27 giugno 2014

Il mondo migrante nell’Istrumentum Laboris per il Sinodo sulla famiglia

Città del Vaticano - Nei casi di alcune delle situazioni difficili, ad esempio di coppie di rifugiati o di migranti, la Chiesa dovrebbe offrire anzitutto un supporto materiale e psicologico, aiutando l’istruzione e la prevenzione degli abusi o sfruttamenti dei minori”.  È quanto si legge nell’”Instrumentum laboris” del Sinodo sulla famiglia, diffuso oggi in vista dell’Assemblea generale straordinaria, prima tappa del primo Sinodo convocato da Papa Francesco, che si svolgerà ad ottobre. Nel caso dei “nomadi” - spiega il documento - che in genere chiedono il sacramento del battesimo per i loro figli, “le Chiese particolari dovrebbero impegnarsi più intensamente per un accompagnamento spirituale della famiglia, perché possa completarsi l’intero arco di iniziazione cristiana”.
Il testo è strutturato in tre parti. La prima è dedicata al Vangelo della famiglia, tra disegno di Dio e vocazione della persona in Cristo, orizzonte entro il quale si rileva la conoscenza e la ricezione del dato biblico e dei documenti del Magistero della Chiesa, incluse le difficoltà, tra le quali la comprensione della legge naturale. La seconda tratta le varie proposte di pastorale familiare, le relative sfide e le situazioni difficili. La terza parte è dedicata all’apertura alla vita e alla responsabilità educativa dei genitori, che caratterizza il matrimonio tra l’uomo e la donna, con particolare riferimento alle situazioni pastorali attuali.


Lectio Divina - San Pietro e San Paolo

25 giugno 2014

“The European Dream”, i sogni dei migranti viaggiano verso Bruxelles


A Roma, il 24 giugno 2014, vicino alla Piazza Venezia
di: Emiliano Moccia

BARI – Immagini che raccontano la vita quotidiana dei migranti bloccati in Grecia, del loro sogno di vivere un futuro migliore interrotto dagli stringenti regolamenti europei sui richiedenti asilo. Fotografie che provano a restituire i diritti perduti, le identità stropicciate, a descrivere come si vive durante il lungo periodo di attesa. Volti, oggetti, paura, solitudine, pessime condizioni abitative. E soprattutto, le persone. Perché l’obiettivo principale della mostra itinerante “The European Dream – Road to Bruxelles” è quello di «dare un nome, un volto, una storia ai tanti giovani migranti che cercano accoglienza in Europa con il sogno di poter vivere in condizioni dignitose» spiega Alessandro Penso, fotografo e vincitore del World Press Photo 2014. E proprio Penso è l’ideatore del progetto fotografico realizzato d’intesa con il Festival internazionale di Fotografia Cortona On The Move e con la collaborazione dell’UNHCR.

La mostra fotografica

La mostra itinerante viaggia a bordo di un tir. E’ partita dalla Puglia lo scorso 17 giugno per approdare in Belgio. Bari, Ancona, Roma, Firenze, Milano, Ginevra, Strasburgo. Ed ovviamente, Bruxelles. Perché le ventiquattro fotografie che compongono “The European Dream – Road to Bruxelles” si portano dietro il messaggio di speranza dei migranti ritratti. Giovani provenienti da Afghanistan, Yemen, Marocco, Libia, Nord Africa. Giovani sbarcati in Grecia, «un Paese particolarmente duro con gli immigrati, perché per tanti anni ha rappresentato la porta di accesso per l’Europa ed ha visto passare notevoli flussi migratori». Penso, nel 2011, ha vissuto con i migranti  per raccontare con discrezione «la loro vita quotidiana, l’attesa, come vivono». Ed allora, la tappa obbligata verso Bruxelles è dettata dalla voglia di  recapitare il messaggio direttamente al Parlamento Europeo «affinché abbia un approccio più umano sui temi dell’immigrazione ed inizi a capire che i migranti, prima di essere letti come numeri o dati statistici, sono persone. Con le loro storie e le loro vite. Ed è proprio quello che cerchiamo di trasmettere nelle piazze in cui sosta il tir: vogliamo sensibilizzare i cittadini a conoscere meglio le storie di chi arriva in Europa in fuga da guerre o persecuzioni, far vedere le condizioni in cui vivono i migranti, far conoscere le leggi europee in materia di immigrazione. Come il Regolamento Dublino II, che troppo spesso – evidenzia Penso – non favorisce le esigenze dei richiedenti asilo costretti, magari, a vivere in un Paese in cui non conoscono nessuno, in cui non hanno alcun tipo di possibilità di integrazione e non poter raggiungere i loro familiari residenti in altro Stato».

Lo sbarco delle foto

La mostra allestita all’interno del tir, dunque, terminerà la sua corsa a Cortona il 17 luglio, nel giorno di inaugurazione del “Festival Cortona On The Move – Fotografia in Viaggio”. Ma i promotori puntano a proseguire l’esperienza, a toccare altre piazza, altre città. Meglio se portuali, perché danno l’idea dello sbarco, dell’arrivo in un’altra terra. Come è successo per quei migranti ancora fermi in Grecia. «Alcuni sono richiedenti asilo, altri rifugiati politici con il permesso di soggiorno, ma inchiodati nel Paese ellenico per via delle sue regole restrittive». Ed allora, l’augurio di Penso è che quelle foto continuino a viaggiare. Per costruire il sogno di un’Europa che ascolta, che aiuta, che accoglie. «Senza pregiudizi». Per seguire il percorso basta andare su facebook e cercare il profilo “Road to Bruxelles”.


Mons. Nosiglia: “valorizziamo l'apporto degli immigrati”

Torino - In occasione della Festa di San Giovanni Battista, patrono della città e della diocesi, il pensiero del vescovo, mons. Cesare Nosiglia è andato anche alle “difficoltà di un numero sempre crescente di migranti e di richiedenti asilo, approdati a Torino dopo il miraggio di Lampedusa e ancora in bilico tra diritti e accoglienza”. Per il presule “i volti delle fragilità sono sempre più trasversali perché, ormai, nessuno può più dirsi al sicuro di fronte all'evolversi spesso imprevisto della situazione”. Mons. Nosiglia è preoccupato perché sente “tante volte” una Città che tende a “sfilacciarsi tra punte di successo e vitalità e altre che possiedono un tessuto economico e sociale che fatica a reggere la competizione, ma che lotta e guarda al futuro, nonostante tutto, con fiducia. Ma c'è  - ha aggiunto nell’omelia - una crescente parte della popolazione che mi dice:  ‘Per noi in questa città c'è ancora posto?’. E quello che più mi preoccupa e mi fa soffrire in quanto pastore, padre e amico è  constatare che sta crescendo l'indifferenza, se non il fastidio, nei  confronti di questi fratelli e sorelle che sono in grave difficoltà”.
Torino - è l’appello del presule - “non può e non deve fare sua la cultura dello scarto, perché ha le potenzialità e la passione per generare novità, non subire il cambiamento ma governarlo”.
Mons. Nosiglia cita quindi il progetto “L'Agorà sociale”, voluto dalla diocesi per indicare “la necessità di ricostruire un'ideale piazza in cui, tramite il dialogo reciproco, si discutano le questioni forti della costruzione della casa comune che è la Città, in modo inclusivo e a partire dai poveri. Così, si innesta la prospettiva della speranza, concreta e reale”.L’obiettivo è “sì rispondere in modi più convergenti e appropriati alle emergenze, ma soprattutto costruire insieme il futuro della nostra Città secondo strategie e modalità sinergiche e condivise”.
“La Città che abbiamo in mente – ha detto mons. Nosiglia – si fonda sulla centralità della persona, in un territorio e una rete di relazioni in cui ognuno è - a pieno titolo - ‘cittadino’. Le persone, residenti o di recente immigrazione, rappresentano la prima vera risorsa da valorizzare e su cui investire. Non si tratta solamente di un discorso sui diritti individuali né di una prospettiva che badi a tamponare le emergenze. Piuttosto un nuovo umanesimo che, nel rispetto del pluralismo di fedi e culture, sappia riconoscere come risorsa non solo i dati economici ma, appunto, le potenzialità di crescita e integrazione dei cittadini”.
Occorre dare “voce a tanti che vivono in solitudine i loro drammi e per dignità non tendono la mano o chiedono aiuto ai nostri Centri, parrocchie, servizi sociali, associazioni e cooperative. Di essi non si parla sui mass media, che mettono il silenziatore a intermittenza su di loro. Quanti "orfani della città" ci sono attorno a noi, stranieri non solo perché immigrati, ma perché ignorati e collocati ai margini della Città che conta! Promuoviamo un nuovo welfare di comunità non sostitutivo del diritto e della giustizia di cui i poveri in quanto cittadini debbono poter usufruire. Educhiamo a promuovere quei vicinato e prossimità che creano una rete di amicizia e fraternità nel tessuto sfilacciato dei  quartieri e delle realtà locali. Valorizziamo l'apporto degli immigrati, che va promosso come un fattore di sviluppo positivo, senza remore e con impegno di integrazione e collaborazione”.
Durante la celebrazione, alla preghiera dei fedeli, hanno pregato anche una famiglia di nigeriani, mentre all’offertorio hanno portato i doni all'altare anche un gruppo di rifugiati dell'Eritrea e del Congo.


