31 luglio 2011

Semana Missionária na Inspetoria BSP


No dia 24 de julho encerrou-se mais uma experiência missionária dos grupos das  Filhas de Maria Auxiliadora, da Inspetoria Santa Catarina de Sena, São Paulo, Brasil.
Aproximadamente 200 jovens, Filhas de Maria Auxiliadora e Educadores leigos, divididos nos três Regionais (Capital, Paulista e Vale do Paraíba), vivenciaram a Semana Missionária de 16 a 24 de julho. Foram dez dias de doação, partilha de vida, experiência comunitária e eclesial e protagonismo juvenil.
A Semana Missionária é constituída de momentos de reflexão da Palavra, visita às famílias e bênçãos nas casas, oratório festivo, oficinas para os adolescentes e mães e celebrações com a Comunidade Paroquial.
O tema deste ano foi a «Eucaristia». A Palavra bíblica que orientou a reflexão foi a «multiplicação dos pães». Na doação de suas férias, na partilha alegre do dia-a-dia, no dinamismo próprio da juventude, os jovens  foram convidados a serem “pão substancioso” partilhado com as pessoas que encontraram no caminho.
E assim vamos comunicando a visão cristã da vida!

Ir. Teresa Cristina Pisani Domiciano fma
Coordenadora da Pastoral Juvenil

Leia aqui o depoimento de alguns participantes da Semana Missionária



30 luglio 2011

Rifugiati: Il popolo dei disperati.

28 luglio, il 60° della Convenzione ONU
Roma - L’auspicio che il 60° anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite sullo status dei rifugiati “possa dare slancio alla realizzazione di un vero sistema comune di asilo europeo”. Ad esprimerlo è stato, nel 60° anniversario della Convenzione, l’Alto Commissario ONU per i rifugiati António Guterres, facendo notare che “le cause dei movimenti forzati di popolazione si stanno moltiplicando”, e “le persone sono costrette alla fuga non solo da guerre e persecuzioni, ma dall’estrema povertà e dall’impatto dei cambiamenti climatici. Fattori sempre più correlati”. L’anniversario, sottolinea una nota dell’Alto Commissariato ONU (UNHCR), vede un panorama nel quale “sono i Paesi in via di sviluppo ad ospitare la stragrande maggioranza dei rifugiati”.

La Convenzione ONU sullo status dei rifugiati è stata adottata formalmente il 28 luglio 1951 per risolvere il problema dei rifugiati in Europa in seguito alla seconda guerra mondiale. Il Trattato internazionale fornisce la definizione di rifugiato – persona con il fondato timore di essere perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche – ed enuncia i diritti e i doveri fra Paesi ospitanti e rifugiati. Fondamento giuridico dell’attività dell’UNHCR, la Convenzione ha consentito in questi 60 anni all’agenzia ONU di aiutare milioni di persone sradicate dalle proprie terre a ricominciare una nuova vita. Essa rappresenta ancora la pietra miliare per la protezione dei rifugiati, tuttavia, sottolinea l’UNHCR, dopo sei decenni “caratterizzati da enormi cambiamenti, oggi si trova di fronte a sfide senza precedenti”. In Somalia “da gennaio oltre 170 mila persone sono fuggite nei Paesi confinanti a causa della carestia e dell’insicurezza. Un milione di persone ha lasciato la Libia sconvolta dalla guerra, fra loro richiedenti asilo e rifugiati ma anche migranti economici in cerca di una vita migliore altrove”.
“È necessario – afferma Guterres – che i meccanismi di gestione delle frontiere permettano a chi teme per la propria vita o per la propria libertà di trovare protezione. Allo stesso tempo, dobbiamo trovare sistemi innovativi per colmare i gap sempre più evidenti nel sistema di protezione internazionale e promuovere i valori della tolleranza e dell’inclusione anziché la paura e il sospetto”. A dare ragione all’Alto commissario sono i dati UNHCR, secondo i quali l’80% dei rifugiati nel mondo è ospitato dai Pvs, e le recenti crisi in Somalia, Libia e Costa d’Avorio hanno ulteriormente aggravato questo carico. Mentre l’Africa orientale sta lottando per fronteggiare la peggiore siccità degli ultimi 60 anni, Kenya, Etiopia e Gibuti hanno accolto quasi 450 mila rifugiati somali, numero che sale di giorno in giorno. In un contesto caratterizzato dalle turbolenze della primavera araba, Tunisia ed Egitto hanno accolto la stragrande maggioranza delle persone in fuga dalla Libia mentre la Liberia, in lenta ripresa da anni di guerra civile, sta ospitando più di 150 mila ivoriani fuggiti dalla violenza post-elettorale e dalla situazione di incertezza del loro Paese. Sconfortante il confronto con l’Europa: l’anno scorso, spiega l’UNHCR, “i 27 Paesi UE hanno accolto, tutti insieme, appena 243 mila domande di asilo, il 29% circa del numero totale di domande nel mondo”. Da qui l’appello di Guterres: “Di fronte a queste persone, a tutti i rifugiati, e a se stessa, l’Europa ha il dovere di difendere i valori della Convenzione” dal momento che “l’UE ha la capacità di ampliare la propria sfera di responsabilità verso i rifugiati e i richiedenti asilo”.
“Al momento – osserva – un vero sistema di asilo comune sembra difficilmente realizzabile, dato che persistono differenze fra Stati membri sull’accoglienza e il trattamento dei richiedenti asilo. Ci auguriamo che il 60° anniversario della Convenzione” possa “dare slancio alla realizzazione di un vero sistema comune di asilo europeo”. L’Europa, aggiunge, “potrebbe anche fare di più per il reinsediamento dei rifugiati”.
La Danimarca è stata il primo Paese a ratificare la Convenzione. Oggi sono 148 (tre quarti dei Paesi del mondo) gli Stati parte della Convenzione e/o del Protocollo del 1967 che ne ha rimosso le restrizioni geografiche e temporali. Ma nel Sud e Sud-Est asiatico e in Medio Oriente la maggior parte degli Stati non ha ancora proceduto alla ratifica. Nel prossimo dicembre l’agenzia ONU convocherà un incontro dei ministri degli Stati parte che potranno riaffermare i loro obblighi nei confronti della Convenzione e impegnarsi in azioni concrete a favore di rifugiati e apolidi. Nel frattempo l’UNHCR ritiene che anche una sola persona costretta a fuggire da guerre o persecuzioni sia troppo, e lancia la campagna "1" (http://www.unhcr.org/do1thing), per “diffondere storie di singoli rifugiati” e “umanizzare un problema troppo spesso ridotto a numeri”. Tre i “pilastri” dell’iniziativa: “Learn, spread the word, give”, per imparare dalle testimonianze, diffonderle e sensibilizzare sull’emergenza e, infine, contribuire finanziariamente o dando la propria disponibilità al volontariato presso l’UNHCR. (SIR)

