: serie radiofónica Laudato Si’ ahora en portugués

La adaptación radiofónica de la Encíclica Laudato Si’, “sobre el cuidado de nuestra casa común”, ahora está disponible en portugués.

La iniciativa de producir este material es de la Red Eclesial Pan-Amazónica (REPAM), con el propósito de propagar las palabras del papa Francisco sobre los cuidados con el medio ambiente.

Los audios contienen el mensaje del Papa, con un lenguaje sencillo y didáctico. Son 20 programas de diez minutos cada uno: “hermana tierra”, “hermano aire”, “hermanos pájaros”, “hermano hielo”, “hermano oro”, “hermana nieve”… son algunos de ellos.

Los organizadores de la serie explican que el objetivo del material es despertar la conciencia sobre la ciudadanía ecológica, además de alertar sobre la necesidad de cambiar el estilo de vida consumista, la cultura del descarte, no sustentable.

“San Francisco de Asís, que inspiró al papa Francisco en la carta Encíclica, retorna a la Tierra para dialogar con sus criaturas, criaturas heridas, con el gemido herido de la Madre Tierra, gritando”, se expresa en la introducción de la serie.

En breve, la REPAM ofrecerá, gratuitamente, una guía con orientaciones para el uso de los audios. El material está organizado en 20 capítulos, con personajes que simulan una interacción con el papa Francisco, en conversación con el medio ambiente.

La producción está destinada a estudiantes, profesores, catequistas, comunicadores y emisoras de radio. El material puede ser utilizado para estudios en familia o en comunidad.

La serie radiofónica también se encuentra disponible en español.



Autor: Conferencia Nacional de Obispos de Brasil, CNBB
Traducción: Departamento de comunicación y prensa CELAM

Missio Giovani - Pani e Pesci

14 maggio 2016

Festa di Madre Mazzarello a Mornese, con un gruppo di FMA missionarie ad gentes

PREGHIERA A MARIA AUSILIATRICE

Composta da San Giovanni Bosco



O Maria, Vergine potente, Tu grande illustre presidio della Chiesa; Tu aiuto meraviglioso dei Cristiani; Tu terribile come esercito schierato a battaglia; Tu sola hai distrutto ogni eresia in tutto il mondo; Tu nelle angustie, nelle lotte, nelle strettezze difendici dal nemico e nell’ora della morte accogli l’anima nostra in Paradiso! Amen

Vieni, Spirito creatore


Vieni, o Spirito creatore,
visita le nostre menti,
riempi della tua grazia
i cuori che hai creato.

O dolce consolatore,
dono del Padre altissimo,
acqua viva, fuoco, amore,
santo crisma dell'anima.

Dito della mano di Dio,
promesso dal Salvatore,
irradia i tuoi sette doni,
suscita in noi la parola.

Sii luce all'intelletto,
fiamma ardente nel cuore;
sana le nostre ferite
col balsamo del tuo amore.

Difendici dal nemico,
reca in dono la pace,
la tua guida invincibile
ci preservi dal male.

Luce d'eterna sapienza,
svelaci il grande mistero
di Dio Padre e del Figlio
uniti in un solo Amore.

Amen.

Messaggio di Sr. Alaide Deretti, Consigliera per le Missioni.

1 maggio 2016

Fontana di Trevi si tinge di rosso in ricordo dei martiri cristiani nel mondo

La REPAM, comprometida con los derechos humanos

Desde su origen, la Red Eclesial Pan-Amazónica (REPAM) se ha identificado con los clamores de las poblaciones del bioma pan-amazónico –compuesto por nueve países latinoamericanos: Bolivia, Brasil, Colombia, Ecuador, Guyana, Guyana Francesa, Perú, Surinam y Venezuela–, asumiendo el llamado del papa Francisco a “custodiar toda la creación, la belleza de la creación, como se nos dice en el libro del Génesis y como nos muestra san Francisco de Asís: es tener respeto por todas las criaturas de Dios y por el entorno en el que vivimos” (19 de marzo de 2013).

Asumiendo íntegramente la defensa y el cuidado de la “casa común” como lo propone el obispo de Roma en Laudato Si’, la Escuela de Derechos Humanos de la REPAM, realizada en Quito (Ecuador) durante cinco semanas –entre abril y mayo de 2016–, apuntó a la promoción, la defensa y la exigibilidad de los derechos humanos en la Pan-Amazonía, que incluye el derecho a la vida, a la salud, al territorio, a la autodeterminación, entre otros, frecuentemente amenazados por los intereses de la agro-industria, de las mega-estructuras, y de otras formas de reducción de la identidad y de los ímpetus del “buen vivir” de las poblaciones originarias, ribereñas y campesinas, principalmente, amén de las situaciones de persecución a los defensores de los derechos de las poblaciones que habitan el bioma pan-amazónico.

Ante esto, “la apuesta de la REPAM es la creación de un proceso de formación de líderes comunitarios y agentes pastorales en el territorio amazónico, quienes tienen una larga trayectoria de defensa y de esta manera responden a los retos destacados por el Papa”.

Para ello, la Escuela de Derechos Humanos contempló cinco módulos temáticos: (1) identidad y visión pan-amazónica; (2) derechos colectivos; (3) sistema internacional y regional de derechos humanos; (4) documentación de casos; e (5) incidencia política.

25 líderes y representantes de poblaciones pan-amazónicas de Bolivia, Brasil, Colombia, Ecuador y Perú, participan en esta propuesta que contempla tres fases: (1) formación; (2) levantamiento de informaciones; y (3) incidencia formal en instancias internacionales.