24 giugno 2014

Suor Elda BELTRAME

Carissime sorelle, la sera del 18 giugno 2014, dalla casa di Roppolo (Biella), il Signore ha chiamato alla festa del Cielo Suor Elda BELTRAME. Nata a Pozzuolo del Friuli (Udine) il 27 agosto 1921. Professa a Torre Bairo (Torino) il 5 agosto1942. Appartenente all’Ispettoria Piemontese “Maria Ausiliatrice” – Italia.
Suor Elda è una grande missionaria, che visse in Centro America dal 1950 al 1988. Dopo tutti questi anni, riviveva con gioia e raccontava volentieri il dono ricevuto nel contatto con la santità della Beata suor Maria Romero, del martire Mons. Oscar Arnulfo Romero, della sedicenne Laura Hidalgo, emula di Laura Vicuña, e di altri nobili missionari e personalità benemerite. Ne aveva riportato una vivace esperienza di vita ecclesiale, mariana e salesiana. Ricordava volentieri la zia missionaria suor Anna Rodaro FMA (+ Belo Horizonte 1990).
I genitori avevano trasmesso ai tre figli, di cui Elda era la primogenita, fede ed educazione integrale, ed essi avevano vissuto nella gioia la loro infanzia e fanciullezza. Scriveva: “La mia vocazione è cresciuta con me. In noviziato, con la vocazione salesiana era cresciuta anche quella missionaria”.
Dopo la prima professione avvenuta nel 1942, aveva fatto la domanda per essere missionaria ad gentes, ma l’obbedienza le richiese prima altri compiti: fu studente a Vercelli nell’anno 1942-1943, poi insegnante nella Scuola elementare ad Aosta fino al 1949.
Il 7 ottobre 1949 arrivò a Torino “Madre Mazzarello”, pensando di prepararsi alla missione almeno per un anno, come tante consorelle. Invece partì quasi subito, l’11 febbraio 1950, insieme ad un’altra missionaria che ritornava in Centro America. L’11 marzo arrivava a S. José di Costa Rica per iniziare il suo lungo cammino. Visse nelle case di S. José di Costa Rica come assistente delle aspiranti e studente; quindi fu insegnante, vicaria e direttrice nella casa di S. Pedro Sula, e di Santa Tecla. Fu insegnante e vicaria ad Alajuela, assistente delle pensionanti a S. Pedro Montes de Oca e direttrice a S. José (1985-87).
Suor Elda ha raccolto ricordi intensi nel lungo periodo di attività nelle diverse Repubbliche del Centro America: in essi si coglie una vita intensamente donata alla missione, con il fuoco vivo della carità. Nel 1988 di ritorno dalla missione, trascorse gli ultimi 26 anni nell’Ispettoria di origine, con semplicità e con la stessa intensità apostolica, profondamente sostenuta dalla presenza costante di Maria Santissima. Scriveva alle sorelle: «Non so se voi crediate ai miracoli quotidiani. Io sì, ci credo, eccome! Tutti i giorni, da quan-do mi sveglio al mattino, sperimento una prova tangibile che la Madonna mi risponde con il suo aiuto ma-terno. Basta che io le dica con affetto e fiducia: “Metti la tua mano, Madre mia, mettila prima della mia”».
Dal 1988 al 1990 offrì il suo aiuto a Caluso nell’assistenza e in lavori vari, a San Giusto Canavese nella scuola dell’infanzia, a Trino (Vercelli) come addetta alla portineria e al telefono. Ed infine, dal 2007 fu inserita nella comunità di Roppolo in riposo. La vita più vera di suor Elda è quella interiore, la sua appartenenza all’Istituto e alla missione traspaiono nelle sue memorie. In una lettera all’Ispettrice, in occasione del suo cinquantesimo di professione religiosa, scriveva: «È vero, la celebrazione di 50 anni di professione suscita sentimenti di affetto e riconoscenza, richiamando alla memoria volti cari di parenti che mi hanno amato tanto, di superiore e superiori che mi hanno offerto comprensione, pazienza, guida, e di tante sorelle che mi sono state vicine e collaboratrici nel mio lavoro apostolico; ed anche di giovani, che hanno contribuito a rendere gioiosa e oserei dire quasi feconda la mia vita». A Roppolo, negli anni dell’inazione, continuava a vivere con dolcezza e gratitudine verso le consorelle, a nutrirsi di Parola di Dio e di preghiera: «Cerco di essere fedele e di seguire più che posso la Parola che mi ha impressionato nella meditazione e durante la Santa Messa. Sovente penso alla comunità delle prime sorelle di Mornese e come vorrei saperle imitare! Soprattutto chiedo l’aiuto al Signore e alla Madonna, convinta che loro sono sempre disposti ad aiutarmi, perché senza di loro non posso nulla». 
Ora che suor Elda contempla il Volto del Signore e conosce la tenerezza del Suo Cuore, ottenga a tutte noi fede autentica e spirito missionario, perché viviamo con gioia la nostra vocazione di FMA nella missione che ci è affidata. 

L’Ispettrice
Suor Angela Schiavi   

23 giugno 2014

La preghiera per i migranti morti in mare

Milano - Nell’antica chiesa dedicata a San Bernardino alle Monache in via Lanzone a Milano dietro una piccola croce di legno fatta con i barconi di Lampedusa entrano portate a spalla le foto scattate dal pastore metodista milanese Uli Eckert. Raccontano del naufragio del 3 ottobre che ha documentato perché si trovava casualmente sull’isola. È l’inizio della veglia toccante organizzata dalla comunità di Sant’Egidio, 'Morire di speranza', Ufficio diocesano Migrantes, Caritas e Centro San Fedele - e con l'adesione di Acli, Casa della Carità, Focolari e Opera San Francesco - per ricordare nella preghiera le persone morte per raggiungere l'Europa. Milano è un punto di passaggio obbligato verso il nord. Molti non l'hanno raggiunta e durante la celebrazione vengono letti i nomi sconosciuti di madri e padri eritrei e dei loro figli, uniti nella morte il 3 ottobre dopo aver varcato il Sahara per non dover trascorrere la vita con la divisa imposta dal regime dell' Asmara. Poi altre tragedie. Quella dei 200 siriani spariti nel Canale di Sicilia l'11ottobre 2013, uno dei periodi più neri nella storia della migrazione. E le ultime: i 117 tra morti e dispersi eritrei e nigeriani affogati il 12 maggio a 50 chilometri da Tripoli. I 100 ghanesi morti sempre in acque libiche una settimana fa. E poi i minori che invece sono passati da Milano come Abdullah, 16 anni, per morire soffocato in un camion a Calais mentre cercava di raggiungere Londra. Nomi e storie ignorate messi insieme recuperando pazientemente le testimonianze dei sopravvissuti e ascoltando i parenti. Tra coloro che hanno letto le intenzioni l’italo-eritrea Alganesh Fessaha, presidente dell'ong Gandhi e vincitore dell'Ambrogino d'oro a dicembre. Nella breve omelia il nuovo responsabile Migrantes della diocesi, don Alberto Vitali, ha ricordato che “i cristiani non devono accogliere i rifugiati solo perché lo dice la legge, ma perché accoglierli è una dimostrazione del nostro buon rapporto con Dio”. Mette in guardia, don Vitali, dalla distinzione tra migranti economici e rifugiati che pare insinuarsi nei media. “Chi fugge dalla miseria non ha meno diritto di venire accolto di chi fugge da guerre e persecuzioni”. Tra i celebranti, il reverendo Vichie Sims della chiesa anglicana, Abba Samuel Arewgahegn della chiesa ortodossa etiope. Tra il pubblico, molti immigrati e le famiglie di volontari che in tutta Milano hanno accolto distribuendo pasti e vestiti e offrendo posti letto negli ultimi 45 giorni ai giovani eritrei - perlopiù minori - che sono riusciti a sbarcare in Sicilia dalla rotta libica e poi passati dal capoluogo lombardo, hub strategico per passare verso il nord Europa. Safir, volontario di Sant'Egidio, ha gestito l'accoglienza nella comunità pastorale Giovanni Paolo II a Greco. “La parrocchia ci ha dato un locale dove si cenava e dormiva. Accoglievamo 12 ragazzi per sera tra i 14 e i 22 anni. Molti sono stati con noi qualche notte, altri due settimane. Sono partiti”. Come Abdou, 17 anni, 3 fratelli minori, piccolo uomo che sognava la Norvegia per aiutare la sua famiglia. Partito a 14 anni da un villaggio vicino a Massaua, è andato in Etiopia pagando i soldati alla frontiera per passare, poi in Sudan, Libia, lo sbarco a Pozzallo e un autobus per Milano. È arrivato a maggio. In Libia è stato in prigione nove mesi a Kufra, la peggiore, dove è stato torturato finché i parenti hanno pagato. Ora è in Svezia. O Moses, rapito nel Sinai, è stato torturato per un mese. Poi in qualche modo è riuscito a fuggire in Sudan dove è rimasto 6 mesi in ospedale perché le gambe non si muovevano più. Poi si è ripreso e ha trovato il modo di guadagnare qualcosa tra Uganda e Kenya. Tornato a Khartoum, è stato derubato. È fuggito di nuovo in Congo e ancora Uganda. È andato in Libia, poi la Sicilia e Trento. “Non so che cosa succederà. Mi affido a Dio come ho fatto sinora”. Ieri, per salutare don Giancarlo Quadri, una celebrazione in piazza Santo Stefano. E dalla chiesa di San Bernardino è stata portata a spalla dagli eritrei la grande Croce di Lampedusa, benedetta da Francesco lo scorso 9 aprile e tornata a Milano. (Paolo Lambruschi – Avvenire Milano)