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ASIA/INDIA - Confermato il permesso di soggiorno a vita per una missionaria Montfortiana impegnata da oltre trenta anni, come Madre Teresa, tra i malati di lebbra e i più sofferenti


Bangalore (Agenzia Fides) - Suor Jacqueline Jean McEwan, conosciuta come "Sister Jean," è una suora cattolica inglese missionaria Montfortiana impegnata da oltre 30 anni con i malati di lebbra e le persone sofferenti di Bangalore. Paragonata a Madre Teresa per il suo grande impegno e devozione verso i più sofferenti, la religiosa si era vista inspiegabilmente negare dal governo la formale richiesta annuale di rinnovo del suo permesso di soggiorno nel paese. La notizia iniziava a suscitare grande sconforto tra tutti quanti quelli con cui ha sempre lavorato e che la conoscono. Lo scorso 27 luglio, il Ministro degli Interni Indiano, Palaniappan Chidambaram, ha annunciato che la 63enne suora inglese "può rimanere fino a quando vuole," aggiungendo che la precedente comunicazione era stata frutto di un errore, forse dovuto al mancato completamento dei documenti presentati. "Non ha senso che io ritorni nel Regno Unito quando la mia gente è qui," aveva detto suor Jean al quotidiano Times of India, dichiarando la sua ferma intenzione di restare a Bangalore tra quelli che sono i suoi "amici e parenti... i malati di lebbra." La mancata concessione del visto avrebbe portato a termine il suo prezioso lavoro presso la Bangalore's Sumanahalli Society, dove è impegnata con i malati e i lebbrosi sin dal suo arrivo nel paese nel 1982. Suor Jean vive e lavora presso la Sumanahalli Society, una struttura con quattro cliniche e un centro di riabilitazione per i sieropositivi e i malati di AIDS oltre ad altre disabilità come la lebbra. Nonostante il governo indiano avesse dichiarato la malattia "eliminata" secondo gli standard dell'Oms, 130 mila indiani la contraggono ogni anno. Le strutture del Sumanahalli Society offrono cura e assistenza a 340 pazienti, mentre la clinica mobile di Suor Jean assiste altre mille lebbrosi negli slum di Bangalore. Padre George Kannanthanam, responsabile della struttura, ha dichiarato in una nota al Guardian che suor Jean "conosce per nome ogni singola persona malata di lebbra, nonostante la difficoltà dei nomi indiani." Secondo il sacerdote non c'è nessun'altra persona in grado di assistere i pazienti che sia preparata ed impegnata come la suora inglese. (AP)

Fonte: www.fides.org

CELEBRACIÓN DEL ENVÍO


El domingo 19 de junio nos reunimos para celebrar el envío  de los voluntarios del 2011. Nos acompañaron las Hijas de María Auxiliadora, madreselva, familiares, amigos… allí estuvimos un número representativo de los voluntarios que durante el 2011 vamos  realizar una experiencia en un país del sur. Alguno de nuestros compañeros ya estaban en sus destinos y otros esperamos como mucha ilusión el nuestra experiencia.
Mara presidenta de Madreselva nos dedicó unas bonitas palabras a los voluntarios y voluntarias. Fue una bonita ceremonia, emotiva y muy significativa. Que sirvió también de despedida de nuestros compañeros antes de partir.
“Estad abiertos, sede respetuosos, compartid vuestra vida y vuestras ilusiones con la gente que os encontréis. No juzguéis su forma de vida, aprended, y ofreced lo mejor  que tenéis: lo que sois.”
Este años los destinos son los siguientes: R. Dominicana, Mozambique, Honduras, Etiopía, Guinea, Ecuador, Perú, Bolivia, Paraguay y Madagascar.
Nos vemos en septiembre para compartir todas nuestras experiencias.
Mucha suerte y sed felices!


