31 luglio 2014

18 Domingo T.O. Ciclo A


IV Congresso Missionario Nazionale

Presentazione del IV Congresso Missionario Nazionale che si terrà a Sacrofano dal 20 al 23 novembre 2014. L'intervento di don Alberto Brignoli dell'Ufficio per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese della CEI.


30 luglio 2014

IV Congresso Missionario Nazionale

Presentazione del IV Congresso Missionario Nazionale che si terrà a Sacrofano dal 20 al 23 novembre 2014 con il tema "Alzati, va a Ninive la grande città... dove il vangelo si fa incontro." L'intervento di S. E. Mons. Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione episcopale per la cooperazione tra le chiese della CEI.


29 luglio 2014

Giovani in missione...

Carissime sorelle,
anche quest’anno siamo vicini alla partenza dei nostri gruppi in missione che andranno in Madagascar, nello Zambia e in Benin.
Sono giovani belli che provengono da diverse case dell’ispettoria: Aosta, Chieri, Cumiana, Giaveno, Nizza, To- Via Cumiana, To – MA 27, Oglianico.
Vi allego qui sotto le date e i nomi che compongono ogni gruppo e li AFFIDO alla vostra preghiera.
GRAZIE !

Gruppo MADAGASCAR – Betafo
Periodo: 19 luglio – 15 agosto

Casalis suor Paola
Brazzale Martina, Di Ciuccio Gabriella, Guareri Lisa, Innocenti Sara, Morra Marco, Pitzalis Mattia, Rosso Federica, Toffanin Elena.

Gruppo ZAMBIA - Luwingu
Periodo: 21 luglio – 19 agosto

Belloro suor Liliana
Bariselli Sara, Basiolo Marta, Cacace Vittoria, Issoglio Maurizia, Maccarrone Chiara, Manco Chiara.

Gruppo BENIN - Cotonou
Periodo: 29 luglio – 24 agosto

Panizzolo suor Giuseppina
Amedeo Gabriele, Cristiano Serena, Laganaro Marcello, Lanci Gemma, Schinetti Aurora.

Buone vacanze!

Suor Anna Maria GEUNA

Pastorale Giovanile – Animazione Missionaria Ispettoria IPI “Maria Ausiliatrice”

Padre Dall’Oglio, un ricordo che non muore

A un anno di distanza dal rapimento, si moltiplicano le testimonianze di solidarietà, mentre restano oscuri autori e movente della sua cattura. Il direttore di “Popoli”: la sua è stata una voce profetica

È passato un anno dal 29 luglio 2013, giorno del rapimento del gesuita Paolo Dall'Oglio, nel nord della Siria: un evento che suscitò un’eco mediatica notevole, sia per la caratura del personaggio in questione, sia per il significato simbolico, assai preoccupante, dell’atto: l’ennesima tappa di un progressivo incancrenirsi della crisi siriana.
In questi mesi, si sono moltiplicati gli appelli per la liberazione di padre Dall’Oglio e le iniziative di solidarietà con il religioso, fondatore del monastero di Deir Mar Musa. Anche in occasione dell’anniversario del 29 si celebreranno Messe in varie parti d’Italia: a Roma alle ore 18.30 nella chiesa di S. Giuseppe in via Nomentana (via Francesco Redi 1) e a Verona alle ore 18.30 nella chiesa di san Bernardino. Anche a Parigi si terrà una celebrazione eucaristica dedicata a padre Dall’Oglio, a riprova del fatto che il suo caso ha assunto una rilevanza internazionale.
Quanto ad autori e dinamiche del rapimento, a un anno di distanza non vi sono certezze di nessun genere. Da più parti si afferma che dal 29 luglio 2013 Dall’Oglio sia nelle mani di miliziani qaedisti che controllano la regione settentrionale di Raqqa. La verità è che in questi mesi si sono ripetutamente accavallate voci incontrollate (e sin qui rivelatesi false) sui responsabili del rapimento e sulle stesse condizioni di padre Paolo. L’ultimo caso è di metà giugno: un quotidiano libanese – sostenitore degli sciiti filo-Iran di Hezbollah, in lotta con i qaedisti che in Siria combattono a fianco delle truppe del presidente-dittatore Bashar al Assad – ha diffuso la notizia secondo cui una non meglio precisata “delegazione italiana” avrebbe incontrato Dall’Oglio.
L’ennesima menzogna in quello che Lorenzo Trombetta, corrispondente dell’Ansa da Beirut, ha definito «un supplizio di voci che, in modo sempre più insistente e contrastante, si accavallano da mesi sulla sorte del gesuita italiano».
Interpellata invano la famiglia Dall’Oglio – che si trincera dietro un comprensibile, amaro silenzio (ma oggi i familiari hanno diffuso un appello) – Vatican Insider ha raggiunto Stefano Femminis, direttore di “Popoli”, magazine internazionale dei Gesuiti italiani. «In questi mesi la nostalgia per padre Paolo e l’angoscia per le voci, a volte tragiche ma mai verificabili sul suo destino, sono state una compagnia costante. Il pensiero va a lui quasi automaticamente quando si leggono le notizie sulla Siria che sprofonda sempre più nell’orrore».
Continua Femminis: «Una cosa mi colpisce, soprattutto: se si rileggono molte delle cose dette e scritte da padre Paolo, anche su “Popoli”, si può dire che è stato davvero profetico, suo malgrado. Penso per esempio a quando - già anni fa - avvertiva che, lasciandosi prendere da un’istintiva paura dell’islam e facendo mancare il sostegno politico e morale alla parte sana della ribellione anti-Assad, si sarebbe fatto il gioco degli estremisti: ebbene, è proprio quello che sta succedendo, con il trionfo dei terroristi dell’Isis (anche in Iraq) e il contemporaneo rafforzamento di Assad». Una lettura, questa sostenuta anche da chi – come Domenico Quirico, inviato della “Stampa”, anch’egli ostaggio per cinque mesi in Siria – si è misurato di persona con la drammatica complessità della situazione siriana.
«Abbiamo bisogno di padre Paolo – continua Femminis - della sua apertura mentale e spirituale, del suo amore per il dialogo portato alle estreme conseguenze (gli uomini di dialogo non hanno mai fatto una bella fine, nella storia), delle sue parole magari un po' sopra le righe ma sempre autentiche. Soprattutto, credo che la Siria abbia bisogno di lui. Io continuo a sperare che torni presto».
Rileggere oggi i testi di padre Dall’Oglio assume, in effetti, un significato del tutto particolare. A chi prenda in mano il suo libro più recente, “Collera e luce. Un prete nella rivoluzione siriana” (Emi 2013) può capitare di imbattersi in un passo come questo: «O ci mettiamo sulla strada della differenza oppure sulla strada della morte. O si accetta la differenza oppure la si sopprime. La Siria è, da questo punto di vista, un luogo altamente centrale e simbolico. Non si tratta qui soltanto di un povero popolo abbandonato nell’est del Mediterraneo, bensì di questioni che sono di urgente attualità ovunque nel mondo. Dibattendo della Siria, tu e il tuo vicino, cristiano, musulmano, ebreo o altro, è di voi che parlate: discutete delle vostre stesse relazioni».


IV Convegno Missionario Nazionale


Il Convegno, organizzato dall'Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese della Conferenza Episcopale Italiana, assieme alla fondazione Missio, sezione delle Pontificie Opere Missionarie,  e alla fondazione Cum (Centro Unitario Missionario), si rivolge agli operatori della pastorale missionaria e a coloro che collaborano a rendere le comunità ecclesiali più aperte all'evangelizzazione dei popoli e alla missione. 

Obiettivi generali

1) Valorizzando la ricchezza delle nostre esperienze missionarie, riaccendere la passione e rilanciare la dedizione dei singoli e delle comunità cristiane per la missio ad gentes e inter gentes in attuazione della sequela di Gesù, che sempre comporta l’apertura a tutti, a partire dai poveri (missione “lontano”).

2) Studiare nuovi modi e stili di presenza missionaria nella nostra realtà (missione “ai lontani”), a partire dalla considerazione che la missione non è uno degli impegni della pastorale, ma il suo  costante orizzonte e il suo paradigma per eccellenza.

