30 luglio 2011

Rifugiati: Il popolo dei disperati.

28 luglio, il 60° della Convenzione ONU
Roma - L’auspicio che il 60° anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite sullo status dei rifugiati “possa dare slancio alla realizzazione di un vero sistema comune di asilo europeo”. Ad esprimerlo è stato, nel 60° anniversario della Convenzione, l’Alto Commissario ONU per i rifugiati António Guterres, facendo notare che “le cause dei movimenti forzati di popolazione si stanno moltiplicando”, e “le persone sono costrette alla fuga non solo da guerre e persecuzioni, ma dall’estrema povertà e dall’impatto dei cambiamenti climatici. Fattori sempre più correlati”. L’anniversario, sottolinea una nota dell’Alto Commissariato ONU (UNHCR), vede un panorama nel quale “sono i Paesi in via di sviluppo ad ospitare la stragrande maggioranza dei rifugiati”.

La Convenzione ONU sullo status dei rifugiati è stata adottata formalmente il 28 luglio 1951 per risolvere il problema dei rifugiati in Europa in seguito alla seconda guerra mondiale. Il Trattato internazionale fornisce la definizione di rifugiato – persona con il fondato timore di essere perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche – ed enuncia i diritti e i doveri fra Paesi ospitanti e rifugiati. Fondamento giuridico dell’attività dell’UNHCR, la Convenzione ha consentito in questi 60 anni all’agenzia ONU di aiutare milioni di persone sradicate dalle proprie terre a ricominciare una nuova vita. Essa rappresenta ancora la pietra miliare per la protezione dei rifugiati, tuttavia, sottolinea l’UNHCR, dopo sei decenni “caratterizzati da enormi cambiamenti, oggi si trova di fronte a sfide senza precedenti”. In Somalia “da gennaio oltre 170 mila persone sono fuggite nei Paesi confinanti a causa della carestia e dell’insicurezza. Un milione di persone ha lasciato la Libia sconvolta dalla guerra, fra loro richiedenti asilo e rifugiati ma anche migranti economici in cerca di una vita migliore altrove”.
“È necessario – afferma Guterres – che i meccanismi di gestione delle frontiere permettano a chi teme per la propria vita o per la propria libertà di trovare protezione. Allo stesso tempo, dobbiamo trovare sistemi innovativi per colmare i gap sempre più evidenti nel sistema di protezione internazionale e promuovere i valori della tolleranza e dell’inclusione anziché la paura e il sospetto”. A dare ragione all’Alto commissario sono i dati UNHCR, secondo i quali l’80% dei rifugiati nel mondo è ospitato dai Pvs, e le recenti crisi in Somalia, Libia e Costa d’Avorio hanno ulteriormente aggravato questo carico. Mentre l’Africa orientale sta lottando per fronteggiare la peggiore siccità degli ultimi 60 anni, Kenya, Etiopia e Gibuti hanno accolto quasi 450 mila rifugiati somali, numero che sale di giorno in giorno. In un contesto caratterizzato dalle turbolenze della primavera araba, Tunisia ed Egitto hanno accolto la stragrande maggioranza delle persone in fuga dalla Libia mentre la Liberia, in lenta ripresa da anni di guerra civile, sta ospitando più di 150 mila ivoriani fuggiti dalla violenza post-elettorale e dalla situazione di incertezza del loro Paese. Sconfortante il confronto con l’Europa: l’anno scorso, spiega l’UNHCR, “i 27 Paesi UE hanno accolto, tutti insieme, appena 243 mila domande di asilo, il 29% circa del numero totale di domande nel mondo”. Da qui l’appello di Guterres: “Di fronte a queste persone, a tutti i rifugiati, e a se stessa, l’Europa ha il dovere di difendere i valori della Convenzione” dal momento che “l’UE ha la capacità di ampliare la propria sfera di responsabilità verso i rifugiati e i richiedenti asilo”.
“Al momento – osserva – un vero sistema di asilo comune sembra difficilmente realizzabile, dato che persistono differenze fra Stati membri sull’accoglienza e il trattamento dei richiedenti asilo. Ci auguriamo che il 60° anniversario della Convenzione” possa “dare slancio alla realizzazione di un vero sistema comune di asilo europeo”. L’Europa, aggiunge, “potrebbe anche fare di più per il reinsediamento dei rifugiati”.
La Danimarca è stata il primo Paese a ratificare la Convenzione. Oggi sono 148 (tre quarti dei Paesi del mondo) gli Stati parte della Convenzione e/o del Protocollo del 1967 che ne ha rimosso le restrizioni geografiche e temporali. Ma nel Sud e Sud-Est asiatico e in Medio Oriente la maggior parte degli Stati non ha ancora proceduto alla ratifica. Nel prossimo dicembre l’agenzia ONU convocherà un incontro dei ministri degli Stati parte che potranno riaffermare i loro obblighi nei confronti della Convenzione e impegnarsi in azioni concrete a favore di rifugiati e apolidi. Nel frattempo l’UNHCR ritiene che anche una sola persona costretta a fuggire da guerre o persecuzioni sia troppo, e lancia la campagna "1" (http://www.unhcr.org/do1thing), per “diffondere storie di singoli rifugiati” e “umanizzare un problema troppo spesso ridotto a numeri”. Tre i “pilastri” dell’iniziativa: “Learn, spread the word, give”, per imparare dalle testimonianze, diffonderle e sensibilizzare sull’emergenza e, infine, contribuire finanziariamente o dando la propria disponibilità al volontariato presso l’UNHCR. (SIR)

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