29 luglio 2011

Un sogno di Dio che si realizza nel tempo



Dalla Circolare n. 920: «Il 18 settembre di quest’anno, alla presenza della Madre, verrà inaugurata la casa di spiritualità di Mornese Mazzarelli, che è stata ristrutturata, e la mostra missionaria, ora situata accanto alla casa natia di Maria Domenica Mazzarello a indicare che la sua vita si prolunga nell’opera missionaria dell’Istituto

28 luglio 2011

SOMALIA: 100.000 SFOLLATI A MOGADISCIO, DRAMMATICO L’IMPATTO DELLA CRISI SU DONNE E BAMBINI


Sono quasi 40.000 i somali che nell’ultimo mese - costretti alla fuga da siccità e carestia - si sono riversati a Mogadiscio in cerca di cibo, acqua e assistenza. È quanto dicono le cifre dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Altri 30.000 si sono invece fermati in insediamenti a 50 chilometri dal centro della capitale. Complessivamente negli ultimi due mesi la città ha visto arrivare fino a 100.000 sfollati. E la cifra è destinata ad aumentare con i nuovi arrivi, in media 1.000 al giorno nel mese di luglio. 
Badbado, 9 chilometri ad ovest di Mogadiscio lungo la strada per Afgooye, è uno degli insediamenti più grandi con circa 5.000 famiglie presenti (28.000 persone). Ieri il Rappresentante UNHCR in Somalia e il Capo dell’ufficio UNHCR a Mogadiscio hanno visitato il sito, dove ogni giorno continuano ad arrivare persone in fuga da siccità e carestia nelle regioni meridionali della Somalia. Altri vi vengono trasferiti - dalle autorità municipali - dagli insediamenti nel centro della città.
Nel corso della visita i funzionari UNHCR hanno potuto osservare in prima persona la disperazione di queste persone sfollate e ridotte alla fame, mentre si accalcavano per procurarsi il cibo distribuito dalle organizzazioni caritatevoli locali. Il numero di sfollati in cerca di assistenza alimentare è però in continuo aumento e le quantità di aiuti consegnate non sono sufficienti a soddisfare tutte le necessità. Ciò ha causato gravi assembramenti di folla e anche alcuni saccheggi. Il risultato è che alcune delle persone più deboli e vulnerabili restano senza niente, nonostante l’impegno profuso da agenzie umanitarie e organizzazioni caritatevoli. 
Il Rappresentante UNHCR in Somalia, Bruno Geddo, ha parlato con una madre che ha viaggiato per 11 giorni dalla regione di Bakool - in preda alla carestia - con i suoi 5 figli per cercare assistenza. A causa della limitata disponibilità di cibo, la donna però è costretta a mendicare quasi ogni giorno per procurare qualcosa alla sua famiglia. Geddo ha poi parlato con un uomo anziano partito dalla regione di Lower Shabelle - anch’essa dichiarata in stato di carestia - dopo la morte di tutto il suo bestiame. Gli è stato impossibile farsi largo tra la folla - ha detto l’uomo - e così non è riuscito ad ottenere il cibo donato da una charity e distribuito da imprenditori locali. 
Anche quando le persone riescono a procurarsi il cibo e l’acqua in distribuzione, spesso non hanno i contenitori per trasportarli. Spesso, quindi, devono utilizzare sacchetti di plastica. È per questo che la prossima settimana l’UNHCR avvierà la distribuzione di 4.000 kit di assistenza - a beneficio di 24.000 persone - contenenti taniche per l’acqua, secchi, pentole, piatti, ciotole, tazze e altri utensili utili per trasportare e contenere il cibo e l’acqua ricevuti. L’Agenzia ha inoltre fornito una grande tensostruttura nella quale sarà allestito un centro medico per l’insediamento di Badbado. Le condizioni di vita - ha riferito Geddo - sono estremamente difficili, così come la situazione della protezione. Nel sito l’UNHCR ha già distribuito materiali per installare alloggi, tra cui teloni di plastica.
Finora quest’anno l’UNHCR ha distribuito in Somalia meridionale e centrale oltre 17.000 kit di assistenza d’emergenza a beneficio di 102.000 persone. I kit contengono beni di prima necessità come teli di plastica per alloggi, materassi, coperte, secchi, taniche per l’acqua, set per cucinare, utensili, piatti e tazze. Nei prossimi giorni ne saranno distribuiti altri 19.000 a beneficio di 114.000 persone. Sempre nei prossimi giorni poi l’Agenzia metterà a disposizione di 240.000 persone altri 40.000 kit contenenti biscotti ad alto contenuto proteico, soluzione reidratante per via orale e compresse per la depurazione dell’acqua. 

Kenya

In Kenya è partita ieri l’operazione di trasferimento dei rifugiati somali che attualmente vivono ai margini dei campi di Dadaab verso il nuovo sito di Ifo Extension. Qui sono state erette oltre 500 tende che possono ospitare famiglie di 5 persone - per un totale quindi di oltre 2.500 persone. Alcune famiglie vi si sono già trasferite. Altre dovrebbero seguirle oggi e domani. Un secondo sito - Kambioos - sarà invece aperto nei prossimi giorni nel tentativo di decongestionare le aree circostanti il campo per rifugiati di Dagahaley. 
I campi di Dadaab ricevono mediamente ogni giorno 1.300 nuovi rifugiati in fuga da guerra, siccità, carestia e insicurezza che imperversano in Somalia. Arrivano in condizioni di salute disastrose, disidratati e gravemente malnutriti, in particolare i bambini. 
Molti dei nuovi arrivati si stabiliscono spontaneamente ai margini dei tre campi dell’area di Dadaab - Dagahaley, Ifo e Hagadera - in aree non adatte per essere abitate. Fuori del solo campo di Ifo attualmente sono accampati circa 35.000 somali. Questa situazione non fa che aggiungere pressione sul fragile e semiarido ambiente, accrescere le tensioni con le comunità locali e aumentare il rischio di incendi ed epidemie. Nella stagione delle piogge inoltre l’area è soggetta a inondazioni.
È dello scorso 14 luglio l’annuncio da parte del Primo Ministro keniano circa la prossima apertura - da tempo in programma - dell’estensione del campo di Ifo. Ciò contribuirà a decongestionare l’area di Dadaab. In attesa che tutto sia pronto per l’apertura, l’UNHCR sta assistendo le famiglie di rifugiati che già avevano cominciato a trasferirvisi autonomamente. 
L’UNHCR ringrazia ancora una volta il Kenya per la straordinaria generosità dimostrata nei confronti dei rifugiati in questa crisi e nei decenni passati e ribadisce la necessità che la comunità internazionale mostri solidarietà e sostenga questo e altri paesi d’accoglienza che sopportano un impegno così oneroso. 

