Rosita Grieco
Lo chiamano
l'italiano che parla arabo, ha fondato l'associazione dei nuovi italiani e si
batte per il riconoscimento dei loro diritti. Eppure quando è sbarcato a
Napoli, a 17 anni, non aveva nulla. Voleva studiare. Ha chiesto aiuto ai
gesuiti, ha frequentato economia a Parma, è entrato all’Indesit e nel giro di 4
anni è arrivato ai vertici.
Radwan Khawatmi,
siriano di Aleppo, 62 anni, da più di 40 in Italia, è un punto di riferimento
per gli immigrati.
Con la sua Hirux
International, produce elettrodomestici e li vende in Medio Oriente. Qualche
anno fa ha vinto la concessione del marchio francese Thomson e ora produce
anche tv e prodotti di alta tecnologia. I suoi competitor sono soggetti come
Samsung e Lg. Ha 500 dipendenti (tutti i manager sono italiani), un fatturato
di 60 milioni di euro.
Abbiamo
incontrato Radwam Khawatmi durante la conferenza di presentazione del rapporto
Immigrazione e Imprenditoria 2014, il dossier sull’inserimento imprenditoriale
curato dal centro studi e ricerche Idos, in collaborazione con
Unioncamere, Camera di commercio di Roma, Cna - Confederazione nazionale
dell’artigianato e della piccola e media impresa - e MoneyGram.
Khawatmi, con
poche parole, fotografa le situazioni. La formula magica che trasforma un
povero migrante in un imprenditore di successo? “Flessibilità e
determinazione”. Il segreto? “Chi lascia la propria casa, spezza i legami con
la terra originaria e la famiglia. In questo Paese si gioca tutto. Per questo
deve avere una marcia in più. La nostra fame è insaziabile” E ancora: “Dietro
di noi c'è il mare. Non possiamo più tornare indietro. Anche quando
raggiungiamo il porto, continuiamo a remare”.
Questo è quello
che ci ha raccontato:
- Lei negli
anni è diventato un punto di riferimento per gli immigrati, grazie anche al suo
impegno nel favorirne l'integrazione in Italia. Cosa vorrebbe chiedere al
premier Renzi e in particolare ai ministri impegnati nel semestre di presidenza
europea in merito alle politiche migratorie?
La prima cosa
che vorrei chiedere al Premier Renzi è di fermare quella ondata di morti nel
canale di Sicilia, che ha colpito profondamente tutti, ma che ha colpito
profondamente anche il Premier. Chiederei un impegno immediato da parte del
Governo italiano a intervenire seguendo una mia modesta formula: un intervento
a monte e non a valle, recandosi in Libia per fermare i trafficanti di morte.
Questo è quello che ci colpisce profondamente e che ha colpito anche il Premier
Renzi.
- Crede che,
in merito agli sbarchi e all’ondata incessante di arrivi che l’Italia sta
fronteggiando faticosamente, un intervento da parte degli Stati membri dell’Ue,
come chiede il ministro Alfano da tempo, possa essere la soluzione?
Che l’Italia sia
la prima frontiera dell’Europa, è innegabile, ma se davvero vogliamo porre fine
alle tragedie in mare abbiamo bisogno dell’intervento dell’Europa, non possiamo
permettere che tutto questo si ripeta per altri due anni. Vi do un dato
drammatico, di cui forse è a conoscenza solo il Premier: ad oggi i morti
durante le traversate in mare hanno raggiunto le 123mila persone, gli ultimi
119 li ho portati in Commissione Europea mostrando un video che ritraeva corpi
di bambini in fondo al mare abbracciati al petto delle loro mamme. Detto questo
non dobbiamo più lamentarci, ma agire e chiedere all’Europa di prendersi le
proprie responsabilità, perché noi siamo sostenitori del bilancio europeo
quindi abbiamo gli strumenti per farlo.
- Vive in
Italia di più di 40 anni e grazie al suo impegno imprenditoriale ha ricevuto il
riconoscimento principale di MoneyGram Award, nel 2009, come miglior
imprenditore straniero. Quali consigli darebbe a uno straniero che decidesse
avviare una propria attività imprenditoriale? - Crede che il momento storico
che stiamo vivendo gli permetterebbe di ottenere il suo stesso successo?
Non è
obbligatorio essere imprenditori o avere la fortuna di farcela, come è capitato
a me, si può essere dei bravissimi artigiani o dei bravissimi operai
specializzati, figure di cui l’Italia ha bisogno. E tutti questi nostri fratelli
che vengono dai Paesi Extraeuropei sono elementi essenziali per lo sviluppo di
questo Paese. Quello che consiglio, quindi, è di imparare qualche mestiere e
applicarlo, credendo in quello che fanno.
- Un’ultima
domanda circa l’integrazione: perché, secondo Lei, l’Italia fa fatica a
integrare gli stranieri?
L’integrazione è
un processo a due sensi, ci si integra in due: se non ci apriamo l’uno a
l’altro non riusciamo a comunicare fra di noi. Credo che l’immigrazione sia un
processo ancora nuovo per Italia, però l’abbiamo affrontato, fino a oggi, in
maniera positiva. Non dimentichiamo che, in questo momento, mentre stiamo
parlando le province di Parigi stanno bruciando, le cosiddette banlieue, mentre
in Italia siamo in una posizione ancora positiva. Quindi sono più ottimista.
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