La croce di Lampedusa e i nomi di coloro che hanno perso la vita nei viaggi della speranza

Al cuore della preghiera ecumenica "Morire di speranza" a cui hanno preso parte italiani e nuovi europei uniti nella memoria e nell'invocazione affinché si fermi la strage dei migranti

A un anno dalla visita di papa Francesco a Lampedusa, e in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, la Comunità di Sant’Egidio ha ricordato le 20.811 persone che hanno perso la vita in mare negli ultimi 12 mesi. I loro nomi e le loro storie hanno risuonato nella basilica di Santa Maria in Trastevere, gremita di italiani, nuovi europei, familiari delle vittime dei viaggio "della speranza", uniti nel ricordo commosso e nella preghiera, perchè non accadano più queste stragi.
La veglia di preghiera, a cui hanno preso parte i rappresentanti di tutte le comunità cristiane presenti a Roma,è stata presieduta dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, e organizzata da Sant’Egidio insieme all’Associazione Centro Astalli, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, alle Acli e alla Comunità Papa Giovanni XXIII.

CONIC, CNBB e PUC-PR promovem Simpósio Ecumenismo e Missão

O Conselho Nacional de Igrejas Cristãs no Brasil (CONIC), juntamente com a PUC-PR e as comissões de Ecumenismo, Laicato e Missão da CNBB organizam, entre os dias 21 e 24 de agosto, o Simpósio “Ecumenismo e Missão - Testemunho Cristão em um Mundo Plural”.
O evento será realizado no Centro Mariápolis Ginetta, em Vargem Grande Paulista (SP), e reunirá 150 participantes.
O objetivo da Conferência é refletir e identificar alternativas para a missão em um contexto de pluralismo religioso e de multiplicidade de sujeitos.
A motivação para a realização do evento parte, em primeiro lugar, do contexto de comemoração de 50 anos de dois momentos significativos para o movimento ecumênico brasileiro. O primeiro é a Conferência do Nordeste, e o segundo, o Concílio Vaticano II. Estes dois momentos históricos serão refletidos à luz do documento “Testemunho Cristão em um mundo Plural”, elaborado a partir de um processo de reflexão que envolveu o Conselho Mundial de Igrejas (CMI), o Pontifício Conselho para o Diálogo Inter-religioso e a Aliança Evangélica Mundial.
Como ponto de partida, pretende-se recuperar o contexto religioso, político, econômico e cultural que caracterizaram o Brasil dos anos 60, período em que ocorreram a Conferência do Nordeste e o Concílio Vaticano II. A partir desta releitura, pretende-se identificar as principais mudanças ocorridas nos últimos 50 anos que se refletem no agir missionário das igrejas e do movimento ecumênico.
“Este Simpósio será muito relevante, pois promoverá a reflexão sobre nosso compromisso com a promoção de práticas missionárias que não conflitem com a diversidade religiosa presente no contexto brasileiro. Além disto, pretende-se elaborar uma reação brasileira ao documento de orientação sobre Testemunho Cristão em um Mundo Plural”, explicou a secretária geral do CONIC, Romi Bencke, indicando que “em breve será divulgada a Programação completa do evento”.

Para conhecer o documento Testemunho Cristão em um mundo Plural, clique aqui!

22 giugno 2014

Las iglesias de Sicilia se convierten en dormitorios para inmigrantes

"Sustituir el altar con camas es lo más bonito que podemos hacer"

Los bancos y capillas de parroquias de la isla italiana de Sicilia se han convertido en dormitorios para centenares de inmigrantes después de que los centros de acogida estén colapsados por las masivas llegadas de los últimos meses.
Cerca 60.000 inmigrantes han llegado en lo que va del año a las costas sicilianas y además de los primeros auxilios, "Sicilia carga con la mayor parte de los flujos de las llegadas y da alojamiento al 33% de los inmigrantes que llegan a Italia", como recordó la presidenta de la Cámara de los Diputados y exportavoz del organismo para los refugiados de la ONU en Italia (UNCHR) Laura Boldrini.
Tras su visita a la isla italiana de Lampedusa, símbolo del drama de la inmigración, el papa Francisco pidió a los religiosos que abrieran las puertas de sus conventos para acoger a los refugiados y así lo están haciendo en Sicilia.
El director de Cáritas de Palermo y párroco de San Juan María Vianney, Sergio Mattaliano, explicó hoy a Efe que actualmente en iglesias y centros religiosos de la capital siciliana se alojan más de 550 inmigrantes, pero que el número cambia a medida de lallegada de nuevos indocumentados o el traslado de estos.
Ante la emergencia, Mattaliano no dudó en desalojar el área litúrgica de la iglesia donde estaban los bancos, y colocó en su lugar decenas de camas que dan espacio a 225 jóvenes africanos que duermen ahora bajo el gran crucifijo del altar.
Mañana, Mattaliano celebrará en su parroquia junto con el imán de Palermo, ya que la mayoría de los inmigrantes son musulmanes, un acto de oración por las víctimas que se ha cobrado el Mediterráneo.
Siguió su ejemplo el padre Mauricio Francoforte al alojar a 25 jóvenes inmigrantes en el centro Padre Nuestro, fundado por el Beato Don Pino Puglisi, asesinado por la mafia, en el barrio palermitano de Brancaccio. Asimismo, otros 200 jóvenes han podido dormir estos días en la parroquia Santísima María Consoladora, en el barrio de Ruffini, también enPalermo.
Entre los santos, frescos y mosaicos de la Iglesia exconsagrada de San Carlo, donde Cáritas tiene uno de sus locales, se han instalado otras cien camas para acoger a los africanos.
"Hemos sustituido el altar con camas. Pienso que es la misa más bonita que podíamos celebrar", explicó a los medios el párroco de San Luis Gonzaga, Rosario Francolino, quien también ha dado alojamiento en su parroquia a cientos de inmigrantes en los últimos días.
Al director de Cáritas de Palermo no le importa que se hayan alterado completamente las actividades litúrgicas de su parroquia, con cientos de catres repartidos por todo el centro que impiden que se celebren las misas.
"No podemos ponernos a pensar que el aula litúrgica sea un lugar donde se da misa. La Iglesia es un lugar de acogida y como tal en una emergencia como ésta no se puede no abrir estos locales para nuestros hermanos", afirmó a Efe.
Para Mattaliano "es ahora cuando hay que demostrar el amor del Señor hacia los más desfavorecidos. Los locales de Cáritas están colapsados y no podemos no hacer esto. No podemos echarnos atrás ante una emergencia. Es un acto de amor ante grandes dificultades".
El director de la Cáritas comentó que hace falta ayuda completa "porque esta gente no tiene nada, desde comida a ropa, hasta un simple cigarrillo", pero sobre todo poder llamar a casa para comunicar que están vivos.
Padre Sergio cuenta cómo muchos de estos inmigrantes, la mayoría procedente de Costa de Marfil y Guinea, han quedado traumatizados porque han visto morir a sus familiares mientras atravesaban el Canal de Sicilia y muchos han sufridos torturas y han sido explotados en su largo viaje por los traficantes, sobre todo a su llegada a Libia.
En la parroquia de San Juan María Vianney duerme estos días un joven de Mali, de 20 años, rescatado por la Marina militar italiana tras un naufragio en el Canal de Sicilia, y tocó a don Mattaliano darle la noticia de que su hermano y su primo que viajaban con él no sobrevivieron.
Padre Sergio explicó que a pesar del drama, lo más bello, "es cómo toda la comunidad se ha volcado en la ayuda a estas personas y ofrecen sus casas y sus bienes, a pesar de ser gente humilde de barrios pobres con ya tantos problemas".
Además "cada noche es una fiesta. Sicilianos e inmigrantes que bailan, hablan, comparten la cena y les intentan enseñar un poco de italiano", relató emocionado.