En este sentido, la Escuela de Derechos Humanos no se limita a capacitar a sus participantes, sino que también acompaña las acciones que buscan impactar a las regiones de donde provienen, a favor de la vida y la dignidad del ser humano, en defensa de la Madre Tierra. Así, “los 12 casos presentados serán acompañados de una manera concreta por la Iglesia, ya que la participación involucra a binas de dirigentes y agentes de pastoral para propiciar un acompañamiento y cercanía por parte de la Iglesia local, que en la mayoría de los casos, ya es un hecho”.

Cabe destacar que “los participantes han sido seleccionados bajo criterios de experiencia en la defensa de casos con alta vulneración de derechos de la población y del ambiente. Así mismo, [teniendo en cuenta] que tengan fuerte arraigo con su territorio, compromiso con la Iglesia y sus comunidades, y asuman la responsabilidad de replicar en su entorno el aprendizaje recibido en la Escuela”.

De este modo, la Escuela de Derechos Humanos de la REPAM se sitúa en consonancia con el clamor de los obispos latinoamericanos y caribeños en Aparecida desde una perspectiva pastoral y en clave de ciudadanía: “crear conciencia en las Américas sobre la importancia de la Amazonía para toda la humanidad. Establecer, entre las Iglesias locales de diversos países sudamericanos, que están en la cuenca amazónica, una pastoral de conjunto con prioridades diferenciadas para crear un modelo de desarrollo que privilegie a los pobres y sirva al bien común” (DA 475).


Autor: Dpto. de Comunicación y Prensa del CELAM
Fuentes: redamazonica.org, caritas.org
Foto: Cáritas Ecuador

Semana de Oração pela Unidade dos Cristãos 2016

Proclamai os altos feitos do Senhor” (1Pe 2,9) é o tema da Semana de Oração deste ano. A proposta foi elaborada pelo movimento ecumênico da Letônia e adaptado para o Brasil pelo Movimento Ecumênico de Curitiba (MOVEC).



Queridas irmãs e irmãos!
“Chamados e chamadas para proclamar os altos feitos do Senhor” (1Pe2.9). Este é o lema bíblico que inspira a Semana de Oração pela Unidade Cristã 2016.

A Semana de Oração foi preparada pelas Igrejas da Letônia. Participaram diretamente do processo de elaboração do material as Igrejas: Católica Apostólica Romana, Luterana, Ortodoxa e Batista. 

O povo letão, no final do século XIX e primeira metade do século XX, foi obrigado a migrar por ocasião da ocupação russa. Parte dessa migração ocorreu por causa da perseguição religiosa. A Letônia foi submissa aos czares, que tentaram impor a religião oficial como expressão de fé. As pessoas de outras expressões religiosas, entre elas Judaísmo, Cristianismo (catolicismo e protestantismo) e o Islã, foram perseguidas.

Essa realidade mudou com o passar do tempo. Hoje, a Letônia é bem diferente. É possível o convívio entre diferentes expressões de fé. A realização e preparação da Semana de Oração pela Unidade é o exemplo concreto disso. 

Nossos irmãos e nossas irmãs da Letônia escolheram o texto do apóstolo Pedro, que lembra que nós, pessoas batizadas, somos “chamados e chamadas a proclamar os altos feitos do Senhor”. Proclamar os altos feitos de Deus significa não esquecermos a perspectiva de que através do Batismo que somos declarados filhos e filhas de Deus. O Batismo jamais deve ser banalizado. Ele é um sacramento que nos apresenta o desafio permanente de praticarmos e proclamarmos o amor gratuito de Deus pela humanidade. Uma das formas de proclamar esse amor é assumindo posturas de diálogo e de acolhida, em especial, com as pessoas que são diferentes de nós: de outras igrejas, religiões e culturas.

O ano de 2015 foi caracterizado pelas ondas migratórias. Também no início deste ano, vimos, na Europa, migrantes e refugiados desesperados em busca de novas condições de vida. Seus países foram destruídos por guerras e catástrofes ambientais. Alguns países optaram por fechar suas fronteiras para evitar a entrada de migrantes. Outros estão pensando nessa possibilidade. 

No Brasil, a situação não é tão dramática como é na Europa. Mas também aqui aumentou o número de pessoas migrantes e refugiadas. Muitas delas buscam o nosso país na esperança de encontrar amparo e resgatar a dignidade de vida. Infelizmente, no ano de 2015, alguns migrantes foram agredidos e sofreram preconceito. Atitudes racistas e preconceituosas não são coerentes com os altos feitos de Deus. Também é oportuno lembrar que é expressivo o número de grupos étnicos que, em tempos idos, vieram ao Brasil por razões de fome e guerra, aqui encontrando acolhida e amparo.

O Batismo nos conclama ao respeito pelo migrante. Mais do que tolerantes, precisamos ser respeitosos. A tolerância deveria ser uma convicção passageira. Ela deveria conduzir ao reconhecimento do direito à dignidade que é inerente a cada ser humano. 

Somos chamados e chamadas a proclamar os altos feitos do Senhor! Que essa proclamação se traduza em posturas de diálogo, acolhida e respeito para com aquelas pessoas que vêm ao nosso país em busca de novas oportunidades de vida. 
Que nossas Igrejas sejam motivadas para esse testemunho permanente de acolhida!

Na unidade de Cristo,

Dom Leonardo Ulrich Steiner (Secretário Geral da Conferência Nacional dos Bispos do Brasil)
Pastor Dr. Nestor Paulo Friedrich (Pastor Presidente da Igreja Evangélica de Confissão Luterana no Brasil)
Dom Francisco de Assis da Silva (Bispo Primaz da Igreja Episcopal Anglicana do Brasil)
Presbítero Wertson Brasil de Souza (Moderador da Igreja Presbiteriana Unida do Brasil)
Dom Paulo Titus (Arcebispo da Igreja Sirian Ortodoxa de Antioquia)