Obiettivi intermedi

1) Offrire alle Chiese locali nuove modalità di presenza sul territorio e nuovi strumenti concreti di animazione – formazione cooperazione missionaria che facciano riscoprire la gioia e l’importanza della missio ad gentes (in particolare, la valorizzazione della figura del sacerdote e del laico “Fidei Donum”; l’interdiocesanità dell’attività missionaria; la coordinazione con ogni forza missionaria presente sul territorio; l’importanza del lavoro di équipe all’interno dei Centri Missionari Diocesani);

2) Elaborare concrete proposte di esperienze pastorali che rappresentino il contributo del mondo missionario italiano alla Chiesa riunita nel prossimo Convegno Ecclesiale di Firenze (9-13 novembre 2015).

Il logo del convegno 

E' opera del pittore Umberto Gamba di Bergamo, che lo ha elaborato sulle indicazioni tematiche fornitegli dalla Commissione preparatoria, e ne ha affidato la veste grafica all’architetto Angelo Iacovitti, collaboratore di Missio. 
Al centro del disegno, messo in dinamismo da una freccia che indica l’andare, è collocato Giona, individuo e insieme rappresentante di un popolo che (a volte in ombra, a volte parte della sua persona e della sua iniziativa), è inviato da Dio alla città, simboleggiata dagli alti grattacieli della modernità ma anche dalla bassezza delle periferie (“…dal più piccolo al più grande…”), nei porticati delle quali molta gente vive la propria ordinaria esistenza.
È la mano di Dio che prende l’iniziativa, inviando ma anche rassicurando: e se il quadro di azione è la Croce (la sofferenza dell’annuncio, la crisi), la prospettiva finale è l’alba del Nuovo Giorno (il primo dopo il sabato). Tutto, avvolto in un colore/ calore rosso e giallo che richiama il fuoco della missione e il sole del Risorto che riapre alla Speranza.


Sito ufficiale del IV Convegno Missionario Nazionale

25 luglio 2014

Migranti: 800 morti nel 2014

Roma - Solo quest’anno oltre 800 persone sono morte nel Mediterraneo, 600 nel 2013 e 500 nel 2012. Negli ultimi dieci giorni più di 260 sono affogati o ancora dispersi. L’aggiornamento del bollettino di una guerra non dichiarata ma condotta a pieno regime dai trafficanti di uomini arriva dall’ACNUR, che ancora una volta invita gli Stati europei ad «aumentare la disponibilità e la qualità delle strutture di accoglienza che ricevono le persone soccorse e di identificare soluzioni a lungo termine per i rifugiati che includano il reinsediamento, l’ammissione per ragioni umanitarie, regimi di ammissione sulla base di sponsor privati, l’accesso agevolato al ricongiungimento familiare e l’utilizzo di visti per motivi di studio o lavoro».
Solo il 19 e 20 luglio le autorità italiane e maltesi, con l’aiuto di diversi mercantili, hanno tratto in salvo ottomila persone. «La morte di 260 persone in meno di dieci giorni, nelle più orribili delle circostanze, è la prova che la crisi del Mediterraneo si sta intensificando », ha affermato António Guterres, alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. «Gli Stati Europei – ha detto – devono adottare misure urgenti per fermare questa catastrofe, che sta peggiorando nella seconda metà del 2014».
I sopravvissuti hanno riferito di sconvolgenti episodi, tra cui annegamenti di massa, soffocamenti e accoltellamenti multipli. La traversata può durare fino a quattro giorni, a seconda delle condizioni meteo e del tipo di imbarcazione. A volte le persone sono rimaste disperse in mare per oltre due settimane prima di essere soccorse. 


«Queste tragedie sono la prova - afferma l’ACNUR - che la crisi nel Mediterraneo si sta intensificando, dal momento che molte persone in fuga dall’Eritrea, dalla Siria e da altri paesi dilaniati dalla violenza cercano sicurezza in Europa, rischiando la vita in mare mettendosi nelle mani di trafficanti». 


Nel primo semestre del 2014 più di 75 mila rifugiati e migranti sono arrivati via mare in Italia, Grecia, Spagna e Malta: il 25% in più rispetto ai 60 mila che hanno compiuto lo stesso percorso nel 2013 e oltre tre volte le 22.500 persone arrivate nel corso del 2012. L’Italia è stata il Paese con il maggior numero di arrivi (63.884), seguita dalla Grecia (10.080), dalla Spagna (1.000) e da Malta (227). A questi si aggiungono poi altri 21 mila profughi giunti in Italia dal primo luglio. La maggior parte proviene da Eritrea, Siria e Mali ed è partita dal Nord Africa, principalmente dalla Libia. Nei primi sei mesi del 2014 sono arrivati nel nostro Paese 10.563 minori, 3 .676 dei quali provenienti dalla Siria.
L’ACNUR ha fatto sapere di «accogliere con favore gli sforzi delle autorità Europee, in particolare l’Italia, nel portare avanti operazioni di soccorso nel Mediterraneo, ed esorta gli Stati a continuare a rispettare i loro obblighi derivanti dalla normativa internazionale sui rifugiati e dalla legge del mare». Gratitudine è stata rivolta anche agli armatori che con navi private non si sono sottratti a difficili interventi di soccorso, ad essi è chiesto «di rimanere vigili e continuare a svolgere il loro dovere soccorrendo le imbarcazioni in difficoltà».
(Nello Scavo – Avvenire)

Home Mission

I am Sr. Kumplankal Anne belonging to Sacred Heart Province Bangalore. Now I am in Auxilium Centre, Palluruthy Chochin 682 006 India.
Well, I hope you will be very happy to know about Home Mission, a program organized by the Family Apostolate Department of the diocese of Cochin, this being the year of the family. The Director of this department Fr. Peter Chadyangad consulted 37 Provincials of 37 congregations and 32 superiors agreed to give a sister each from each congregation for a year (May 2014 to May 2015). Accordingly 32 of us were given training from 26th May to 31 May 2014. The Congregation of Sisters of Nazareth were the facilitators. After the training we 24 of us were divided into 12 teams and the rest were kept as substitutes.
The parishes which requested our service arranged the families for the visit. A family is allotted with two hours and a team has to visit 4 families per day. There is flexibility in the time arrangement. We begin our work at 9.00 a.m. and conclude by 6.00 p.m. There is adoration in the parish simultaneously by the parishioners for the success of the visit. As per the time schedule all the members of the family are asked to be in the house. There is great co-operation from the parish priests, family unit leaders and all those who are related to it. We are accommodated in convents or in private houses. Wednesdays are holidays and we return to our own communities.
On 1st June we began our mission in St. Joseph’s parish, Kumblanghi, Cochin. Then we proceeded to St. Joseph’s Kumblam and St. Lawrence Edakochi. With these three parishes we covered 1712 families. Now we are in St. Francis Xavier Parish, Eramalloor, Cochin.
We greet the members of the family as we enter a home and chat with them for a while and then invoke the Holy Spirit to guide us and inspire the members of the family. Then we meet one by one and if necessary again all the members of the family for a discussion. We give addresses or phone numbers of retreat centers, counseling centers, hospitals, etc. to people for their comfort and healing. Then we have a common prayer to intercede for their needs and the reading of a Scripture passage for their further prayer and reflection. The result is amazing and wonderful. The faith of the people, their life of deep prayer experience, the endurance of children and wives to the lawlessness of the head of the family with faith, financial reveres, malignant diseases, etc. are a real eye-opener and an inspiration to us. Reconciliation between the members of the family, their coming back to the sacrament of confession, their agreement to participate to Sunday Mass, and their good will to stop drinking, etc. everything takes place during the visit. During the hours of our visit, parish priests are ready in the parish to hear confession and also to listen and help solve problems. An extra confessor is arranged for one of the days of the visit. Youngsters express their willingness to give up drugs, drinking, sexual abuse and other evils. [...].
The openness of the people surprises us. They share everything in depth, and especially women who wait for a chance to communicate, find much relief. I can really say: God is at work. Some people, who try to escape the visit with us, are brought home – not by chance - by the Lord. People, who did not go for confession for years, went for the sacrament of reconciliation. Those who were not in good terms and unable to talk, met and began a dialogue. Some agree to set right their marriage.
Here is an example of God’s intervention. A drunkard, who went to work on the day of our visit, experienced a miracle. He went to work fearing his two sons who are also drunkards would abuse him in front of their sisters. He thought he would be blamed for his sons’ life too. When the sisters were at home, this man had the inspiration, in his workplace, to stop drinking. In the evening, after working, he went to the parish and told the priest that at the very moment when the sisters were at his home praying, he had the inspiration to stop drinking. He went home and firmly resolved to stop drinking.
We have numerous stories and examples of this type to narrate. We are welcomed very well, appreciated and encouraged very much by the people. We are booked for family visits till 20th May 2015. We entrust ourselves and our mission to your prayers that we may bring Jesus and His Word to His own people.