ASIA/CINA - Mandato missionario per 15 seminaristi del Seminario maggiore di Si Chuan

Cheng Du – Sono 15 i seminaristi del Seminario Maggiore di Si Chuan che hanno concluso la loro formazione verso il sacerdozio e ricevuto il mandato missionario dal Rettore del Seminario, Sua Ecc. Mons. Chen Gong Ao, Vescovo della diocesi di Nan Chong. Durante la solenne cerimonia che si è svolta il 15 giugno, Mons. Chen ha ripercorso il lungo cammino dei 7 anni di formazione dei seminaristi, iniziato nel 2007, raccomandando loro di essere “sale della terra e luce del mondo”, per contribuire all’evangelizzazione e alla cura pastorale loro affidate. 
Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides, dal 9 al 14 giugno i seminaristi si erano recati al Seminario Maggiore del Centro e Sud della Cina, nella provincia dell’Hu Bei, sempre guidati da Mons. Chen, per uno scambio di esperienze tra i due Seminari sulla formazione, sulla promozione delle vocazioni e sull’attuale mancanza di vocazioni. 
E’ stato proposto tra l’altro di aprire le porte del Seminario ai laici, per curare la loro formazione ed aiutarli nel discernimento vocazionale. Così il Seminario di Si Chuan organizzerà un corso di due anni per tutti i giovani celibi. Dopo due anni di studio, chi avrà maturato la propria vocazione al sacerdozio potrà iscriversi alla facoltà di filosofia del Seminario, chi invece intenderà proseguire la vita come laico potrà ottenere un diploma in Scienze religiose, riconosciuto dal Ministero dell’Educazione statale, e mettersi quindi a servizio della Chiesa nella vita parrocchiale o diocesana. Mons. Chen ha comunque ribadito: “anche se rimanesse un solo seminarista, non chiuderemo mai le porte del Seminario”.


18 giugno 2014

Corpus Christi


Francesco: Facciamoci vicini ai rifugiati e diamo speranza

Una storia dietro ogni numero



Il tema scelto dall’UNHCR per la celebrazione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2014 è: Una storia dietro ogni numero. Ogni storia merita di essere ascoltata. Ancora una volta l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite pone l’accento sul fatto che milioni di rifugiati e richiedenti asilo, in fuga da guerre e violenze, ogni giorno sono costretti a lasciare i propri affetti, la propria casa e tutto ciò che un tempo era parte della loro vita. 
Pertanto l’invito al pubblico è quello di non dimenticare mai che dietro ognuno di loro c’è una storia che merita di essere ascoltata. Storie di sofferenze, di umiliazioni ma anche storie di uomini e donne che vogliono ricostruire il proprio futuro. 

Viviamo in una società sempre più impaurita. Un clima di crescente insicurezza alimenta la paura del futuro, la paura del diverso, la paura dello straniero. In molti territori italiani persino l’accoglienza di numeri molto ridotti di rifugiati suscita allarme e proteste. È un clima culturale che colpisce chi cerca protezione, ma danneggia tutti i cittadini, perché si finisce per limitare la libertà di tutti in nome di una sicurezza solo illusoria e ci si preclude lo scambio e l’incontro con il diverso da cui ogni civiltà ha sempre tratto nutrimento e linfa vitale.
«Non abbiate paura!» dichiarò Giovanni Paolo II nel 1978, invitando ad aprire «i confini degli Stati, i sistemi economici e quelli politici, gli immensi campi della cultura, della civiltà e dello sviluppo». Oggi Papa Francesco ribadisce che «il mondo può migliorare soltanto se si è capaci di passare da una cultura dello scarto ad una cultura dell’incontro e dell’accoglienza». Se vuole tenere fede ai suoi valori fondanti, l’Europa oggi è chiamata ad aprire le sue porte a chi cerca asilo, considerando la concretezza delle situazioni e in particolare la difficoltà di chi si trova in zone di conflitto e non ha accesso effettivo alla protezione internazionale. Uno stato che difende i propri confini mettendo a rischio la vita di altri esseri umani non può offrire autentica sicurezza nemmeno ai suoi cittadini.
Ma anche nell’esperienza quotidiana tutti possiamo contribuire a un cambio di prospettiva, iniziando ad aprire le porte delle nostre case. Scopriremo che i rifugiati non sono un peso per le comunità in cui arrivano, ma persone che hanno molto da dare, a noi e alla nostra società. L’ospitalità non è solo un valore cristiano – comune alle grandi religioni del mondo – ma prima di tutto un valore umano, che riconosce che tutti abbiamo il diritto di essere accolti, non perché facciamo parte di una specifica famiglia, gruppo etnico o comunità religiosa, ma semplicemente perché siamo esseri umani che meritano accoglienza e rispetto.



17 giugno 2014

AMERICA/MEXICO - “No cierren la casa de acogida para migrantes” pide el obispo de Celaya

Guanajuato – El Obispo de la diócesis de Celaya, en el estado de Guanajuato (México), Su Exc. Mons. José Benjamín Castillo Plascencia, ha pedido públicamente al Ayuntamiento que no cierre la casa de acogida para migrantes “Manos Abiertas a los Necesitados”, y ha denunciado que la falta de un requisito, como lo es el permiso de uso de suelo, se convierta en un pretexto para que se deje de dar un servicio que es tan necesario.
La nota enviada a Fides por una fuente local refiere las palabras del obispo pronunciadas durante un encuentro con periodistas: “Yo creo que hay que prestar ayuda y facilitar las cosas, le haría una invitación al municipio para que se 'ponga las pilas' y vea que son necesidades sociales importantes, yo creo que tenemos que ayudar a los migrantes porque no es un problema sencillo, no hace mucha gracia quitar un servicio, por el contrario, si por algún motivo no es el lugar adecuado, que se ofrezca otro lugar. Hasta ahora nuestra ayuda a los migrantes ha sido muy escasa, el problema de la migración ya es muy reconocido y controvertido, hasta ahora no hemos conseguido fijar nuestras leyes ni tampoco los Estados Unidos de América, y ahora se han metido en medio también los mafiosos… todo se complica, tenemos que buscar solucionar el problema y cerrar este servicio no es una solución”.
Guanajuato es la capital del homónimo estado de México, y se encuentra a 370 km al noroeste de Ciudad de México; en 2005 la población era de 70.798 habitantes. A finales del mes de abril un grupo de religiosos que defienden los derechos humanos y de los emigrantes, encabezados por el padre Alejandro Solalinde visitaron el albergue “Manos abiertas a los necesitados”, que en poco más de un año de servicio ha acogido a más de 3.200 emigrantes en tránsito hacia la frontera Norte y de los Estados Unidos.
En la ciudad no se producen acciones contra los emigrantes, no hay señalaciones de extorsiones contra los migrantes o de abusos por parte de la policía. Alberto Perez Quiroga, presidente de la Comisión de Seguridad de la ciudad, ha dicho a la prensa local: “En Celaya trabajamos de la mano con el Instituto de Migración para tratar el tema del paso de los migrantes. Según el informe de Seguridad Pública que tenemos, se actúa sólo repatriando a los migrantes que no tienen permiso, dado que muchos quieren quedarse en Celaya. Nuestra acción no es específicamente contra los migrantes, es contra las personas que no pueden vivir vendiendo o pidiendo dinero por las calles”.


AMERICA/MESSICO - “Non chiudete la casa di accoglienza per i migranti” chiede il Vescovo di Celaya

Guanajuato – Il Vescovo della diocesi di Celaya, nello stato di Guanajuato (Messico), Sua Ecc. Mons. José Benjamín Castillo Plascencia, ha chiesto pubblicamente al Comune di non chiudere la casa di accoglienza per migranti "Manos Abiertas a los Necesitados", e ha denunciato che la mancanza di un requisito, come il permesso per l’uso del suolo, riesce a diventare una scusa per smettere di offrire un servizio così necessario.
La nota inviata a Fides da una fonte locale riferisce le parole del Vescovo pronunciate durante un incontro con i giornalisti: "Io credo che tutti dobbiamo aiutare e facilitare le cose. Vorrei fare un invito al Comune a ‘mettersi le batterie’ e a riconoscere che questi sono bisogni sociali importanti. Penso che tutti dobbiamo aiutare i migranti, perché non si tratta di un problema semplice, non è uno scherzo togliere un servizio. Se, per qualche motivo, quello non è il posto giusto, si deve offrire un altro luogo. Fino ad ora il nostro sostegno ai migranti è stato molto scarso, del resto il problema delle migrazioni è già ben noto e controverso. Ancora non riusciamo a fissare le nostre leggi, e neanche gli Stati Uniti d'America, e si mettono in mezzo perfino i mafiosi… tutto diventa complicato, dobbiamo cercare di risolvere il problema, e chiudere questo servizio non è una soluzione".
Guanajuato è la capitale dell'omonimo stato del Messico, e si trova 370 km a nord-ovest di Città del Messico, nel 2005 la popolazione era di 70.798 abitanti. Alla fine del mese di aprile un gruppo di religiosi sostenitori dei diritti umani e dei migranti, guidati da padre Alejandro Solalinde ha visitato l'ostello "Manos abiertas a los necesitados", che in poco più di un anno di servizio ha accolto più di 3.200 migranti in transito verso il confine Nord e gli Stati Uniti.