Etiopia

Nel paese resta preoccupante la situazione generale della nutrizione nei remoti campi per rifugiati di Dollo Ado, vicino al confine con la Somalia. Il livello di malnutrizione tra i nuovi arrivati è ancora elevato: un bambino su tre tra quelli con meno di cinque anni che arrivano dalla Somalia presenta uno stato di grave malnutrizione. Attualmente circa il 30% dei bambini con meno di cinque anni che si trovano nel centro di transito e nel campo di Kobe - uno dei tre campi del complesso di Dollo Ado - è in cura per grave malnutrizione. Nel campo di Malkadida la percentuale sale al 33%, mentre è del 22% nel terzo insediamento - Bokolmanyo. 
L’UNHCR e le agenzia partner sono impegnati per rispondere a questa situazione. Save the Children USA ha avviato la somministrazione di alimentazione supplementare due volte al giorno per tutti i bambini con meno di cinque anni, molti dei quali seriamente indeboliti dalla fame e dal lungo viaggio a piedi dalla Somalia. Alcune famiglie dicono di aver camminato anche cinque settimane prima di raggiungere Dollo Ado. 
Inoltre tutti i rifugiati in attesa di essere registrati e trasferiti nei campi ricevono due pasti caldi al giorno. Sono quindi circa 26.000 i pasti preparati giornalmente per gli oltre 13.000 rifugiati presenti nel centro di transito. In precedenza i rifugiati del centro ricevevano cibo sufficiente solo per una settimana.
A venerdì scorso erano 114.646 i rifugiati somali presenti nei campi dell’area di Dollo Ado. A questi devono essere aggiunti i 41.000 dell’area di Jijiga, dove arrivano quantità inferiori di persone. La cifra totale dei rifugiati somali in Etiopia supera quindi quota 156.000. il numero di arrivi giornalieri è diminuito dai 2.000 di un mese fa alle alcune centinaia attuali. Il campo di Kobe, aperto appena il mese scorso, è già pieno con 25.000 persone presenti. È poi in via di completamento il nuovo campo di Hilaweyn che potrà ospitare fino a 60.000 persone. I lavori tuttavia hanno subito un rallentamento a causa del terreno roccioso che rende difficili le operazioni di escavazione per l’impianto dei servizi igienici. L’UNHCR auspica che il campo possa essere aperto entro le prossime due settimane. 

CUERNO DE ÁFRICA: un millón y medio de personas en Kenia al borde de la muerte.

“La llegada de la ayuda es muy lenta. Se hacen muchas promesas pero la ayuda real es muy poca y llega con mucha lentitud” es la queja de los misioneros en Kenia.

Cáritas. 27 de julio de 2011. En una conversación mantenida esta misma mañana con el padre Franco Cellana, superior de los Misioneros de la Consolata en Kenia, el misionero efectuaba un dramático llamamiento: “hemos repartido todo lo que teníamos, estamos preparados para repartir la ayuda en cuanto nos llegue, necesitamos con urgencia medicinas, agua, leche y harina para evitar la muerte de 1,5 millones de afectados solo en Kenia”. El padre Cellana explica que las tres diócesis más afectadas Maralal, Marsabit y Garissa ya han establecido los mecanismos de coordinación y el plan de emergencia a la espera de que llegue la ayuda para poder repartirla, todas las congregaciones presentes en la zona han puesto todos sus recursos y existencias a disposición de este plan de emergencia.
El misionero recuerda que los 18 meses transcurridos sin lluvias han situado a los países del Cuerno de África en una dramática situación a la que es urgente responder para salvar la vida de millones de afectados, entre 11 y 14,5 millones de personas.
El padre Cellana denuncia que “se hacen muchas promesas pero que la ayuda oficial es poca y llega con mucha lentitud”. Ilustra la grave situación que viven con algunas anécdotas: “Esta mañana mientras recorría los caminos con el coche los niños nos perseguían con bidones de plástico pidiéndonos agua, hemos repartido la que llevábamos mientras les prometíamos que intentaríamos arreglarlo. El pasado fin de semana mantuvimos un encuentro con varias personas a las que ofrecimos unos refrescos, todos nos pidieron que les diésemos agua en lugar de refrescos”.
Mons. Peter Kihara de la diócesis de Marsabit insiste en lo dramático de su llamamiento y en el agradecimiento por la ayuda que ya han recibido, “estamos en condiciones de hacerla llegar a quienes más la necesitan”.
Por otra parte el misionero español José Luis Orpella informaba esta misma mañana de que en la diócesis de Garissa (Kenia) “las reservas de agua se han agotado o están a punto de hacerlo. El campo de refugiados de Dadaab – enclavado en el territorio de la diócesis – acoge ya a 400.000 desplazados, los precios de los alimentos se han duplicado en los últimos días y la situación es realmente crítica”.

Distribución de la ayuda de Cáritas Española

La primera partida de 100.000 € que Cáritas Española ha librado para esta emergencia se ha destinado a las Cáritas de Yibuti, Somalia, y Maralal en Kenia.
33.000 € se han destinado a la compra y distribución de medicamentos y alimentos para unas 5.000 personas afectadas por malnutrición en  Yibuti.
En Somalia 34.000 € han sido destinados a la distribución de alimentos en Baraba con destino a otros 5.000 beneficiarios. Y finalmente 33.000 € se han hecho llegar a Cáritas Maralal destinados a la compra, transporte y distribución de alimentos y depósitos de agua en las poblaciones de Acher’s Post, Baragoi, Wamba y South Horr y la  reparación de dos bombas manuales, para la extracción de agua, en Barsaloi. Los beneficiarios serán alrededor de 5.000 personas.