Sr. Anne Augustine Kumplankal
Secretary of Home Mission
INK Province

24 luglio 2014

IMMIGRAZIONE, BOLDRINI E ALFANO: «MARE NOSTRUM NON BASTA PIÙ»

A Montecitorio, il presidente della Camera e il ministro dell'Interno intervengono sull'emergenza immigrazione e chiedono l'intervento della Ue per tutelare i richiedenti asilo in fuga dalle guerre di Africa e Medio Oriente: «Mare Nostrum non basta più»

Offrire ai migranti la possibilità di presentare domanda d'asilo già nei Paesi di transito e poi rilasciare il visto per il Paese di destinazione disponibile. E poi affidare a Frontex, l’agenzia Ue per il controllo delle frontiere esterne dell’Unione europea, anche compiti di soccorso in mare affiancando il lavoro della Marina Militare impegnata nell'operazione Mare Nostrum. Infine, creare una figura di coordinamento dei corpi militari dei vari Paesi europei per poter svolgere al meglio soccorso e prima accoglienza agli immigrati che arrivano sulle nostre coste. Sono le tre proposte lanciate dal presidente della Camera Laura Boldrini nel seminario organizzato martedì pomeriggio a Montecitorio “Prima di prendere il mare. Dal reinsediamento all'ammissione umanitaria” sull'emergenza immigrazione che da mesi assedia il nostro Paese nell'indifferenza dell'Europa.
Nella Sala della Regina c'erano anche il ministro degli Interni, Angelino Alfano, il sottosegretario agli Esteri, Mario Giro e il presidente della commissione Diritti Umani del Senato, Luigi Manconiche si è augurato che la gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo diventi «la priorità assoluta del semestre italiano di presidenza dell'Ue».
Sul banco degli imputati, ancora una volta, l'Europa inconcludente e che continua a girare la testa dall'altra parte. «Una cattiva gestione dei flussi migratori da parte dell'Europa provocherà un'ondata xenofoba pericolosissima», spiega Alfano che su Mare Nostrum è chiaro: «È nata come un'operazione a tempo, va interrotta. Ma solo quando subentrerà l'Europa con mezzi adeguati».
Una sorta di Frontex rafforzata, è l'auspicio del ministro che spiega come «il mio approccio al tema» sia «cambiato vedendo 300 bare in fila a Lampedusa».
«Nel Mediterraneo», ha spiegato Boldrini, «è in corso una vera e propria guerra fra le persone e il mare che causa ogni anno migliaia di morti e di dispersi». Chi vorrebbe la chiusura immediata dell'operazione Mare Nostrum dice di fermare i migranti sulle loro spiagge. Facile a dirsi, ma in buona parte si tratta di profughi in fuga da guerre e conflitti e, come tali, hanno pieno diritto alla protezione internazionale. I numeri, d'altra parte, parlano chiaro: dei 61.500 immigrati sbarcati in Italia dal 1° gennaio al 30 giugno di quest'anno la maggior parte arrivano da Eritrea (13.000), Siria (6.620) e Mali (4.310).
Laura Boldrini insiste su questo punto: «Il 2013 da questo punto di vista è stato un annus horribilis», afferma, «50 milioni di persone, provenienti dal Sud del mondo, sono state costrette a lasciare il proprio Paese dilaniato da conflitti e carestie. Dobbiamo inquadrare il fenomeno per capirlo bene. Mare Nostrum è stata l'unica risposta all'inerzia dell'Europa».
Per la presidente della Camera l'Ue dovrebbe anche attuare la Direttiva europea 2001/55 per la protezione internazionale temporanea: «Finora non è mai stato fatto ma adesso», dice, «le condizioni ci sono tutte».
L'obiettivo, insomma, è aiutare i migranti ed evitare che si rivolgano agli scafisti: «Oggi queste persone per poter chiedere asilo devono mettere a rischio la propria vita affidandosi ai trafficanti», conclude Boldrini. «Di certo l’apprezzabile sforzo messo in atto dalla Marina Militare e da tutti i corpi dello Stato con l’operazione Mare Nostrum ha contenuto la perdita di vite umane. Ma, per quanto meritoria, Mare Nostrum non basta. È necessario offrire alle persone bisognose di protezione un’alternativa percorribile che non metta a rischio la loro vita». In nove mesi i nostri marinai hanno salvato sulle navi di pattuglia nel Mediterraneo circa sessantamila migranti. I morti sarebbero stati migliaia e migliaia di più. Una magra consolazione.

17. Domingo T.O. - Ciclo A


23 luglio 2014

AMERICA/BRASILE - Missione per liberare: una sfida per l’evangelizzazione; iniziata la Campagna Missionaria 2014


Brasilia - E' già in movimento in Brasile la macchina della Campagna Missionaria 2014 in vista della Giornata Missionaria Mondiale, che si celebrerà il 18 e 19 ottobre. Il tema centrale è "Missione per liberare", che riprende la Campagna di Fraternità di quest’anno (vedi Fides 4/03/2014) sulla tragica realtà della tratta di esseri umani. “Le vittime di questo crimine rappresentano una delle forme più brutte della schiavitù moderna" sottolinea la nota inviata all’Agenzia Fides dalle Pontificie Opere Missionarie (POM) del Brasile. 
Il materiale per l’animazione è già stato inviato a tutte le diocesi e prelature del Brasile, ed è anche disponibile sul sito delle POM. Si possono scaricare articoli di riflessione, poster, il libretto per la novena, video con testimonianze, il Messaggio del Papa per la Giornata Missionaria, la preghiera missionaria, preghiere dei fedeli, buste per la raccolta delle offerte, depliant e altri sussidi.
La Campagna Missionaria, che sarà intensificata nel mese di ottobre, è organizzata dalle POM del Brasile, in collaborazione con la Conferenza Episcopale (CNBB) attraverso la Commissione per l'Azione Missionaria e la Cooperazione Interecclesiale, la Commissione per l'Amazzonia e altre organizzazioni che compongono il Consiglio Missionario Nazionale (Comina).

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Zanotelli: “Io, convertito dai poveri”

In occasione del cinquantesimo di sacerdozio, il comboniano Alex Zanotelli, il più noto missionario d’Italia,76 anni, di racconta al settimanale “Credere”