In città non si registrano vessazioni nei confronti dei migranti, non ci sono segnalazioni di estorsioni ai loro danni o di abusi da parte della polizia. Alberto Perez Quiroga, Presidente della Commissione di sicurezza della città, ha detto alla stampa locale: "A Celaya lavoriamo mano nella mano con l'Istituto dell’emigrazione per affrontare la questione del passaggio dei migranti. Secondo il rapporto della Pubblica Sicurezza che abbiamo, si agisce solo rimpatriando i migranti non autorizzati, dal momento che molti vogliono restare e fermarsi a Celaya. La nostra azione non è specificamente contro gli immigrati, ma contro le persone che non possono vendere o vivere per strada chiedendo soldi".


La missione alle genti scompare dall'orizzonte italiano

di Piero Gheddo

Chiude la rivista semestrale "Ad Gentes". L'affermazione "tutta la Chiesa è missionaria" ha finito col far perdere senso alla "missio ad gentes". E oggi non si parla più di missione alle genti ma di mondialità e di opere sociali o ecologiche. Mi sapete dire quanti giovani e ragazze si entusiasmano e si fanno missionari dopo una manifestazione di protesta contro la produzione di armi? Nessuno. 


Milano - Per noi missionari ad gentes e per la Chiesa italiana non è una buona notizia. I superiori degli istituti missionari italiani hanno deciso la chiusura della rivista semestrale "Ad Gentes", fondata nel 1997, l'unica in lingua italiana che espressamente tratta della missio ad gentes, oltre a quelle dei singoli istituti missionari. Perché chiude? A quanto è dato sapere, i motivi sono due:

1)    Gli abbonati sono pochissimi, le copie stampate quasi tutte inviate in omaggio o in cambio a biblioteche, università, seminari, ecc.; e quindi gli istituti aderenti devono coprire il passivo economico;

2)    la missione alle genti sta perdendo la sua identità e interessa sempre meno, almeno in Italia, parrocchie diocesi, seminari e il popolo di Dio; i mass media ne parlano sempre meno, eccetto quando ci sono casi di martirio o di persecuzione che riguardano missionari italiani.
Parlando col padre Dino Doimo, missionario del Pime ad Hong Kong dal 1959, mi dice: "Torno in missione col cuore amareggiato, perché vedo che l'ambiente italiano non è più favorevole per le missioni e per noi missionari. Tutti dicono che la missione è qui in Italia. La conversione a Cristo del continente CINA interessa parenti e amici e pochi altri". Dal 1958 gli istituti missionari italiani, attraverso la Pontificia unione missionaria del clero, mandano i loro animatori missionari nei seminari diocesani, minori e maggiori. Ciascuno è incaricato dei seminari di una regione da visitare nel corso dell'anno, così visita tutti i seminari italiani, che ricevono ogni anno un animatore diverso. Adesso, mi dice un giovane animatore, "si sta chiudendo questo periodo perchè è difficile trovare un seminario che accolga volentieri un missionario e lo faccia parlare. I seminaristi sono pochi, molto impegnati e le missioni interessano sempre meno".

Tutto questo segnala quanto ormai tutti sanno, che la Chiesa italiana, con la crisi di fede e di vocazioni sacerdotali e religiose, si chiude in se stessa e gli istituti missionari sono intesi soprattutto per il contributo che le loro case, chiese e sacerdoti danno in aiuto alle comunità parrocchiali con scarso clero. Mi chiedo se gli istituti missionari, come il mio Pime e tanti altri, religiosi o di clero secolare, si interrogano sulla decadenza e la svalutazione del nostro carisma specifico, il primo annunzio ai non cristiani, che sono ancora circa l'80% dell'umanità. E ricordo che il nostro carisma di missionari ad gentes è stato ampiamente confermato dal Vaticano II e dal magistero ecclesiastico seguente fino ad oggi. Dato che da 61 anni sono sacerdote missionario in Italia (prete dal 1953), mi permetto di indicare i due errori fondamentali che un po' tutti abbiamo compiuto, senza alcun spirito polemico, ma per aiutare a riflettere.

1) Dopo la Fidei Donum (1957) e il Vaticano II (1962-1965) si è incominciato a dire che tutta la Chiesa è missionaria e gli istituti missionari non hanno più senso; ma sia l'Ad Gentes (n. 6) che la Redemptoris Missio (nn. 33-34) affermano con chiarezza che la missione alle genti  non va confusa con l'attività pastorale che si rivolge ai battezzati e quindi che "questi istituti restano assolutamente necessari" (AG, 27); e nella R.M. (66) si legge: "La vocazione speciale dei missionari ad gentes e ad vitam conserva tutta la sua validità... Al riguardo, s'impone una approfondita riflessione, anzitutto per i missionari stessi, che dai cambiamenti della missione possono essere indotti a non capire più il senso della loro vocazione, a non saper più che cosa precisamente la Chiesa si attenda da loro".
Questa riflessione forse è mancata e anche gli istituti missionari rischiano di non credere più nel loro carisma originario, mentre le giovani Chiese del mondo non cristiano hanno assoluto bisogno di loro anche oggi, lo dicono tutti i vescovi. Lo stesso è avvenuto per le Pontificie Opere Missionarie. Fin che erano pontificie e non dipendenti dai vescovi italiani, svolgevano il loro compito primario: ricordare la missione alle genti, universale, aiutarla con preghiere, vocazioni, aiuti materiali. Da quando sono opere diocesane, la missione alle genti è diventata il gemellaggio di una diocesi italiana con una delle missioni. Si è chiuso l'orizzonte, i missionari sono quelli della diocesi, quasi sempre in America Latina e in Africa. Adesso, con la crisi delle diocesi italiane, è facile immaginare cosa succede.

2) Il secondo sbaglio fondamentale è stato di politicizzare la missione alle genti ed è una vita che condanno (inutilmente) questa tendenza suicida degli istituti missionari, che ha cambiato la nostra immagine nell'opinione pubblica italiana. In "Missione senza se e senza ma" (Emi 3013, pagg. 250) racconto in un capitolo (La crisi dell'ideale missionario) la storia di questo suicidio. Fino al Concilio Vaticano II c'era la chiara affermazione della nostra identità: andare ai popoli non cristiani, dove ci mandava la Santa Sede, annunziare e testimoniare Cristo e il suo Vangelo, di cui tutti hanno bisogno. Certo si parlava anche delle opere di carità, di istruzione, di sanità, di promozione, di diritti e opere di giustizia per i poveri e gli sfruttati. Ma su tutto emergeva l'entusiasmo di essere stati chiamati da Gesù per  portarlo a popoli che vivono senza conoscere il Dio dell'Amore e del Perdono. C'era l'entusiasmo della vocazione missionaria gioiosamente manifestato e quindi si parlava spesso di catechesi,  catecumenato, conversioni a Cristo, preghiere e sofferenze per le missioni, del perché i popoli hanno bisogno di Cristo, ecc. Soprattutto si parlava di vocazioni missionarie, perché il missionario è un privilegiato che va fino agli estremi confini della terra per realizzare il Testamento di Gesù quando sale al Cielo.

Ma oggi, ditemi voi: chi manifesta entusiasmo per la vocazione missionaria e dove è finito l'appello per le vocazioni missionarie ad gentes? Oggi noi missionari facciamo le campagne nazionali per il debito estero, contro la produzione di armi, contro i farmaci contraffatti e per l'acqua pubblica; oggi non si parla più di missione alle genti ma di mondialità e di opere sociali o ecologiche. Mi sapete dire quanti giovani e ragazze si entusiasmano e si fanno missionari dopo una manifestazione di protesta contro la produzione di armi? Nessuno. Infatti gli istituti missionari non hanno quasi più vocazioni italiane. Non lamentiamoci perché si chiude la rivista Ad Gentes. Nel quadro di tutto quel che ho detto, ha un suo logico significato.


