di Royani Lim
Per p. Guizot, segretario del Pontificio Consiglio in visita nel Paese asiatico, la paura deriva dalla “scarsa conoscenza e comprensione reciproca”. Il sacerdote mostra “apprezzamento” per un’esperienza “dalla quale ho ricevuto più di quanto mi aspettassi”. In università incontri con esponenti delle principali religioni.
Jakarta - Il peggior nemico del
dialogo interreligioso è "la paura", che deriva "dalla scarsa
conoscenza e comprensione reciproca" fra i vari gruppi religiosi; per
questo è giunta l'ora "di smetterla di usare termini come maggioranza e minoranza,
come invita a fare Papa Francesco: in quanto esseri umani, siamo tutti
fratelli". È quanto ha affermato ad AsiaNews p. Miguel Angel
Ayuso Guizot, segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo
interreligioso, impegnato nei giorni scorsi in una visita semi-ufficiale in
Indonesia. A Jakarta il numero due del dicastero vaticano ha incontrato figure
di primo piano, cristiani e non, manifestando "apprezzamento" per
un'esperienza "dalla quale ho ricevuto più di quanto mi aspettassi".
Si tratta della prima visita - caldeggiata a lungo dalla Conferenza episcopale
locale (Kwi) - di p. Guizot a distanza di anni dal viaggio ufficiale del card
Jean-Louis Cardinal Tauran, in cui il porporato ha sottolineato che il dialogo
interreligioso "non è un'opzione, ma una necessità". Nel contesto
della visita, il cardinale ha potuto sperimentare che la maggioranza dei
cittadini ha una visione "moderata" dell'islam; e non mancano
rapporti di amicizia profondi e frequenti fra leader cattolici e vertici delle
due principali organizzazioni musulmane, il Nahdlatul Ulama (Nu) e il
Muhammadiyah.
Ad accompagnare p. Guizot vi era
anche p. Markus Solo, indonesiano nativo dell'isola di Flores e segretario
perdonale del card. Tauran. Raggiunto da AsiaNews al termine
dell'incontro all'università Atma Jaya, a Jakarta, il sacerdote sottolinea la
grande ospitalità mostrata dai cittadini, in particolare i non cristiani. Un’impressione
confermata al termine dell'incontro con alti esponenti musulmani, fra cui
Syarif Hidayatullah dell'Università islamica di Jakarta e il Consiglio degli
ulema indonesiani (Mui).
Apprezzamenti per la visita di p.
Guizot e p. Solo è stata espressa anche da mons. Johannes Pujasumarta,
arcivescovo di Semarang e segretario generale della Kwi, secondo cui "la
realtà sul campo" in tema di dialogo "è ben diversa da come appare
nei media". E solo l'esperienza, aggiunge, può essere utile per
comprendere la situazione. Un parere condiviso da p. Solo, secondo cui
l'obiettivo è lo scambio di "visioni ed esperienze" in particolare
nel campo del dialogo e della coesistenza pacifica "nelle varie zone del
mondo e in particolare in Indonesia".
Pareri positivi sull'incontro in
università arrivano anche da membri interni dell'ateneo, in particolare fra i
non cristiani. Susy Sanie, insegnante musulmana, sottolinea nella sua
esperienza trentennale di aver sempre potuto indossare l'hijab senza per questo
essere vittima di emarginazioni. E dice di sentirsi "a casa"
quando si trova all'interno dell'università cattolica. Carya, un monaco
buddista, conferma il "caloroso benvenuto" ricevuto; gli fa eco il
prof. Bahren Umar Siregar, anch'egli musulmano, il quale afferma che "in
quest'università abitata in maggioranza da cattolici, sono felice di essere presente
in quanto musulmano e grato per l'accoglienza che ricevo".
In Indonesia, nazione musulmana
più popolosa al mondo, i cattolici sono una piccola minoranza composta da circa
sette milioni di persone, pari al 3% circa della popolazione. Nella sola
arcidiocesi di Jakarta, i fedeli raggiungono il 3,6% della popolazione. La
Costituzione sancisce la libertà religiosa, tuttavia la comunità è vittima di
episodi di violenze e abusi, soprattutto nelle aree in cui è più radicata la
visione estremista dell'islam, come ad Aceh. Essi sono una parte attiva nella
società e contribuiscono allo sviluppo della nazione o all'opera di aiuti
durante le emergenze, come avvenuto per in occasione della devastante
alluvione del gennaio 2013.
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