«I poveri mi hanno convertito». Si intitola così l’intervista di Gerolamo Fazzini a padre Alex Zanotelli, comboniano, 76 anni, che esce su “Credere”, in edicola da domani con in copertina proprio il volto del più noto missionario d’Italia. In essa Zanotelli rivisita mezzo secolo di vita missionaria: in Africa (dapprima Sudan, poi Kenya), alla direzione dell’agguerrito mensile “Nigrizia” e, oggi, nel cuore di Napoli. Pochi giorni fa padre Alex ha celebrato il cinquantesimo di sacerdozio a Verona e nel suo paese natale, Livo, in Trentino.
E’ un’intervista insolita, questa, perché in essa Zanotelli parla molto di sé, della sua fede e della vocazione missionaria, nata «da ragazzino in Val di Non, all’indomani di un incontro con un comboniano: io ero uno dei peggiori della classe, ma avevo dentro un forte desiderio di donare la vita. Da lì è nato l’amore per Comboni. La mamma, una delle persone più altruiste che abbia mai conosciuto, mi ha appoggiato. Papà, invece, non era molto contento della mia scelta, almeno all’inizio».
Zanotelli spiega di essere stato convertito dai poveri perché «nella mia esperienza missionaria ho toccato con mano che, come dice il Papa, noi annunciamo il Vangelo, ma Dio è già lì, ci precede sempre».
A una domanda sul crollo delle vocazioni risponde che «una delle principali ragioni è che il consumismo ha portato a un azzeramento dei valori fondamentali» e ora diventa più che mai necessario, per i giovani «misurarsi con le domande importanti sulla vita». Ma, alla radice della crisi missionaria, spiega, c’è una crisi profonda di fede: «Manca spesso una conoscenza profonda di Gesù. La nostra è rimasta, in molti casi, una religiosità di superficie. Una seria animazione giovanile deve, quindi, proporre cammini di fede autentici. Ma guai se abbandonassimo questo campo solo perché oggi non ci sono vocazioni dall’Europa!».
In vista del Convegno missionario nazionale, in programma a novembre a Sacrofano, Zanotelli lancia un j’accuse preciso: «Sono molto preoccupato per il futuro: la spinta missionaria in Italia sta languendo. Ma il Papa, nell’Evangelii gaudium, ci stimola a “uscire”. Come fare? La spinta al cambiamento non viene da ragionamenti o da discussioni teologiche, ma dalla testimonianza concreta di gente che sa rischiare. Abbiamo bisogno di testimoni. I giovani questo chiedono, altrimenti non sono interessati: vogliono vedere scelte controcorrente e, quando questo accade, si infiammano. Il problema di fondo della Chiesa italiana è che, come mi ha detto una volta il vescovo Ramazzini del Guatemala, siamo schizofrenici. Ovvero: in chiesa diciamo certe cose, fuori facciamo altro».
Staffilate decise arrivano, poi, dal comboniano circa l’uso dei beni. Zanotelli ne ha per tutti, istituti missionari compresi. «Possibile che, con tutte le case mezze vuote che abbiamo in giro per l’Italia, non riusciamo ad accogliere i migranti?». Ancora: «Oggi bisogna dire chiaramente che giocare con i soldi, sia in Borsa sia nel “gratta e vinci”, è immorale perché si accumula denaro senza lavorare. Inoltre abbiamo l’obbligo morale di sapere dove vanno a finire i nostri soldi, se le banche cui ci appoggiamo usano strumenti immorali, come paradisi fiscali e “derivati”, se finanziano il commercio di armi... Le nostre comunità cristiane purtroppo non applicano questa regola, le congregazioni religiose idem. Dovremmo mettere in crisi questo sistema economico, invece ci siamo dentro fino al collo».
Quanto all’appello di Francesco per “una Chiesa povera per i poveri” Zanotelli si dice «molto grato al Papa per i suoi messaggi, ma l’impressione è che ci siano resistenze. Vale anche per congregazioni e ordini religiosi e per noi missionari. Penso a certi conventi, che ancora accolgono solo poche persone, rinchiuse nelle loro mura. Cosa ci vuole a chiudere e spostarsi in zone degradate? Anche nel Nord del mondo ci sono dei Sud e molte occasioni per testimoniare una “Chiesa in uscita”».
L’ultima battuta dell’intervista è sulla stampa missionaria. «Non ho ricette particolari, se non questa: ritrovare il coraggio della denuncia. Come istituti missionari non siamo legati a nessun potere: dimostriamolo! In caso contrario, camminiamo con i poveri del Sud del mondo, ma di fatto rimaniamo legati al sistema».

The third celebration of independence


Has been greeted with mixed feelings: most of the people are still proud of their new freedom but many people are hurting from the death and divisions brought about by the internal conflict. The failure so far to resolve the underlying issues is an ongoing concern and all in South Sudan live with the unease created by uncertainty. Will a lasting peace prevail or will the violence spread? In many areas crops have not been planted and people face the prospect of starvation.
In response to the crisis, international aid efforts are being increased but with the poor roads in South Sudan it is always difficult to distribute food and other supplies during the wet season.
The need for peace, healing and reconciliation among the diverse tribes in South Sudan is great. Our presence encourages the people. Our programmers make progress possible. We have not gone away. Morale is high.  No-one enjoys the present uncertainty and threat of further violence but we continue to walk with the people in hopeful solidarity.

Br Bill Firman

19 luglio 2014

Comunidades amerindias de Ecuador sufren por derrame de petróleo

Después de desastre ambiental, cometido por la empresa Petroamazonas EP en el Río Aguarico, un curso de agua que se extiende a lo largo de 390 kilómetros por los territorios de Perú y Ecuador, una comisión del colectivo YASunidos, movimiento apartidario, autónomo y autogestor formado por diversos sectores sociales, hizo un recorrido a lo largo del lugar para averiguar la extensión de los impactos y verificar las condiciones en la que se encuentra la población afectada.
El río sufrió un derramamiento de petróleo el último 2 de julio, dejando por lo menos a 10 comunidades sin acceso al agua para actividades de pesca, cultivo, consumo e higiene, en el estado ecuatoriano de Sucumbíos. Según el colectivo, durante el trayecto, desde la comunidad Dureno hasta Zócalo, situada en la Reserva de Producción Faunística Cuyabeno, varios habitantes pertenecientes a las etnias amerindias cofán, kichwa y siona señalaron la presencia de grandes manchas de petróleo en bruto en por lo menos tres puntos diferentes.
Aún con esfuerzos de limpieza y recolección de la sustancia realizada por equipos de obreros y de protección, que intentan retirar el petróleo con recursos manuales, casi dos semanas después del desastre ya se observan efectos en la vegetación y playas de agua dulce, cercanas a las comunidades indígenas. Declaraciones de habitantes dan cuenta de que éste tal vez sea el mayor derrame de petróleo ocurrido en los últimos 20 años, señalando que la cantidad de material vertido en las aguas podría superar los 10 mil barriles de petróleo.
El Estado de Sucumbíos es uno de los principales de Ecuador en la producción de petróleo para exportación, y el Río Aguarico es uno de sus más importantes paisajes amazónicos. Según YASunidos, un funcionario de Petroamazonas EP, empresa pública ecuatoriana de explotación y exportación de hidrocarburos en el lugar, responsable de lo ocurrido, al ser consultado de manera extraoficial sobre la proporción del derrame, habría admitido que la cantidad se acercaría a los 15.700 barriles de petróleo en bruto.
Ribereños, en declaración a YASunidos, evalúan que la respuesta de la empresa frente al desastre ha sido insuficiente, además de que la presencia del Ministerio del Ambiente de Ecuador ha sido "prácticamente nula”. "En lo relativo a Petroamazonas EP, la empresa no ha facilitado información sobre los impactos que supone el evento para la salud de las poblaciones y las precauciones que deben tomar las comunidades frente a ello. La presencia de Petroamazonas EP se ha limitado a la entrega de ‘kits alimentarios’ en conjunto con un comité de crisis que han formado los gobiernos locales”, resume YASunidos.
Habitantes de la zona afectada indican que los equipos de relaciones comunitarias de la petrolífera ofrecen un trabajo temporal de limpieza como única forma de compensación social a las comunidades impactadas, además de no asumir públicamente la responsabilidad por la lesión socioambiental cometida. Por su parte, en relación con el Ministerio, testimonios de autoridades locales parroquiales señalan que el órgano no mandó personal al área afectada a fin de constatar la magnitud del desastre y evaluar las medidas necesarias para la contención de los efectos.

Daños ambientales, sociales y culturales

Petroamazonas EP aconseja que los pueblos ribereños no utilicen el agua durante dos años. Qué decir ante esto, ya que es innegable la importancia que para las comunidades locales tiene el agua en actividades de pesca, abastecimiento y cultivos, siendo fuente segura y no contaminada, gracias al Río Aguarico, el cual tiene gran valor cultural para los pueblos, como el cofán, siendo referencia en la historia de su origen y expansión.
De acuerdo con YASunidos, anteriormente a este nuevo hecho, la explotación de la petrolera estadounidense Texaco ya habría afectado gravemente una relación sagrada de la población con el río, ejecutando un sistemático proceso de expropiación de su valor simbólico y práctico como fuente de vida para el pueblo cofán. "No es admisible que la operación de Petroamazonas EP contribuya a profundizar nuevamente este proceso de separación, exclusión y despojo de las comunidades, en momentos en que los cofán intentan reconstruir sus relaciones con el territorio y los elementos que en él dan vida”, protesta el colectivo.

Traducción: Daniel Barrantes - barrantes.daniel@gmail.com

Commento al Vangelo 16. Domenica T.O.