14 giugno 2014

Giornata Missionaria Mondiale 2014

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCOPER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2014


Cari fratelli e sorelle,
oggi c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria: la Chiesa è nata “in uscita”. La Giornata Missionaria Mondiale è un momento privilegiato in cui i fedeli dei vari continenti si impegnano con preghiere e gesti concreti di solidarietà a sostegno delle giovani Chiese nei territori di missione. Si tratta di una celebrazione di grazia e di gioia. Di grazia, perché lo Spirito Santo, mandato dal Padre, offre saggezza e fortezza a quanti sono docili alla sua azione. Di gioia, perché Gesù Cristo, Figlio del Padre, inviato per evangelizzare il mondo, sostiene e accompagna la nostra opera missionaria. Proprio sulla gioia di Gesù e dei discepoli missionari vorrei offrire un’icona biblica, che troviamo nel Vangelo di Luca (cfr 10,21-23).

1. L’evangelista racconta che il Signore inviò i settantadue discepoli, a due a due, nelle città e nei villaggi, ad annunciare che il Regno di Dio si era fatto vicino e preparando la gente all’incontro con Gesù. Dopo aver compiuto questa missione di annuncio, i discepoli tornarono pieni di gioia: la gioia è un tema dominante di questa prima e indimenticabile esperienza missionaria. Il Maestro divino disse loro: «Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: “Ti rendo lode, o Padre”. (…) E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete”» (Lc 10,20-21.23).
Sono tre le scene presentate da Luca. Innanzitutto Gesù parlò ai discepoli, poi si rivolse al Padre, e di nuovo riprese a parlare con loro. Gesù volle rendere partecipi i discepoli della sua gioia, che era diversa e superiore a quella che essi avevano sperimentato.

2. I discepoli erano pieni di gioia, entusiasti del potere di liberare la gente dai demoni. Gesù, tuttavia, li ammonì a non rallegrarsi tanto per il potere ricevuto, quanto per l'amore ricevuto: «perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,20). A loro infatti è stata donata l’esperienza dell’amore di Dio, e anche la possibilità di condividerlo. E questa esperienza dei discepoli è motivo di gioiosa gratitudine per il cuore di Gesù. Luca ha colto questo giubilo in una prospettiva di comunione trinitaria: «Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo» rivolgendosi al Padre e rendendo a Lui lode. Questo momento di intimo gaudio sgorga dall'amore profondo di Gesù come Figlio verso suo Padre, Signore del cielo e della terra, il quale ha nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti, e le ha rivelate ai piccoli (cfr Lc 10,21). Dio ha nascosto e rivelato, e in questa preghiera di lode risalta soprattutto il rivelare. Che cosa ha rivelato e nascosto Dio? I misteri del suo Regno, l’affermarsi della signoria divina in Gesù e la vittoria su satana.
Dio ha nascosto tutto ciò a coloro che sono troppo pieni di sé e pretendono di sapere già tutto. Sono come accecati dalla propria presunzione e non lasciano spazio a Dio. Si può facilmente pensare ad alcuni contemporanei di Gesù che egli ha ammonito più volte, ma si tratta di un pericolo che esiste sempre, e che riguarda anche noi. Invece, i “piccoli” sono gli umili, i semplici, i poveri, gli emarginati, quelli senza voce, quelli affaticati e oppressi, che Gesù ha detto “beati”. Si può facilmente pensare a Maria, a Giuseppe, ai pescatori di Galilea, e ai discepoli chiamati lungo la strada, nel corso della sua predicazione.

3. «Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (Lc 10,21). L’espressione di Gesù va compresa con riferimento alla sua esultanza interiore, dove la benevolenza indica un piano salvifico e benevolo da parte del Padre verso gli uomini. Nel contesto di questa bontà divina Gesù ha esultato, perché il Padre ha deciso di amare gli uomini con lo stesso amore che Egli ha per il Figlio. Inoltre, Luca ci rimanda all’esultanza simile di Maria, «l’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1,47). Si tratta della buona Notizia che conduce alla salvezza. Maria, portando nel suo grembo Gesù, l’Evangelizzatore per eccellenza, incontrò Elisabetta ed esultò di gioia nello Spirito Santo, cantando il Magnificat. Gesù, vedendo il buon esito della missione dei suoi discepoli e quindi la loro gioia, esultò nello Spirito Santo e si rivolse a suo Padre in preghiera. In entrambi i casi, si tratta di una gioia per la salvezza in atto, perché l’amore con cui il Padre ama il Figlio giunge fino a noi, e per l’opera dello Spirito Santo, ci avvolge, ci fa entrare nella vita trinitaria.
Il Padre è la fonte della gioia. Il Figlio ne è la manifestazione, e lo Spirito Santo l’animatore. Subito dopo aver lodato il Padre, come dice l’evangelista Matteo, Gesù ci invita: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (11,28-30). «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 1).
Di tale incontro con Gesù, la Vergine Maria ha avuto un’esperienza tutta singolare ed è diventata “causa nostrae laetitiae”. I discepoli, invece, hanno ricevuto la chiamata a stare con Gesù e ad essere inviati da Lui ad evangelizzare (cfr Mc 3,14), e così sono ricolmati di gioia. Perché non entriamo anche noi in questo fiume di gioia?

4. «Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 2). Pertanto, l’umanità ha grande bisogno di attingere alla salvezza portata da Cristo. I discepoli sono coloro che si lasciano afferrare sempre più dall'amore di Gesù e marcare dal fuoco della passione per il Regno di Dio, per essere portatori della gioia del Vangelo. Tutti i discepoli del Signore sono chiamati ad alimentare la gioia dell’evangelizzazione. I vescovi, come primi responsabili dell’annuncio, hanno il compito di favorire l’unità della Chiesa locale nell’impegno missionario, tenendo conto che la gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella preoccupazione di annunciarlo nei luoghi più lontani, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio, dove vi è più gente povera in attesa.
In molte regioni scarseggiano le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Spesso questo è dovuto all’assenza nelle comunità di un fervore apostolico contagioso, per cui esse sono povere di entusiasmo e non suscitano attrattiva. La gioia del Vangelo scaturisce dall’incontro con Cristo e dalla condivisione con i poveri. Incoraggio, pertanto le comunità parrocchiali, le associazioni e i gruppi a vivere un’intensa vita fraterna, fondata sull’amore a Gesù e attenta ai bisogni dei più disagiati. Dove c’è gioia, fervore, voglia di portare Cristo agli altri, sorgono vocazioni genuine. Tra queste non vanno dimenticate le vocazioni laicali alla missione. Ormai è cresciuta la coscienza dell’identità e della missione dei fedeli laici nella Chiesa, come pure la consapevolezza  che essi sono chiamati ad assumere un ruolo sempre più rilevante nella diffusione del Vangelo. Per questo è importante una loro adeguata formazione, in vista di un’efficace azione apostolica.

5. «Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7). La Giornata Missionaria Mondiale è anche un momento per ravvivare il desiderio e il dovere morale della partecipazione gioiosa alla missione ad gentes. Il personale contributo economico è il segno di un'oblazione di se stessi, prima al Signore e poi ai fratelli, perché la propria offerta materiale diventi strumento di evangelizzazione di un’umanità che si costruisce sull’amore.

Cari fratelli e sorelle, in questa Giornata Missionaria Mondiale il mio pensiero va a tutte le Chiese locali. Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione! Vi invito ad immergervi nella gioia del Vangelo, ed alimentare un amore in grado di illuminare la vostra vocazione e missione. Vi esorto a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del “primo amore” con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il cuore di ciascuno, non per un sentimento di nostalgia, ma per perseverare nella gioia. Il discepolo del Signore persevera nella gioia quando sta con Lui, quando fa la sua volontà, quando condivide la fede, la speranza e la carità evangelica.
A Maria, modello di evangelizzazione umile e gioiosa, rivolgiamo la nostra preghiera, perché la Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita di un nuovo mondo.

Dal Vaticano, 8 giugno 2014, Solennità di Pentecoste
FRANCESCO

Gesù disse loro: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. (Gv 20,19ss)

13 giugno 2014

Scalabriniane: "Creare alleanza tra congregazioni religiose"

Berlino - “Il compito della difesa dei diritti umani dei migranti è un imperativo evangelico, è un clamore, è la voce di Dio stesso che chiede giustizia e misericordia. Bisogna creare alleanze tra congregazioni religiose per sostenere politiche di questo genere”. Lo dichiarano in una nota suor Etra Modica e suor Elizabeth Pedernal, consigliere generali della Congregazione delle Suore missionarie di san Carlo Borromeo-Scalabriniane che stanno partecipando al V Forum sociale internazionale su migrazioni e pace organizzato a Berlino dallo Scalabrini international migration network. “La vita minacciata e ferita dei migranti, nelle diverse frontiere del mondo, richiede anche da parte delle congregazioni religiose femminili di moltiplicare le alleanze intercongregazionali”, – hanno spiegato le due religiose: “è opportuno realizzare reti di collaborazioni che significano passi di incarnazione in spazi sociali e teologici per abbattere i muri di omertà e di indifferenza, aprendo varchi per ricordare a tutti che indipendentemente dalla nazionalità o dalla religione la dignità umana è l’anima di ogni persona. La vita religiosa partecipa alla cultura della vita contro l’anticultura della morte di questa congiuntura mondiale. Abbiamo la responsabilità di vigilare per difendere la dignità delle persone migranti. Dobbiamo anche noi come congregazione essere presenti ancor di più in diversi luoghi del mondo: i rifugiati fuggono da guerre cercando di respirare l'aria di una vita nuova, positiva, di libertà. Molti di loro, soprattutto donne, sono vittime di mutilazioni e violenze a diversi livelli. La libertà, la democrazia, l'uguaglianza di genere sono temi universali che appartengono all'umanità. Ai verbi 'sorvegliare' ed 'espellere', che rispettivamente fanno parte delle missioni internazionali 'Mare nostrum' e 'Frontex', progetti politici della nostra 'democratica' nazione, vorremmo immaginare azioni che aiutino i migranti a navigare verso orizzonti di pace. Al governo italiano ed europeo chiediamo una rivoluzione che possa basarsi su 'speranza', 'carità', 'stare bene', 'integrazione'. Le politiche di migrazione non si devono vivere sugli umori della crisi economica o dei venti razzisti che spirano ogni tanto sul pianeta”.

