11 luglio 2014

Radwam Khawatmi: il migrante che ce l’ha fatta

Rosita Grieco


Lo chiamano l'italiano che parla arabo, ha fondato l'associazione dei nuovi italiani e si batte per il riconoscimento dei loro diritti. Eppure quando è sbarcato a Napoli, a 17 anni, non aveva nulla. Voleva studiare. Ha chiesto aiuto ai gesuiti, ha frequentato economia a Parma, è entrato all’Indesit e nel giro di 4 anni è arrivato ai vertici.
Radwan Khawatmi, siriano di Aleppo, 62 anni, da più di 40 in Italia, è un punto di riferimento per gli immigrati.
Con la sua Hirux International, produce elettrodomestici e li vende in Medio Oriente. Qualche anno fa ha vinto la concessione del marchio francese Thomson e ora produce anche tv e prodotti di alta tecnologia. I suoi competitor sono soggetti come Samsung e Lg. Ha 500 dipendenti (tutti i manager sono italiani), un fatturato di 60 milioni di euro.
Abbiamo incontrato Radwam Khawatmi durante la conferenza di presentazione del rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2014, il dossier sull’inserimento imprenditoriale curato dal centro studi e ricerche Idos,  in collaborazione con Unioncamere, Camera di commercio di Roma, Cna - Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa - e MoneyGram.
Khawatmi, con poche parole, fotografa le situazioni. La formula magica che trasforma un povero migrante in un imprenditore di successo? “Flessibilità e determinazione”. Il segreto? “Chi lascia la propria casa, spezza i legami con la terra originaria e la famiglia. In questo Paese si gioca tutto. Per questo deve avere una marcia in più. La nostra fame è insaziabile” E ancora: “Dietro di noi c'è il mare. Non possiamo più tornare indietro. Anche quando raggiungiamo il porto, continuiamo a remare”.
Questo è quello che ci ha raccontato:

- Lei negli anni è diventato un punto di riferimento per gli immigrati, grazie anche al suo impegno nel favorirne l'integrazione in Italia. Cosa vorrebbe chiedere al premier Renzi e in particolare ai ministri impegnati nel semestre di presidenza europea in merito alle politiche migratorie?

La prima cosa che vorrei chiedere al Premier Renzi è di fermare quella ondata di morti nel canale di Sicilia, che ha colpito profondamente tutti, ma che ha colpito profondamente anche il Premier. Chiederei un impegno immediato da parte del Governo italiano a intervenire seguendo una mia modesta formula: un intervento a monte e non a valle, recandosi in Libia per fermare i trafficanti di morte. Questo è quello che ci colpisce profondamente e che ha colpito anche il Premier Renzi.

- Crede che, in merito agli sbarchi e all’ondata incessante di arrivi che l’Italia sta fronteggiando faticosamente, un intervento da parte degli Stati membri dell’Ue, come chiede il ministro Alfano da tempo, possa essere la soluzione?

Che l’Italia sia la prima frontiera dell’Europa, è innegabile, ma se davvero vogliamo porre fine alle tragedie in mare abbiamo bisogno dell’intervento dell’Europa, non possiamo permettere che tutto questo si ripeta per altri due anni. Vi do un dato drammatico, di cui forse è a conoscenza solo il Premier: ad oggi i morti durante le traversate in mare hanno raggiunto le 123mila persone, gli ultimi 119 li ho portati in Commissione Europea mostrando un video che ritraeva corpi di bambini in fondo al mare abbracciati al petto delle loro mamme. Detto questo non dobbiamo più lamentarci, ma agire e chiedere all’Europa di prendersi le proprie responsabilità, perché noi siamo sostenitori del bilancio europeo quindi abbiamo gli strumenti per farlo.

- Vive in Italia di più di 40 anni e grazie al suo impegno imprenditoriale ha ricevuto il riconoscimento principale di MoneyGram Award, nel 2009, come miglior imprenditore straniero. Quali consigli darebbe a uno straniero che decidesse avviare una propria attività imprenditoriale? - Crede che il momento storico che stiamo vivendo gli permetterebbe di ottenere il suo stesso successo?

Non è obbligatorio essere imprenditori o avere la fortuna di farcela, come è capitato a me, si può essere dei bravissimi artigiani o dei bravissimi operai specializzati, figure di cui l’Italia ha bisogno. E tutti questi nostri fratelli che vengono dai Paesi Extraeuropei sono elementi essenziali per lo sviluppo di questo Paese. Quello che consiglio, quindi, è di imparare qualche mestiere e applicarlo, credendo in quello che fanno.

- Un’ultima domanda circa l’integrazione: perché, secondo Lei, l’Italia fa fatica a integrare gli stranieri?

L’integrazione è un processo a due sensi, ci si integra in due: se non ci apriamo l’uno a l’altro non riusciamo a comunicare fra di noi. Credo che l’immigrazione sia un processo ancora nuovo per Italia, però l’abbiamo affrontato, fino a oggi, in maniera positiva. Non dimentichiamo che, in questo momento, mentre stiamo parlando le province di Parigi stanno bruciando, le cosiddette banlieue, mentre in Italia siamo in una posizione ancora positiva. Quindi sono più ottimista.

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