18 luglio 2014

Verso un’autentica fraternità fra cristiani e musulmani

PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO
MESSAGGIO PER LA FINE DEL RAMADAN
‘Id al-Fitr 1435 H. / 2014 A.D.
Verso un’autentica fraternità fra cristiani e musulmani

Cari fratelli e sorelle musulmani,
E’ per noi una grande gioia porgervi le nostre sentite felicitazioni ed i migliori auguri in occasione dell’‘Id al-Fitr al termine del mese di Ramadan, dedicato al digiuno, alla preghiera e al soccorso dei poveri.
Lo scorso anno, il primo del Suo ministero, Papa Francesco ha firmato personalmente il Messaggio a voi indirizzato in occasione dell’‘Id al-Fitr. In un’altra occasione, vi ha anche salutato come "nostri fratelli" (Angelus, 11 agosto 2013). Tutti noi riconosciamo la pregnanza di queste parole. Infatti, cristiani e musulmani sono fratelli e sorelle dell’unica famiglia umana, creata dall’unico Dio.
Ricordiamo ciò che disse Papa Giovanni Paolo II ad alcuni capi religiosi musulmani nel 1982: "Tutti noi, cristiani e musulmani, viviamo sotto il sole di un unico Dio misericordioso. Crediamo tutti in un solo Dio Creatore dell’Uomo. Acclamiamo la signoria di Dio e difendiamo la dignità dell’uomo in quanto servo di Dio. Adoriamo Dio e professiamo una sottomissione totale a lui. In questo senso possiamo dunque chiamarci gli uni gli altri fratelli e sorelle nella fede in un solo Dio" (Kaduna, Nigeria, 14 febbraio 1982).
Rendiamo grazie all’Altissimo per tutto ciò che abbiamo in comune, pur essendo consapevoli delle nostre differenze. Noi percepiamo l’importanza della promozione di un dialogo fruttuoso basato sul reciproco rispetto ed amicizia. Ispirati dai nostri valori condivisi e rafforzati dai nostri sentimenti di genuina fraternità, siamo chiamati a lavorare insieme per la giustizia, la pace e il rispetto dei diritti e della dignità di ogni persona. Ci sentiamo particolarmente responsabili dei più bisognosi: i poveri, i malati, gli orfani, i migranti, le vittime della tratta umana e tutti coloro che soffrono a causa di ogni forma di dipendenza.
Come sappiamo, il mondo attuale deve affrontare gravi sfide che esigono solidarietà da parte delle persone di buona volontà. Queste sfide comprendono le minacce all’ambiente, la crisi dell’economia globale e alti livelli di disoccupazione specialmente fra i giovani. Tali situazioni generano un senso di vulnerabilità ed una mancanza di speranza nel futuro. Non dobbiamo neppure dimenticare i problemi affrontati dalle tante famiglie che sono state separate, lasciando i propri cari e spesso anche bambini piccoli.
Lavoriamo insieme, perciò, per costruire ponti di pace e promuovere la riconciliazione specialmente nelle aree in cui musulmani e cristiani subiscono insieme l’orrore della guerra.
Possa la nostra amicizia ispirarci sempre a cooperare nell’affrontare queste numerose sfide con saggezza e prudenza. In tal modo potremo aiutare a ridurre le tensioni e i conflitti, facendo progredire il bene comune. Dimostreremo pure che le religioni possono essere sorgente di armonia a vantaggio di tutta la società.
Preghiamo che la riconciliazione, la giustizia, la pace e lo sviluppo rimangano le nostre prime priorità, per il benessere ed il bene dell’intera famiglia umana.
Con Papa Francesco, vi rivolgiamo i nostri cordiali auguri di una gioiosa festa e di una vita di prosperità nella pace.

Dal Vaticano, 24 giugno 2014

Jean-Louis Cardinal Tauran
Presidente


P. Miguel Ángel Ayuso Guixot, MCCJ
Segretario


Il card. Tauran per la fine del Ramadan: costruiamo assieme ponti di pace

“Cristiani e musulmani sono fratelli e sorelle dell’unica famiglia umana”. E’ quanto sottolinea il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero per il Dialogo Interreligioso, nel messaggio in occasione dell’‘Id al-Fitr al termine del mese di Ramadan. Il porporato sottolinea che cristiani e musulmani sono chiamati a pregare e agire per la riconciliazione e la pace. Il servizio di Alessandro Gisotti
“Lavoriamo insieme” per “costruire ponti di pace e promuovere la riconciliazione specialmente nelle aree in cui musulmani e cristiani subiscono insieme l’orrore della guerra”. E’ quanto si legge nel messaggio del card. Tauran per la fine del Ramadan, nel quale il porporato ricorda in particolare l’importanza del “dialogo fruttuoso basato sul reciproco rispetto”. Possa “la nostra amicizia – è l’auspicio del porporato – ispirarci sempre a cooperare nell’affrontare” le numerose sfide dei nostri tempi “con saggezza e prudenza”.
“Ispirati dai nostri valori condivisi e rafforzati dai nostri sentimenti di genuina fraternità – soggiunge – siamo chiamati a lavorare insieme per la giustizia, la pace e il rispetto dei diritti e della dignità di ogni persona” e in particolare dei “più bisognosi”. In tal modo, sottolinea, “potremo aiutare a ridurre le tensioni e i conflitti, facendo progredire il bene comune”. Così facendo, soggiunge, “dimostreremo pure che le religioni possono essere sorgente di armonia a vantaggio di tutta la società”.
Preghiamo, prosegue il card. Tauran, che “la riconciliazione, la giustizia, la pace e lo sviluppo rimangano le nostre prime priorità, per il benessere ed il bene dell’intera famiglia umana”. Con Papa Francesco, conclude il messaggio, “vi rivolgiamo i nostri cordiali auguri di una gioiosa festa e di una vita di prosperità nella pace”.

Ma ascoltiamo il cardinale Jean-Louis Tauran, al microfono di Olivier Bonnel :
R. – Nous sommes tous des êtres crées ; nous nous reconnaissons comme frères et …
Siamo tutti esseri creati e ci riconosciamo come fratelli e sorelle della grande famiglia umana. Di fronte alle situazioni drammatiche e all’incertezza del futuro, noi riconosciamo i musulmani come fratelli e sorelle, e l’avvenire dipende dalla coesione di questa famiglia umana, dalla collaborazione tra queste due religioni. I cristiani e i musulmani vivono situazioni diverse ma vivono insieme e soffrono insieme. C’è stato quel bel discorso di Papa Giovanni Paolo II a Kadouna [Nigeria], nel 1982, quando disse: “Viviamo sotto lo stesso sole, adoriamo il Dio unico”. Credo che la fratellanza tra musulmani e cristiani sia importante, perché essa è la prova del fatto che non sono le religioni all’origine delle situazioni di incomprensione e di chiusura alle quali assistiamo. La religioni lavorano per la pace, il dialogo, la fratellanza. Il problema sono i loro seguaci. Noi dobbiamo perseverare più che mai sulla via del dialogo e non perdere nessuna occasione per costruire ponti là, dove viviamo.

D. – Quali sono i suoi sentimenti di fronte a quello che sta succedendo in Iraq?
R. – C’est un regard plein d’appréhension. …
Di grande preoccupazione. Non possiamo non scandalizzarci quando vediamo che i diritti fondamentali della persona umana sono calpestati, quando vediamo che l’odio distrugge tutto quello che è stato costruito a prezzo di tanti sacrifici. Tutto ciò è molto triste. Noi ci auguriamo che, rafforzati nelle loro convinzioni grazie al Ramadan, i nostri fratelli musulmani siano capaci di trovare delle strade che consentano loro di unirsi a quanti si impegnano a far prevalere il rispetto e la generosità sull’odio e sulla violenza. Nella fratellanza, è nostro dovere anche pregare per i responsabili delle società affinché nei loro cuori si diffonda la saggezza e l’intelligenza necessarie per risolvere questi problemi.