12 giugno 2014

Santissima Trinità Anno A


Santissima Trinità

GIORGIA TESTIMONIAL UNHCR PER LA GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO 2014

GIORGIA TESTIMONIAL UNHCR 



La cantante Giorgia è il volto e la voce dello spot dell’UNHCR in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato che verrà celebrata il 20 giugno prossimo.
Oltre a Giorgia sono più di venti le celebrità che in tutto il mondo hanno prestato il loro volto a sostegno dei rifugiati nel tentativo di portare all’attenzione dell’opinione pubblica il devastante impatto che la guerra ha su milioni di persone nel mondo.
Hanno registrato un video-messaggio per l’ UNHCR lo scrittore Khaled Hosseini, l’attrice americana Kat Graham, l’attrice tedesca Diane Kruger e il cantante pop colombiano Juanes.
Giorgia si fa portavoce del messaggio di UNHCR in un momento in cui i conflitti stanno contringendo sempre più persone ad abbandonare le proprie case e a cercare un rifugio sicuro altrove. Sono vicende che spesso raccontano episodi di paura e di dolore, ma sono anche storie di coraggio, di sopravvivenza e di speranza. Per questo l’UNHCR ha deciso di raccogliere nel sito stories.unhcr.org le storie dei rifugiati raccontate da loro stessi e da operatori umanitari, giornalisti e persone comuni che hanno avuto modo di incontrarli.
L’appello che l’UNHCR lancia a livello mondiale è quello di leggere, visualizzare e condividere la storia di un rifugiato presente sul portale dove sarà anche possibile caricare la propria storia.

Info tecniche
Lo spot è disponibile in versione video e in versione audio per le radio.
Per ricevere lo spot in alta definizione o la versione per le radio contattare:

Elettra Panci
UNHCR – PI Office
Itaroin1@unhcr.org
06 8021 233

http://www.unhcr.it/

11 giugno 2014

Nasce l'enciclopedia dell'Africa, online

Roma - Un’enciclopedia online e aperta al contributo di tutti; come la Wikipedia nata nel 2001, se non fosse che i contenuti saranno tutti africani e legheranno le tradizioni e le culture del passato ai cambiamenti e alle speranze del presente. Il progetto – spiega l’agenzia Misna - è stato presentato alla Conferenza africana sull’e-learning che si è tenuta a inizio giugno nella capitale ugandese Kampala. L’idea è di Gaston Bappa, capoclan di un villaggio del Camerun con laurea in ingegneria informatica. Che per l’African Traditions Online Encyclopedia (Atoe), questo il nome del progetto, prefigura un incontro tra storia, culture e modernità. “Questo continente – sottolinea – ha una tradizione di sette milioni di anni: che saranno mai cinque secoli di colonialismo e schiavitù?” Appuntamento al 2015, per la messa in rete.


9 giugno 2014

09 de Junho - São José de Anchieta

José de Anchieta nasceu no dia 19 de março de 1534, na cidade de São Cristóvão da Laguna, na ilha de Tenerife, do arquipélago das Canárias, Espanha. Foi educado na ilha até os quatorze anos de idade. Depois, seus pais, descendentes de nobres, decidiram que ele continuaria sua formação na Universidade de Coimbra, em Portugal. Era um jovem inteligente, alegre, estimado e querido por todos. Exímio escritor, sempre se confessou influenciado pelos escritos de são Francisco Xavier. Amava a poesia e mais ainda, gostava de declamar. Por causa da voz doce e melodiosa, era chamado pelos companheiros de "canarinho".
Mas também tinha forte inclinação para a solidão. Tinha o hábito de recolher-se na sua cela ou de retirar-se para um local ermo a fim de dedicar-se à oração e à contemplação. Certa vez, isolou-se na catedral de Coimbra e, quando rezava no altar de Nossa Senhora, compreendeu a missão que o aguardava. Naquele mesmo instante, sentiu o chamado para dedicar sua vida ao serviço de Deus. Tinha dezessete anos e fez o voto de consagrar-se à Virgem Maria.
Ingressou na Companhia de Jesus e, quando se tornou jesuíta, seguiu para o Brasil, em 1553, como missionário. Chegou na Bahia junto com mais seis jesuítas, todos doentes, inclusive ele, que nunca mais se recuperou. Em 1554, chegou à capitania de São Vicente, onde, junto com o provincial do Brasil, padre Manoel da Nóbrega, fundou, no planalto de Piratininga, aquela que seria a cidade de São Paulo, a maior da América do Sul. No local foi instalado um colégio e seu trabalho missionário começou.
José de Anchieta não apenas catequizava os índios. Dava condições para que se adaptassem à chegada dos colonizadores, fortalecendo, assim, a resistência cultural. Foi o primeiro a escrever uma "gramática tupi-guarani", mas, ao mesmo tempo, ensinava aos silvícolas noções de higiene, medicina, música e literatura. Por outro lado, fazia questão de aprender com eles, desenvolvendo diversos estudos da fauna, da flora e do idioma.
Anchieta era também um poeta, além de escritor. É célebre o dia em que, estando sem papel e lápis à mão, escreveu nas areias da praia o célebre "Poema à Virgem", que decorou antes que o mar apagasse seus versos. A profundidade do seu trabalho missionário, de toda a sua vida dedicada ao bem do próximo no Brasil, foi exclusivamente em favor do futuro e da sobrevivência dos índios, bem como para preservar sua influência na cultura geral de um novo povo.
Com a morte do padre Manoel da Nóbrega em 1567, o cargo de provincial do Brasil passou a ser ocupado pelo padre José de Anchieta. Neste posto mais alto da Companhia de Jesus, viajou por todo o país orientando os trabalhos missionários.
José de Anchieta morreu no dia 9 de junho de 1597, na pequena vila de Reritiba, atual cidade de Anchieta, no Espírito Santo, sendo reconhecido como o "Apóstolo do Brasil". Foi beatificado pelo papa João Paulo II em 1980. A festa litúrgica foi instituída no dia de sua morte.


Canonizado por Papa Francisco no dia 3 de abril de 2014.




8 giugno 2014

Pentecoste

«... lo Spirito Santo ci insegna la via; ci ricorda e ci spiega le parole di Gesù; ci fa pregare e dire Padre a Dio, ci fa parlare agli uomini nel dialogo fraterno e ci fa parlare nella profezia.

Il giorno di Pentecoste, quando i discepoli «furono colmati di Spirito Santo», fu il battesimo della Chiesa, che nacque “in uscita”, in “partenza” per annunciare a tutti la Buona Notizia. La Madre Chiesa, che parte per servire. Ricordiamo l’altra Madre, la nostra Madre che partì con prontezza, per servire. La Madre Chiesa e la Madre Maria: tutte e due vergini, tutte e due madri, tutte e due donne. Gesù era stato perentorio con gli Apostoli: non dovevano allontanarsi da Gerusalemme prima di aver ricevuto dall’alto la forza dello Spirito Santo (cfr At 1,4.8). Senza di Lui non c’è missione, non c’è evangelizzazione. Per questo con tutta la Chiesa, con la nostra Madre Chiesa cattolica invochiamo: Vieni, Santo Spirito!» 


(Omelia del Santo Padre Francesco - Basilica Vaticana - Domenica, 8 giugno 2014)

7 giugno 2014

Vieni, Spirito di Dio


Spirito Santo
che hai invaso l'anima di Maria
per offrirci la prima campionatura
di come un giorno avresti invaso la Chiesa
e collocato nei suoi perimetri
il tuo nuovo domicilio,
rendici capaci di esultanza.

Donaci il gusto di sentirci "estroversi".
Rivolti, cioè, verso il mondo,
che non è una specie di chiesa mancata,
ma l'oggetto ultimo
di quell'incontenibile amore
per il quale la Chiesa stessa
è stata costituita.