Campaña «CÁRITAS CON EL CUERNO DE ÁFRICA»

Cómo colaborar: Teléfono de donaciones: 902.33.99.99
SANTANDER
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CAJA MADRID
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1010
61
6000652981
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POPULAR
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0001
84
0607013040
00750001840607013040
LA CAIXA
2100
2208
32
0200254778
21002208320200254778
CECA
2000
0002
25
9100382405
20000002259100382405
SABADELL
0081
0216
74
0001307138
00810216740001307138
CAM
2090
5513
07
0200186956
20905513070200186956
BANCAJA
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1277
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01822000250201507559

AMERICA/ARGENTINA - L'Università Cattolica di Buenos Aires per la formazione dei missionari


Buenos Aires (Agenzia Fides) - P. Victor Manuel Fernandez, Rettore della Pontificia Universidad Católica Argentina "Santa María de los Buenos Aires" (UCA), e don Osvaldo Pablo Leone Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie dell'Argentina (POM), hanno firmato un accordo di cooperazione reciproca.
"L'accordo - si legge in una nota inviata all'Agenzia Fides - mira a rafforzare la comunione ecclesiale e consolidare la vocazione dei discepoli missionari in modo che sacerdoti, suore e laici che frequentano il centro di Missiologia per il Cono Sud "Juan Pablo II", siano illuminati dall'esempio e dagli insegnamenti del Beato Giovanni Paolo II".
"Allo stesso tempo - continua la nota - si cerca di promuovere attraverso programmi d'interesse comune, il coordinamento delle attività congiunte (seminari, conferenze, consulenza reciproca), l'integrazione dei gruppi di lavoro d'interesse comune, workshop annuali, la preparazione di testi di formazione e di spazi d'incontro e di preghiera nel popolo di Dio, lo spirito missionario in sintonia con l'enciclica Redemptoris Missio; in modo di istituire una ferma e chiara opzione per la formazione dei membri delle nostre comunità, con un cuore universale, aperto a tutte le culture ed essere disposti a fare realtà il mandato missione di Gesù: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura". (CE)

Fonte: www.fides.org

Región Amazónica sigue recibiendo flujo intenso de migrantes haitianos


Las consecuencias del terremoto que afectó a Haití en enero del año pasado todavía son visibles. Además del escenario de destrucción del país, miles de personas siguen viviendo en campamentos y lugares improvisados. Para huir de esa realidad, muchos buscan una vida mejor en otros países. En Brasil, religiosos que actúan en la región amazónica registran un flujo intenso de haitianos que llegan al país a través de Tabatinga, en el Amazonas, ciudad fronteriza con Colombia y Perú.
El Padre Gelmino Costa, integrante de la Pastoral del Migrante y uno de los responsables de la Parroquia de São Geraldo, Manaus, recuerda que "la migración siempre existió en Haití”. De acuerdo con él, lo que ocurrió fue que el fenómeno "se agravó con el terremoto”. Datos del Consejo Nacional de Inmigración (CNIg) señalan la entrada en Brasil de alrededor de 200 haitianos por mes. En junio pasado, el Consejo concedió autorización de permanencia a 237 personas que viajaron de Haití a Brasil.
Según el Padre Gelmino, actualmente el país refugia a cerca de 3 mil haitianos. De ellos, 1.200 están en Manaus, 500 en Tabatinga y 300 en el Acre. La entrada de la mayor parte se produce por Tabatinga, municipio del estado del Amazonas. Para llegar a la ciudad brasilera, los haitianos salen de Puerto Príncipe (Haití), otros de Santo Domingo (República Dominicana), pasan por Panamá, Quito (Ecuador), Lima (Perú) e Iquitos (también en Perú), desde donde siguen en barco hasta la frontera con Brasil.
Buena parte de ese periplo, según el Padre Gelmino, podría evitarse si el gobierno brasilero autorizara la visa antes del viaje. "Brasil dice que va a acoger a los haitianos, pero no da visa y obliga a los inmigrantes a entrar por la línea de fondo”, comenta.
El viaje dura cerca de tres meses y cuesta, en promedio, U$S 4.500. La mayoría de los que buscan el país es de sexo masculino y tiene entre 22 y 35 años.
En Tabatinga, los migrantes se presentan a la Policía Federal y piden refugio. Los policías les aplican el Protocolo de Refugio – a pesar de no ser reconocidos como refugiados - y una carta que autoriza a sacar el Registro de Persona Física (CPF, sigla en portugués) y la Libreta de Trabajo. Los que tienen dinero para costear el pasaje van a Manaus para conseguir documentos y trabajo.
Sin embargo, el proceso no es tan rápido y fácil. De acuerdo con el Padre Gelmino, los pedidos de refugio pueden demorar de dos a tres meses. En promedio, la Policía libera 20 visas por semana. Mientras tanto, los haitianos sobreviven de "changas” y con el dinero que todavía les quedó del viaje. "Muchos llegan debilitados”, comenta.
En Manaus, son acogidos por religiosos vinculados a la Iglesia Católica como el Padre Gelmino. Actualmente, según él, 250 haitianos están repartidos en los diez refugios de la capital amazonense. Después de retirar el CPF y la libreta de trabajo, van a buscar empleo. "En una semana muchos ya comienzan a trabajar”, afirma, destacando que la mayoría trabaja como ayudantes de albañil en la construcción civil o en servicios generales.
Después de recibir el primer salario, buscan una "habitación para alquilar” y mandar dinero a su familia que quedó en el país caribeño. Incluso así, la dificultad financiera todavía persiste. Cerca de 250 haitianos – aunque no vivan más en los refugios - dependen de los religiosos para comprar alimentos.
La situación en los refugios tampoco es de las mejores. De acuerdo con Gelmino, el dinero para sustentarlos es de la Iglesia Católica y de donaciones. "No hay subsidios [dinero] del Gobierno Federal, ni del estadual ni del municipal. Tampoco hay ninguna ONG [Organización No Gubernamental] por detrás”, se desahoga.
Manaus recibe a los haitianos llegados desde Tabatinga tres veces por semana. "La semana pasada llegaron 15, pero hubo semanas que llegaron 120”, revela. Incluso con la gran cantidad de migrantes, el Padre Gelmino destaca que no conoce ningún caso de haitianos con problemas de documentación o involucrados en delitos.
De la misma manera, resalta que los religiosos no incentivan a los haitianos a ir a Brasil, sólo los acoge. "No somos nosotros los que los traemos. Ellos vienen y nosotros acogemos. No vamos a dejarlos en la calle”, explica.