D. – In che modo cristiani e musulmani possono donarsi una speranza e un conforto comune di fronte a questa grande violenza?
R. – Dans la vie de chaque jour, d’abord: les Chrétiens et les Musulmans vivent …
Intanto, nella vita quotidiana: cristiani e musulmani vivono insieme, lavorano insieme … Il problema nasce quando le ideologie vengono a sconvolgere questa atmosfera. Ecco perché è necessario instillare questi valori a partire dalla famiglia, dalla scuola, dalla chiesa, dalla moschea, questi valori che sono il rispetto della persona umana, il rispetto della vita, il rispetto della proprietà altrui … E poi, per quanto riguarda i responsabili della società, è necessario rispettare le leggi internazionali. Noi abbiamo moltissime Convenzioni che ci consentono di risolvere ogni problema senza ricorrere all’uso delle armi …

D. – Secondo lei, le ideologie stanno guadagnando terreno, oggi, in particolare in Medio Oriente?
R. – Oui. Oui, sans doute. Una radicalisation des positions, qui est très dangereuse, …
Sì, senza dubbio sì. E’ in atto una radicalizzazione delle posizioni che è molto pericolosa. Ci troviamo in un’impasse: invece di andare avanti, andiamo indietro. Io credo sempre al potere del diritto internazionale, che troppo spesso è un valore sottovalutato. Se sono stati presi degli impegni, è necessario mantenerli. Credo che noi, in quanto credenti, abbiamo due strumenti magnifici che ci ha donato Dio: l’intelligenza per comprendere e il cuore per amare, per trasformare il mondo. Però, bisogna farlo tutti insieme.

http://it.radiovaticana.va/            

AMERICA/BRASILE - Il primo “Congresso nazionale cattolico on line” per chi lavora nell’evangelizzazione

Manaus – “Crediamo che i cattolici che abitano internet e le reti sociali, siano una forza nuova capace di sostenere iniziative concrete con l’unico obiettivo di promuovere il Vangelo e la formazione individuale”: è l’idea che anima i promotori del “Congresso nazionale cattolico online” (Conacat), il primo nel suo genere organizzato in Brasile, che vuole rispondere ai ripetuti appelli lanciati da Papa Francesco a costruire una cultura dell’incontro, ed avrà quindi per tema “Tutti per la cultura dell’incontro”. Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides, l’evento, con 42 relatori e una durata di sette giorni, dall’11 al 17 agosto, sarà completamente gratuito. Sarà coordinato dal giornalista Wagner Moura, con il sostegno del Vicepresidente della Conferenza Episcopale Brasiliana (CNBB), Sua Ecc. Mons. José Belisario da Silva, Arcivescovo di São Luis do Maranhão, il quale in un video-invito a partecipare ha sottolineato: “sarà un Congresso molto importante, con temi che interessano tutti coloro che lavorano per l’evangelizzazione”. 
Gli interventi dei relatori ruoteranno su quattro temi principali: comunicazione, impegno politico, giovani, arte e design. Ogni giorno verranno proposti via internet sei video con altrettante relazioni, secondo un orario prestabilito. Tra i relatori figurano sacerdoti, docenti universitari, seminaristi, membri di movimenti e aggregazioni ecclesiali, giornalisti, professionisti ed esperti di comunicazione, politici, designer, fotografi… Le lezioni saranno gratuite ma saranno anche disponibili per chi desidera acquistarle: il ricavato servirà ad aiutare due organizzazioni che si occupano di madri a rischio sociale.

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·         Il sito del Conacat



AMERICA/BRASIL - El primer “Congreso Nacional Católico Online” para aquellos que trabajan en la evangelización

Manaus – “Creemos que los católicos que se mueven en Internet y en las redes sociales, son una nueva fuerza capaz de apoyar iniciativas concretas con el único propósito de promover el evangelio y la formación individual”: es la idea que anima a los promotores del “Congreso Nacional Católico Online” (Conacat), el primero de su tipo organizado en Brasil, que quiere dar respuesta a los reiterados llamamientos del Papa Francisco a construir una cultura del encuentro, y que tendrá por lema “Todos por una cultura del encuentro”. Según la información recibida por la Agencia Fides, el evento, con 42 relatores y una duración de siete días, del 11 al 17 de agosto, será completamente gratis. Estará será coordinado por el periodista Wagner Moura, con el apoyo del Vice-Presidente de la Conferencia de Obispos de Brasil (CNBB), Mons. José Belisario da Silva, arzobispo de Sao Luis do Maranhao, quien en un vídeo de invitación ha destacado que “el Congreso será una muy importante, con temas que afectan a todos los que trabajan por la evangelización”.
Las ponencias girarán en torno a cuatro temas principales: la comunicación, la participación política, los jóvenes, arte y diseño. Todos los días se ofrecerán a través de Internet los seis vídeos con la mayoría de las ponencias, siguiendo un horario preestablecido. Entre los relatores figuran sacerdotes, profesores universitarios, seminaristas, miembros de movimientos eclesiales y asociaciones, periodistas, profesionales y expertos en comunicación, políticos, diseñadores, fotógrafos... Las lecciones son gratis, pero también estarán disponibles para aquellos que quieren comprarlas: los fondos se utilizarán para ayudar a dos organizaciones que se ocupan de las madres en situación de riesgo social.

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Experiencia Misionera

En este año centenario de la pascua de Madre Ángela Vallese (+17.08.1914) como Inspectoría queremos prepararnos mejor, renovar el impulso misionero de los orígenes y acompañar a las jóvenes a abrirse al compromiso y la misión.
El Ámbito de Misiones y el Ámbito de Pastoral Juvenil están preparando la experiencia misionera que quiere ser un modo de agradecer al Señor por haber regalado a América tantas Hermanas que en la primera hora del Instituto en estas tierras dieron incansable y generosamente sus vidas. Sor Ángela Vallese llegó a  América a los 23 años al frente de la primera expedición misionera y sembró en nuestras tierras el carisma salesiano. Que como ella y haciendo eco al llamado del Papa Francisco tengamos el valor de salir allí dónde el Señor y los jóvenes nos invitan a compartir la vida.


(BOLETÍN INTERNO Año 16, Nº 328 - 15 de julio - Hijas de María Auxiliadora – Perú)

16 luglio 2014

"I migranti sono i volti sofferenti di Cristo nei nostri giorni"

Il cardinale Parolin conclude il suo viaggio in Messico per il seminario su migrazioni e sviluppo con una Messa nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe

Ultima tappa del breve viaggio del cardinale Pietro Parolin in Messico, dove il Segretario di Stato ha partecipato all'incontro Messico-Santa Sede sul tema "migrazione internazionale e sviluppo".
Accompagnato dall'arcivescovo di Città del Messico il cardinale Norberto Rivera Carrera, il porporato si è recato nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe per celebrare una Messa con i presuli locali.
Al centro dell'omelia di Parolin ancora il fenomeno della migrazione che coinvolge ormai diversi paesi nel mondo, soprattutto dell'America Latina. Un dramma che il cardinale invita a guardare attraverso la luminosa figura di Maria, da cui possiamo imparare "a seguire Gesù, tanto nei momenti sereni come in mezzo alle prove”.
E con la stessa premura con cui Maria si affretta a far visita alla cugina Elisabetta incinta, l’indio Juan Diego corse dal vescovo con il mantello pieno di fiori di Castilla e sulla sua tilma apparve miracolosamente impressa l’immagine della Vergine di Guadalupe, osserva Parolin.
Maria dunque è la chiave: invochiamola chiedendo “di regalarci Cristo" e di accettare “nel nostro cuore la volontà di Dio”, esorta il porporato, ricordando che proprio da Lei "la Chiesa ha imparato che la vera evangelizzazione consiste nel proclamare la grandezza del Signore”. “In lei – aggiunge – possiamo vedere la maniera in cui la Chiesa si fa presente, con la luce del Vangelo, nella vita dei popoli, nelle trasformazioni sociali, economiche, politiche”.
Soprattutto “Santa Maria di Guadalupe è il modello di una Chiesa pellegrina”, sottolinea il Segretario di Stato: Lei cammina con il suo popolo, lo accompagna nel suo cammino, lo assiste nelle sofferenze, custodisce le sue speranze. E i vescovi messicani sono chiamati a seguire questo esempio - afferma -, in modo da rigenerare la convivenza nazionale e il dialogo con i diversi agenti sociali.
Il fine è edificare una nuova società i cui mattoni siano i valori cristiani, il rispetto della vita umana, la reciproca comprensione e, soprattutto, la "cultura dell'incontro", sempre invocata da Papa Francesco.
In tal contesto, Parolin esorta ad una maggiore attenzione verso i migranti, per cui chiede una particolare intenzione nella preghiera a Maria. Le parole del cardinale riflettono il pensiero di Bergoglio, quando esprime tutto il suo rammarico per queste persone costrette a fuggire dalle proprie case, nella speranza di una vita migliore, o almeno di un lavoro. Essi spesso sono vittime di un'economia che Francesco chiama "dello scarto" e che Parolin definisce "escludente", perché non mette al centro la persona umana. 
“Mentre da un lato si aprono ogni volta di più le frontiere per il commercio, per il denaro, per le nuove tecnologie, dall’altro lato, le persone subiscono molteplici restrizioni, soprusi e abusi, rimanendo in situazioni di vulnerabilità”, denuncia il Segretario di Stato. E conclude con una efficace ed emozionata immagine : “Gli immigranti spesso sono i volti sofferenti di Cristo nei nostri giorni, che commuovono il cuore di sua Madre". 