Se dobbiamo attraversare i mari
che ci distanziano dalle altre culture,
soffia nelle vele perché,
sciolte le gomene
che ci legano agli ormeggi
del nostro piccolo mondo antico,
un più generoso impegno missionario
ci solleciti a partire.

Se dobbiamo camminare sull'asciutto,
mettici le ali ai piedi perché, come Maria,
raggiungiamo in fretta la città.
La città terrena.

Che tu ami appassionatamente.
Che non è il ripostiglio dei rifiuti,
ma il partner con cui dobbiamo "agonizzare"
perché giunga a compimento l'opera della Redenzione.

da Pensieri e Parole di Tonino Bello, Paoline

6 giugno 2014

Suor Margherita SACCATO

Carissime sorelle, il 3 giugno 2014, nella casa “Santa Maria D. Mazzarello” di Santiago (Cile), il Padre misericordioso ha chiamato a sé la nostra cara Suor Margherita SACCATO. Nata a Novello d'Alba (Cuneo) il 1° novembre 1908. Professa a Pessione (Torino) il 6 agosto 1930. Appartenente all’Ispettoria Cilena “San Gabriele Arcangelo”.
Suor Margherita si è caratterizzata per una vita semplice, serena e tutta donata al Signore per il bene delle anime e per molti anni dedita alla formazione delle FMA.
Nacque in una famiglia cristiana dove i genitori seppero creare un ambiente profondamente cristiano. Anche la sorella Angiolina fu FMA e morì nel 1990.
Margherita iniziò il Postulato a Chieri il 2 febbraio 1928 e, dopo la professione, fu studente a Giaveno e in seguito aiutante nella scuola dell’infanzia a Sciolze e come educatrice a Rifreddo (Cuneo).
Il suo cuore generoso volle donare tutto di sé e non solo in Patria. Sentiva che il Signore le chiedeva di più e fece la domanda missionaria. Venne accolta e il 1° settembre 1934 partì per il Cile. Giunse a Santiago e, nel collegio “María Auxiliadora”, fu assistente delle postulanti. Iniziava così questo servizio che svolse con generosa dedizione tra le giovani in formazione.
Nel 1937 passò alla comunità del Noviziato come assistente delle novizie e nel 1940 venne nominata maestra delle novizie, missione che svolse fino al 1957. L’Ispettoria e le numerose FMA che seppe guidare nell’impegno di fedeltà le sono riconoscenti per la coerenza della sua vita, la saggezza, la formazione ricevuta, la maternità, la delicatezza sempre attenta alla persona. Era esigente e comprensiva per quello che riguardava la formazione personale e la vita di preghiera, tutto accompagnato dalla testimonianza di religiosa autentica.
Nel 1958 venne nominata direttrice a Santa Cruz, servizio di animazione che svolse anche a Viña del Mar, Punta Arenas “Sagrada Familia”, Talca “María Mazzarello” e Porvenir. In ogni compito che le era affidato irradiò serenità, profonda vita di fede, generosità, bontà materna, amore a Gesù Sacramentato, a Maria Ausiliatrice e ai santi Fondatori. Sembrava seria nel suo aspetto, ma questa serietà non le impediva di godere e partecipare con le consorelle e i giovani a ricreazioni allegre e rumorose che alimentavano la fiducia e la gioia salesiana nel cuore di tutti.
Suor Margherita visse radicata in Dio: trovò in Lui il segreto della fedeltà della sua lunga esistenza. Per lei il vero significato e fondamento di tutto era Dio.
Grazie, suor Margherita, per la tua testimonianza di totale dedizione serena e fedele!. Grazie perché sei stata, per tante Sorelle della nostra Ispettoria, la maestra che ha saputo inculcare l’amore e la donazione piena a Cristo e testimoniare la bellezza di una vita di fede profonda, di fraternità e amore all’Istituto. Ottienici dal Signore vocazioni che con generosità sappiano donare, come te, la loro vita al Signore per il bene dei giovani.  

L’Ispettrice
Suor Aurelia Rossi 

Migrantes: mercoledì la presentazione del Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo

Roma - La Fondazione Migrantes e la Ser Itali Ateneo presenteranno, il prossimo 11 Giugno 2014 presso il The Church Palace (Domus Mariae, via Aurelia 481 – Roma) alle ore 10,30 il “Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo”. Il volume, che esce dopo alcuni anni di lavoro, si articola in 1.500 pagine con circa 700 lemmi-articoli e oltre 160 box di approfondimento, 17 appendici monotematiche, 500 illustrazioni a colori e in bianco e nero ed è il frutto del lavoro di 168 autori, nella maggior parte dei casi docenti universitari e rappresentanti di istituzioni e associazioni, Missioni Cattoliche Italiane e comunità religiose impegnate nell’ambito delle migrazioni italiane all’estero, supervisionati da un consiglio scientifico di 50 esperti che rappresentano l’Italia e numerose altre nazioni. Il Dizionario racconta una pagina fondativa della storia italiana, quale è stata la Grande Emigrazione tra Ottocento e Novecento e che giunge fino ai nostri giorni con decine di migliaia di italiani che, complice la crisi economica, continuano a muoversi verso altre terre. Una pagina fatta di coraggio, sacrifici, sogni, conquiste, storie di fede lontana dalla propria parrocchia, e che ha visto partire oltre 27 milioni di connazionali, che oggi esprimono un portato di circa 80 milioni di oriundi. Il Dizionario è rivolto a un pubblico vasto ed eterogeneo, in quanto “manuale” della storia e dell’attualità dell’Italia: alle scuole, ai giovani, agli operatori pastorali, agli amministratori pubblici, agli operatori culturali e commerciali, a chi ha lasciato l’Italia per seguire un suo progetto migratorio ma vuole mantenere saldi i legami con il nostro Paese. Alla presentazione interverranno Mons. Francesco Montenegro, Presidente Fondazione Migrantes; Norberto Lombardi, CGIE, Consiglio Generale Italiani all’Estero; Tiziana Grassi, ideatrice e direttore del progetto Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo; Mario Morcellini, Università “La Sapienza” di Roma;Catia Monacelli, Museo Regionale dell’Emigrazione “Pietro Conti” di Gualdo Tadino; Matteo Sanfilippo, Università della Tuscia di Viterbo; Francesca Alderisi, già conduttrice “Sportello Italia” – Rai International;Goffredo Palmerini, ANFE, Associazione Nazionale Famiglie Emigrate; Enzo Caffarelli, direttore editoriale Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo – SER Itali Ateneo; Le conclusioni saranno affidate a Cristina Ravaglia della Direzione Generale per Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie del Ministero degli Affari Esteri. I lavori saranno moderati da Sandro Petrone, Giornalista Rai.

5 giugno 2014

Lectio Divina - Pentecoste

AMERICA/ESTADOS UNIDOS - Chicos indocumentados que viajan solos: se está convirtiendo en una “crisis humanitaria”

Washington – La Conferencia de Obispos Católicos de Estados Unidos llamó hoy al gobierno de Barack Obama y al Congreso a implementar acciones para proteger a los menores de edad indocumentados que viajan solos como emigrantes. La nota enviada a la Agencia Fides señala que, según la Conferencia Episcopal de los Estados Unidos de América (USCCB), dados los peligros a los que los chicos se enfrentan en dicha travesía, la situación se ha convertido en “una crisis humanitaria” cuyos orígenes están en la pobreza y la creciente violencia en las respectivas realidades de las que tratan de huir. Todo esto se debe afrontar como parte de la solución de largo plazo (véase noticia sobre El Salvador en Fides 20/05/2014).
El Presidente de la Comisión para las migraciones de la USCCB, Su Exc. Mons. Eusebio L. Elizondo Almaguer, M.Sp.S., obispo auxiliar de Seattle (Washington), nacido en México, subraya: “Este es un problema muy complicado, pero sus raíces deben ser atendidas tanto por nuestro gobierno como por los gobiernos de la región”. Las palabras de Mons. Elizondo Almaguer, están dirigidas en primer lugar a la administración actual porque, según datos recogidos por las fuentes católicas, se ha registrado un incremento del 92% de los chicos detenidos entre el 2013 y el 2014 (véase Fides 30/05/2014). “Estos niños son extremadamente vulnerables a los traficantes de seres humanos y contrabandistas de personas sin escrúpulos y deben ser protegidos” ha subrayado el Prelado.
El obispo ha relanzado esta apelación, tal como ya había expresado anteriormente (Veáse Fides 13/05/2014), a raíz de la publicación, el martes 3 de junio de 2014, del informe del Servicio de Aduanas y Protección Fronteriza, que informa que en los últimos 20 meses la Patrulla Fronteriza y otras agencias federales de la frontera han detenido a más de 71 mil chicos menores de 17 años, la mayor parte en la frontera sur de Texas.