26 luglio 2011

Emergencia alimentaria en el Cuerno de África


Estimados amigos y colaboradores:
Aquí os hacemos llegar información sobre la situación del la labor que están realizando las FMA en Dilla - Etiopía, en la región conocida como el Cuerno de África donde se está viviendo una situación extrema por causa de la sequía que asola la zona. Podéis abrirla haciendo click aquí.

Recordad que podéis hacer vuestras donaciones en esta cuenta:
Banco Popular: 0075 0432 96 0600311574
Concepto: “Emergencia Cuerno de África”

Atentamente,
Madreselva ONGD.
www.madreselvaONGD.net


El Cuerno de África se enfrenta a una severa emergencia nutricional que pone en riesgo a más de 10 millones de personas. Etiopía se encuentra afectada tanto por la sequía, la peor en 50 años, como por la hambruna y los intensos flujos de refugiados somalís en busca de recursos de supervivencia.

En la región suroeste de este país (la región de Naciones, Nacionalidades y Pueblos del Sur) se encuentra la ciudad de Dilla, donde las Hermanas Salesianas de Don Bosco operan desde 1986 un centro de nutrición y atención primaria a niños y madres malnutridos. La clínica ofrece alimentación y seguimiento sanitario de niños, especialmente de recién nacidos sin acceso a lactancia materna suficiente o segura. Las madres reciben vitaminas y educación sanitaria. Además, la clínica ofrece servicios de salud primaria e higiene, luchando por evitar enfermedades como la malaria a través de la educación sanitaria. Dada la escasez de recursos, las Hermanas no pueden afrontar la gran demanda y han de centrarse en los casos más extremos.

El trabajo de las Hermanas se sustenta con las donaciones de nuestros colaboradores. Agradecemos cualquier ayuda que puedas aportar, especialmente en momentos de crisis severa como ésta.

Tu ayuda puede marcar la diferencia.


Siccità, il mondo si muove. Ponte aereo per la Somalia


Ci si muove. Scatta oggi un ponte aereo d’aiuti umanitari nei cieli di Mogadiscio, Dolo (Etiopia) e Wajir, nel Nord del Kenya, per fronteggiare l’emergenza carestia e la «siccità epica» che sta dilaniando il Corno d’Africa, dove, stando all’Unicef, mezzo milione di bambini «hanno il 40 per cento delle possibilità di sopravvivere». Ponte aereo deciso ieri dal summit straordinario della Fao a Roma (al quale hanno partecipato ministri e delegati dei 191 Paesi membri della Fao, di altre agenzie Onu e organizzazioni internazionali e non governative). Durante il quale prima si è ammesso il fallimento «nella costruzione della sicurezza alimentare nei Paesi di sviluppo» e poi affermata la necessità di un’azione «massiccia e urgente». 
La crisi nel Corno d’Africa, scatenata da almeno tre cause, sta colpendo dodici milioni di persone, con due regioni nel Sud della Somalia già in gravissima carestia: «Gli effetti congiunti di siccità, inflazione e conflitti hanno causato una situazione catastrofica che richiede un urgente e robusto sostegno internazionale», ha subito annotato il direttore generale uscente della Fao, Jacques Diouf. Così, per spazzare via le accuse d’immobilismo proprio alla Fao, il ministro francese all’Agricoltura, Bruno Le Maire, ha illustrato la “road map” dell’intervento a lungo raggio dell’agenzia Onu: entro il 15 settembre arriverà il piano d’azione sulla sicurezza alimentare e sull’acqua e lo stesso giorno sarà lanciato anche il nuovo sistema di informazione dei mercati agricoli «per evitare le speculazioni e perché la volatilità dei prezzi rovina i contadini nei Paesi in via di sviluppo».
Saranno i governi dei sei Paesi colpiti dalla crisi a gestire la risposta, tenuti informati dal Piano d’azione per il Corno d’Africa del Comitato permanente interagenzie (Iasc). E infine alla Fao sono convinti che andrebbe evitata, per quanto possibile, la costituzione di campi profughi con l’aggregazione di un enorme numero di sfollati.
Un intervento – ha spiegato la direttrice del Programma mondiale alimentare dell’agenzia delle Nazioni Unite, Josette Sheeran – resosi inevitabile per superare l’ostilità dei miliziani fondamentalisti islamici o Shabaab nella distribuzione degli aiuti. A proposito: «È urgente e indispensabile un corridoio umanitario e aereo per portare beni di prima necessità dove servono», aveva detto poco prima il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Aggiungendo che bisognerà aiutare la popolazione somala «sfidando, se occorre, i terroristi dello Shabaab, che hanno detto di non volere gli aiuti perché per loro purtroppo la vita delle persone non vale niente». A tal proposito, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha chiesto immediato accesso delle organizzazioni umanitarie alle zone colpite. 
Intanto la Banca mondiale ha risposto all’appello stanziando 500 milioni di dollari, 8 dei quali per l’immediata emergenza mentre i restanti 492 per finanziare progetti a favore degli agricoltori locali. Fondi che si accompagnano ai 100 milioni di euro promessi dall’Ue.
«Siamo particolarmente preoccupati per la Somalia – hanno ancora sottolineato i partecipanti al summit – ed è di vitale importanza riuscire a raggiungere con gli aiuti chi si trova all’epicentro della carestia, portando alimenti altamente vitaminizzati che sono indispensabili per i bambini». E ha spiegato Josette Sheeran, direttrice esecutiva del Pam, che «molte delle donne che ho incontrato in Somalia e Kenya nei giorni scorsi avevano perso i figli e non avevano alcun mezzo di sussistenza se non gli aiuti umanitari forniti dalle agenzie sul campo».
«Ci impegniamo – si legge nel documento finale dell’incontro svoltosi alla Fao – ad assicurare una risposta immediata ed appropriata per far sì che le comunità ed i Paesi colpiti siano messi nelle condizioni di preservare i loro fragili mezzi di sussistenza dai quali dipende la sopravvivenza di così tante persone, e allo stesso tempo si lavori alla costruzione di una capacità di resistenza di lungo periodo».
Pino Ciociola