Saluti dal Cile

«…ti ringrazio tanto per avermi inviato il messaggio di Suor Alaíde Deretti (http://andatefma.blogspot.it). Mi trovo proprio a Punta Arenas dove la Madre Vallese ha donato tutta la sua vita in favore di questa missione. Considero una grazia grande stare proprio qui per celebrare il suo centenario e rivedere con i suoi occhi quel che ha trovato qui a Punta Arenas, quando é arrivata: colline, mare, isola della Terra del Fuoco, cielo azzurro e poche casette. E dal cielo vedere oggi Punta Arenas: grandi collegi, tante belle case, tante popolazioni e anche, attorno, tanta povertà di gente che arriva da altre parti per cercare il benessere che non han trovato nelle loro terre. Han cambiato molto i tempi ma la missione é sempre urgente. Il ricordo di Madre Angela e di tante prime sorelle, tutte sante, ci sprona a fare sempre di più per la gloria di Dio e per l'amore alla nostra Congregazione.»

Suor Franca Airoldi
FMA Italiana, missionaria in Cile


Punta Arenas - Cile


Il card. Parolin in Messico: società sia giusta e solidale verso immigrati

“La soluzione del problema migratorio passa per una conversione culturale e sociale” profonda che permetta di passare “da una ‘cultura della chiusura’ ad una ‘cultura dell’accoglienza e dell’incontro’”. Così, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, nella prolusione al Seminario sulle migrazioni in Messico. L’incontro si è tenuto a Città del Messico. Il porporato era stato invitato dal presidente Peña Nieto durante la visita ufficiale in Vaticano lo scorso giugno. La visita è particolarmente importante perché coincide con la crisi umanitaria in atto che vede migliaia di bambini emigranti in viaggio da soli verso gli Stati Uniti. Il servizio di Debora Donnini:

Audio =

La promozione dei diritti umani non è stato un compito facile per nessuna società democratica avanzata, nemmeno per il popolo messicano nella storia degli ultimi duecento anni, ma bisogna riconoscere che nei tempi recenti sono stati realizzati “passi importanti”: il lavoro costante per la uguale dignità di tutti ha permesso di migliorare “l’attuale ambito normativo messicano”. E’ quanto rileva il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, al Seminario sulle migrazioni in Messico. Il porporato si sofferma sul ruolo centrale del cristianesimo nel riconoscere la dignità e l’uguaglianza di ogni persona umana, creata a immagine di Dio. E sottolinea che l’unico criterio assolutamente valido per valutare se una comunità politica compie la sua vocazione di servizio al bene comune, è "la qualità del suo servizio alle persone”, in modo speciale “ai più poveri e vulnerabili”.
Quindi, il cardinale Parolin entra nel vivo del tema delle migrazioni e richiama il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, quando il Pontefice constata che “i flussi migratori contemporanei costituiscono il più vasto movimento di persone” di tutti i tempi. Per il porporato, dunque, quelle società che fanno sforzi per integrare i migranti, danno un messaggio inequivocabile di solidità. “Per questo – afferma – vi invito alla sfida di una società più giusta e solidale, che riconosce il valore della mobilità umana” e che non si chiuda in se stessa ma sia disposta all’accoglienza. Possiamo cambiare il futuro se, prosegue, siamo capaci di “servire le persone concrete”, quelle con cui trattiamo ogni giorno.
Il cardinale Parolin rileva poi che la Chiesa in Messico ha sviluppato molte iniziative concrete per accogliere con ospitalità i migranti e sottolinea che quando un Paese non solo tollera la Chiesa, ma nell’ambito di una sana laicità stabilisce mezzi giuridici per la sua protezione e promuove la sua azione sociale a favore del bene comune, garantisce un elemento chiave per il progresso: “la fiducia”. Il fenomeno delle migrazioni non si può risolvere solo con mezzi legislativi per buoni che siano, e molto meno unicamente con le forze di sicurezza. “La soluzione del problema migratorio - sottolinea il porporato - passa per una conversione culturale e sociale”, profonda che “permetta di passare da una ‘cultura della chiusura’ ad una ‘cultura dell’accoglienza e dell’incontro’”. Indispensabile è, quindi, la cooperazione fra le persone, le organizzazioni della società civile, le istituzioni e i Paesi. “In questo contesto – prosegue – la Chiesa è stata sempre e sarà una leale collaboratrice”. Quindi si fa riferimento agli Stati Uniti che hanno diffuso i dati sui flussi migratori di bambini che passano la frontiera senza essere accompagnati da adulti. Un numero che cresce in modo esponenziale. “E’ urgente – dice il porporato – proteggerli e assisterli” perché sono indifesi. Quindi l’invito forte a rendere possibile quello che sembra impossibile in questo ambito di aiuto ai migranti.


15 luglio 2014

"È necessario un cambio di atteggiamento verso migranti e rifugiati da parte di tutti"

Nel Messaggio ai partecipanti al Seminario sulle migrazioni in Messico, il Papa richiama l'attenzione sul dramma dei bambini migranti non accompagnati

“Nonostante il grande flusso di migranti presente in tutti i Continenti e in quasi tutti i Paesi, la migrazione viene ancora vista come emergenza, o come un fatto circostanziato e sporadico, mentre è ormai divenuto un elemento caratteristico e una sfida delle nostre società”.
Esordisce così Papa Francesco nel messaggio inviato al Seminario sulle migrazioni in corso a Città del Messico, “Coloquio México-Santa Sede sobre movilidad humana y desarrollo”, che vede la partecipazione del cardinale Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin. 
“La globalizzazione è un fenomeno che ci interpella – osserva il Papa - specialmente in una delle sue principali manifestazioni qual è l’emigrazione”. Un fenomeno, questo, “che porta con sé grandi promesse insieme a molteplici sfide”. E anche molteplici drammi – sottolinea il Pontefice - considerando che “molte persone costrette all’emigrazione soffrono e, spesso, muoiono tragicamente; molti dei loro diritti sono violati, sono obbligati a separarsi dalle loro famiglie e purtroppo continuano a essere oggetto di atteggiamenti razzisti e xenofobi”.
Di fronte a tale situazione, “è necessario un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti”, afferma Bergoglio ribadendo quanto già espresso nel Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014.
È necessario, cioè, “il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione”, insomma dalla “cultura dello scarto”, ad un atteggiamento che abbia alla base la “cultura dell’incontro”, “l’unica – dice il Papa - capace di costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore”.
In particolare, il Santo Padre richiama l’attenzione sulle decine di migliaia di bambini che emigrano soli, non accompagnati, per sfuggire alla povertà e alla violenza. Una categoria di migranti, questa, che, “dal Centroamerica e dal Messico attraversa la frontiera con gli Stati Uniti d’America in condizioni estreme, in cerca di una speranza che la maggior parte delle volte risulta vana”.
Una categoria che continua ad aumentare di giorno in giorno, assumendo sempre più i tratti di una vera e propria “emergenza umanitaria”. In tal contesto, dice il Papa, il “primo, urgente intervento” è che “questi minori siano accolti e protetti”. “Tali misure, tuttavia, non saranno sufficienti – aggiunge - ove non siano accompagnate da politiche di informazione circa i pericoli di un tale viaggio e, soprattutto, di promozione dello sviluppo nei loro Paesi di origine”. L’appello va quindi a tutta la Comunità Internazionale affinché, di fronte a questa sfida, “possano essere adottate nuove forme di migrazione legale e sicura”.


12 luglio 2014

DECLARACIÓN CONJUNTA DE LOS OBISPOS DE ESTADOS UNIDOS, MÉXICO, EL SALVADOR, GUATEMALA Y HONDURAS SOBRE LA CRISIS DE LOS NIÑOS MIGRANTES

Obispos piden declarar crisis humanitaria por migración infantil

Los prelados de EEUU, México, El Salvador, Guatemala y Honduras respaldaron una solicitud a la Cámara baja estadounidense para reconocer la gravedad del problema.
  
Los obispos de Estados Unidos, México, El Salvador, Guatemala y Honduras respaldaron una solicitud a la Cámara de Representantes estadounidense de emitir una declaración de crisis humanitaria por el problema de los niños migrantes, informó hoy el Episcopado mexicano. 
En una declaración conjunta difundida por la Conferencia del Episcopado Mexicano (CEM), los prelados apoyaron la solicitud hecha por Mark Seitz, obispo de El Paso (Texas, EE.UU.) al Comité de Migración de la Cámara de Representantes. 
La medida tendría por objeto "dar una respuesta integral al problema, creando políticas públicas que den servicios básicos y protección al migrante, examinado las raíces del éxodo migratorio, asignando recursos federales para invertir en los países expulsores a fin de evitar la necesidad de migrar y promoviendo programas de reunificación familiar".
En un testimonio ante la Cámara de Representantes el mes pasado, Seitz presentó a los legisladores una serie de recomendaciones basadas en una misión de obispos católicos estadounidenses a Centroamérica, que incluyen tratar el tema de los niños migrantes como una crisis humanitaria.
Asimismo, la declaración conjunta difundida por la CEM da la bienvenida a la Declaración Extraordinaria de Managua de los países miembros de la Conferencia Regional sobre Migración (Belice, Canadá, Costa Rica, El Salvador, Estado Unidos, Guatemala, Honduras, México, Nicaragua, Panamá y República Dominicana). 
"Un aspecto importante de la Declaración es el compromiso conjunto para erradicar las causas estructurales que provocan la migración irregular de menores de edad, creando programas de desarrollo social y económico en las comunidades de origen, así como programas de reinserción y reintegración para los que retornan", indica el documento. 
En ese sentido, hicieron un llamado a los empresarios, especialmente católicos, "a que inviertan y contribuyan a promover la justicia y la equidad" y exhortaron a los padres de familia a no exponer a sus hijos a emprender el peligroso viaje hacia México y Estados Unidos. "Y pedimos a la sociedad en general asumir el papel que le corresponde en este doloroso problema", añadieron.


A novembre, in India, l'ostensione delle reliquie di San Francesco Saverio

 I resti sacri del missionario gesuita verranno esposti nella Cattedrale di Goa fino al 4 gennaio 2014.

Circa cinque milioni di pellegrini sono attesi a Goa, in India, dal 22 novembre 2014 al 4 gennaio 2015 in occasione dell’ostensione delle reliquie di San Francesco Saverio. I resti del sacro missionario gesuita spagnolo, Patrono delle Missioni, sono abitualmente conservati in una teca di cristallo e argento nella Basilica del Buon Gesù a Goa; per l’ostensione, però, verranno traslati nella Cattedrale della città.
L’evento, giunto alla 17.ma edizione, si tiene ogni dieci anni e vede la partecipazione di un numero crescente di fedeli, provenienti da tantissimi Paesi. Nel 1994, ad esempio - ricorda la Radio Vaticana - furono un milione, mentre nel 2004 superarono i due milioni. A Goa i fedeli cattolici costituiscono circa il 30% della popolazione del piccolo Stato sulla costa occidentale, che nel complesso conta 1,4 milioni di abitanti.
San Francesco Saverio, nato in Navarra nel 1506, fu tra i fondatori della Compagnia di Gesù insieme a Sant’Ignazio e cominciò la sua missione in Oriente proprio da Goa, nel 1542. Nei suoi viaggi missionari, evangelizzò numerosi paesi dell’estremo Oriente. Morì nel 1552, mentre attendeva di sbarcare in Cina. Il suo corpo fu prima traghettato a Malacca e poi, nel 1637, collocato nella Basilica del Buon Gesù, costruita dai gesuiti a Goa. Fu canonizzato nel 1622 da Papa Gregorio XV. 


"San Paolo oggi in Europa sarebbe un clandestino e rimandato a casa"

Intervenendo alla Conferenza nazionale sulle migrazioni di Washington, il cardinale Maradiaga denuncia i drammi vissuti da profughi, rifugiati e vittime della tratta.

E' viva l'attenzione della Chiesa mondiale verso la situazione degli immigrati. Lunedì scorso si è aperta a Washington una Conferenza nazionale sulle migrazioni, promossa dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Uccbs), insieme alla Caritas locale e alla Rete legale cattolica per l’immigrazione.
Ad aprire i lavori della conferenza - che si tiene ogni cinque anni - è stato il card. Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e presidente della Cartitas Internationalis, il quale ha sottolineato che i migranti sono una risorsa per lo sviluppo umano.
“Due terzi dei giocatori di calcio di questi Mondiali sono immigrati”, ha esordito il porporato, dicendosi "ammirato" dal "coraggio" e dalla "determinazione" dei numerosi migranti che intraprendono viaggi di centinaia di migliaia di kilometri. Allo stesso Maradiaga è preoccupato dai traumi che essi subiscono durante queste fughe dai loro paesi. “I migranti sono soggetti ad abusi, sfruttamento e violenze - ha infatti sottolineato -. I bambini finiscono nelle mani dei trafficanti di droga, delle organizzazioni criminali e della tratta di esseri umani, degli ufficiali corrotti”.
“Quando vedo - ha aggiunto Maradiaga - come reagisce la comunità internazionale alla crisi dei migranti, mi chiedo chi siano i più spaventati: i migranti o i Paesi verso cui sono diretti? Immaginate se San Paolo avesse cercato di entrare in Europa oggi: sarebbe stato classificato come clandestino e rimandato a casa”.
Ringraziando quindi le agenzie cattoliche internazionali e americane per il loro operato, l'arcivescovo di Tegucigalpa rivolge un appello all’amministrazione degli Stati Uniti affinché possano ratificare la Convenzione per i Diritti dell’infanzia, insistendo sull’importanza dell’educazione. “Garantire i diritti dei bambini migranti è l’ultimo passo - ha affermato - ma dobbiamo anche lavorare per assicurare lo sviluppo della persona nella sua interezza con l’istruzione, la formazione e la crescita spirituale”.
“La migrazione - ha proseguito Maradiaga - è parte dello sviluppo umano. I migranti portano con sé competenze e manodopera, sono una risorsa”. E devono essere valorizzati per questo, non ridotti a merce di scambio vittime di quella tratta che più volte Papa Francesco ha denunciato come “crimine contro l’intera umanità”. “Dobbiamo lavorare su una legislazione contro questa piaga, per sensibilizzare i cattolici, e non solo loro, riguardo questa triste realtà”, ha ribadito il presidente di Caritas Internationalis.
Sul tavolo dei partecipanti alla Conferenza nazionale sulle migrazioni, oltre al tema degli immigrati, ci sono anche le problematiche relative alla situazione dei rifugiati e, soprattutto, dei minori non accompagnati arrivati a 52mila negli ultimi otto mesi, provenienti da Guatemala, El Salvador e Honduras, posti in stato di fermo negli Stati Uniti.


Dios vive en la ciudad

Carlos María Galli

Inspirado por las ideas de la conferencia de Aparecida, Galli nos presenta una propuesta para una nueva pastoral urbana, ya que cada vez más personas viven en las megalópolis del mundo.

La afirmación «Dios vive en la ciudad» procede del Documento Conclusivo de Aparecida (A 514). A partir de ella, el teólogo argentino Carlos María Galli nos invita a pensar, desde la fe y el Evangelio, la presencia de Dios en los ambientes urbanos.
A la luz del espíritu de la Conferencia de Aparecida, Galli afirma que la fe descubre a Dios no solo en los lugares de su presencia, sino también en los signos de su ausencia. Porque, en realidad, Dios no vive en el campo o la ciudad. El habitar de Dios se da más bien en su identificación, por el Espíritu de Jesucristo, con los hombres, aun en sus experiencias más contradictorias. «Las sombras que marcan lo cotidiano de las ciudades, como, por ejemplo, violencia, pobreza, individualismo y exclusión no pueden impedirnos que busquemos y contemplemos al Dios de la vida también en los ambientes urbanos.» (A 514)
En este documentado ensayo, Galli presenta sus reflexiones y propuestas para una nueva pastoral urbana, ya que cada vez más personas viven en las megalópolis del mundo.