Card. Barbarin: la misericordia, chiave per il dialogo interreligioso. Il primate delle Gallie partecipa a un pellegrinaggio islamo-cristiano


VIEUX-MARCHÉ - La Misericordia, che è il nome di Dio, rappresenta una parola chiave per il dialogo tra musulmani, ebrei e cristiani, sostiene il Cardinale Philippe Barbarin, Arcivescovo di Lione.
Il primate delle Gallie ha presieduto questa domenica la Santa Messa nella cappella dei Sette Santi di Efeso, nella piccola località di Vieux-Marché, nella Diocesi bretone di Saint Brieuc (Francia), nel contesto del pellegrinaggio islamo-cristiano che si celebra da 60 anni in questo luogo.
“Perché la parola 'misericordia' è scomparsa dalle labbra dei cattolici?”, si è chiesto nell'omelia il porporato, nato 60 anni fa a Rabat (Marocco) e che ha avuto sia in Africa che in Medio Oriente e in Francia continue opportunità di entrare in contatto con i musulmani.
“Perché la utilizziamo così poco? Perché abbiamo paura di usarla? Mi sorprende, perché nella Bibbia appare ovunque, e sarebbe un concetto meraviglioso per il dialogo interreligioso”, ha dichiarato.
Riferendosi all'importanza di questo concetto, ha ricordato che il popolo ebraico ha ricevuto la vocazione “di essere servitore della Misericordia di Dio in tutte le Nazioni”.
Dall'altro lato, ha aggiunto analizzando l'islam, “questa parola appare in ciascuna delle sure del Corano, che inizia sempre con l'invocazione a Dio misericordioso”.
“Anche nel Vangelo è presente ovunque”, ha ricordato. “Non so perché l'abbiamo messa da parte”.
“Forse ad alcuni sembra passata di moda, ma esce dalle labbra di Cristo, esce dalle labbra della Vergine Maria quando canta il Magnificat, o si ritrova nel Cantico di Zaccaria, che è la nostra preghiera di ogni mattino. Allora perché non la utilizziamo?”, si è chiesto il porporato.
Il Cardinal Barbarin ha quindi ricordato che la misericordia è anche la grande eredità lasciata nel suo pontificato da Giovanni Paolo II, ed evocando il suo pensiero ha affermato che “misericordioso non è solo un aggettivo che possiamo attribuire a Dio. La Misericordia non è solo una delle qualità di Dio, che è anche creatore, potente... La Misericordia – ha detto il Papa – è davvero il suo nome”.
“Questa frase potrebbe essere di grande utilità nel dialogo profondo, seguendo il registro dell'amore di Dio, con i nostri fratelli credenti di altre religioni”, ha suggerito.
Il Cardinal Barbarin ha concelebrato la Messa con il Vescovo di Saint Brieuc, monsignor Denis Moutel, in presenza di rappresentanti della comunità musulmana e di migliaia di fedeli, che non entrando nella cappella hanno seguito la Messa dall'esterno.
Il pellegrinaggio di cristiani e musulmani a questo tempio affonda le sue radici nei santi “dormienti” ai quali è dedicata: i sette cristiani di Efeso del III secolo vittime della persecuzione dell'imperatore Decio.
Secondo una tradizione ripresa da un canto popolare bretone, dormirono per circa 200 anni e poi riapparvero vivi. Il Corano li menziona nella sura 18.
Constatando la relazione tra il canto e la sura, Louis Massignon (1883-1962), uno dei più grandi islamologi del XX secolo, decise di invitare esponenti musulmani al pellegrinaggio annuale alla cappella, nel 1954, quando iniziava la guerra tra Francia e Algeria. Quest'anno il pellegrinaggio ha battuto i record di partecipazione.

Fonte: www.zenit.org

25 luglio 2011

Curso de Ecumenismo y Diálogo Interreligioso a distancia

Buenos Aires (AICA): La Comisión Episcopal de Ecumenismo, Relaciones con el Judaísmo, el Islam y las Religiones (CEERJIR), de la Conferencia Episcopal Argentina, invita a participar del segundo Curso de Ecumenismo y Diálogo Interreligioso en la modalidad de educación a distancia.
Tendrá carácter introductorio a las cuestiones fundamentales de ecumenismo y diálogo interreligioso, y se extenderá por un cuatrimestre entre el 15 de agosto hasta el 30 de noviembre de 2011.
Está destinado a las personas que en la Iglesia Católica estén interesadas en actividades vinculadas a la promoción de la unidad de los cristianos y al diálogo interreligioso.
En especial a miembros de las comisiones diocesanas y parroquiales de Ecumenismo y de Diálogo Interreligioso, catequistas y todas aquellas personas que sin pertenecer a tales grupos realicen en la Iglesia Católica esas mismas actividades.
Informes e inscripción: info@ecumenismoydialogo.org 
o en el sitio web www.ecumenismoydialogo.org/web.

Fonte: www.aica.org

Inondazioni e solidarietà


Ti invitiamo a visitare il blog missionario dell’Ispettoria San Raffaele Arcangelo (Paraguay) e conoscere le difficoltà vissute dalla popolazione di Carmelo Peralta e dell’Isola Margarita. Il mese di luglio ha portato grandi inondazioni, e le FMA presenti nel Vicariato Apostolico del Chaco, nella Circoscrizione dell’Alto Paraguay (Puerto Casado, Colonia Carmelo Peralta, Fuerte Olimpo, Puerto María Elena e Ñu Apu´a) hanno cercato di rispondere alle urgenze con il servizio generoso e la presenza solidaria.


Infanzia Missionaria

(Medellín – Colombia). Suor Gloria Elena García, dell’ispettoria CMA, ci scrive raccontando sull’incontro dell’Infanzia Missionaria realizzato nel mese di giugno, che ha radunato FMA, SDB, giovani in formazione e alcuni laici. Poi, ci presenta alcuni punti della programmazione dell’ESAIM.

«Yo también quería contarles que hice el encuentro para Hermanas y laicos encargados de los grupos de Infancia Misionera y Juventud Misionera durante los días 4 al 6 de Junio y realmente fue muy bonito. La participación de las hermanas fue poca pero invitamos a las aspirantes, voluntarias y algunos sdb. Algunos laicos muy expertos me ayudaron con el desarrollo del encuentro que se llamó ESAIM (Escuela de Asesores de Infancia Misionera) y les mando una corta relación para compartir lo vivido.»

ESAIM
04 – 06 Junio de 2011 – La Montañita

Objetivo General
La Escuela de formación de animadores de Infancia Misionera se propone ofrecer a los asesores, contenidos misioneros doctrinales, espirituales y metodológicos que les ayuden a desarrollar su vida cristiana y su compromiso misionero para un trabajo de pastoral misionera con los niños y niñas.

Objetivos Específicos
ü Ofrecer los elementos doctrinales básicos de misionología, de la espiritualidad y de la  pastoral misionera para un compromiso con el trabajo misionero infantil por medio del movimiento eclesial de la Infancia Misionera.
ü Llevar a los asesores a descubrir y valorar los elementos característicos de su propia vocación cristiana en su dimensión misionera universal, para vivenciarla por medio de la experiencia de la Escuela de Jesús.
ü Despertar en los asesores la convicción y el deseo de crecer cristianamente en un proceso de formación permanente que los lleve a identificarse cada vez más con el Señor y a ser sus apóstoles, especialmente con los niños, para su formación misionera.
ü Capacitar para la pastoral misionera y para el trabajo con las Obras Misionales Pontificias con herramientas para la animación, formación, organización y cooperación misionera de todo el pueblo de Dios, especialmente de los niños, de los padres de familia y de los educadores.
ü Estudiar y practicar los elementos básicos de la pastoral misionera infantil para la promoción de los grupos de Infancia Misionera, la realización de las escuelas de Liderazgo Misionero Infantil, de las escuelas de formación de los Asesores de la Infancia Misionera.
ü Celebrar comunitariamente la fe y la acción de Dios en lo cotidiano por medio de la oración de grupo y la liturgia.
ü Valorar nuestra patria, nuestra cultura y nuestros símbolos misioneros.
ü Aprender nuevas estrategias metodológicas en el trabajo con grupos, particularmente infantiles, para fortalecer la formación de estos.
ü Hacer memoria de nuestras primeras misioneras FMA en América   

Propósito.  Realizar el encuentro ESAIM (Escuela de Asesores de Infancia Misionera)

Participantes
Bernarda Acevedo (Cartagena), Ligia Henao (Currulao), Sor Margarita Jaramillo (C.O.V), Sor Diana Ocampo (Colegio M. Auxiliadora), Yennifer Ayus (Aspirante), Eliana Giraldo (Aspirante), Zoraida Ramírez (Aspirante), Mónica María Ricardo (Voluntaria), Zenaida Rivas (Voluntaria), Yessica Villaruel (Voluntaria), Leidy Gómez (Misionera sdb), Yennifer Vera Otálvaro (Misionera sdb), Sebastián Cuartas (Misionero sdb), P. Francisco Castaño (Salesiano).

Coordinadores Especialistas
Santiago Gaviria y Leidy Marulanda

Evaluación

Qué bueno...
Los temas tan interesantes y oportunos
La metodología adecuada para aprender y realizar luego con niños y niñas
La profundización y vivencia que se hizo sobre cada uno de los temas propuestos
La participación de todos
El excelente trabajo de Santiago y Leidy
La integración , la alegría, la disponibilidad para realizar el encuentro
La atención de la casa
El material que se recibió
La participación de los Salesianos

Qué pesar...
Que no hayan participado más FMA y SDB religiosos y laicos
No haber visto cómo tratar a los niños en cada etapa

Qué tal si...
Realizamos la Segunda Etapa
Transmitimos a otros lo que aprendimos
Si nos envían las memorias al correo