In occasione del cinquantesimo di sacerdozio, il comboniano Alex Zanotelli, il più noto missionario d’Italia,76 anni, di racconta al settimanale “Credere”
«I poveri mi hanno convertito». Si intitola così l’intervista di Gerolamo Fazzini a padre Alex Zanotelli, comboniano, 76 anni, che esce su “Credere”, in edicola da domani con in copertina proprio il volto del più noto missionario d’Italia. In essa Zanotelli rivisita mezzo secolo di vita missionaria: in Africa (dapprima Sudan, poi Kenya), alla direzione dell’agguerrito mensile “Nigrizia” e, oggi, nel cuore di Napoli. Pochi giorni fa padre Alex ha celebrato il cinquantesimo di sacerdozio a Verona e nel suo paese natale, Livo, in Trentino.
E’ un’intervista insolita, questa, perché in essa Zanotelli parla molto di sé, della sua fede e della vocazione missionaria, nata «da ragazzino in Val di Non, all’indomani di un incontro con un comboniano: io ero uno dei peggiori della classe, ma avevo dentro un forte desiderio di donare la vita. Da lì è nato l’amore per Comboni. La mamma, una delle persone più altruiste che abbia mai conosciuto, mi ha appoggiato. Papà, invece, non era molto contento della mia scelta, almeno all’inizio».
Zanotelli spiega di essere stato convertito dai poveri perché «nella mia esperienza missionaria ho toccato con mano che, come dice il Papa, noi annunciamo il Vangelo, ma Dio è già lì, ci precede sempre».
A una domanda sul crollo delle vocazioni risponde che «una delle principali ragioni è che il consumismo ha portato a un azzeramento dei valori fondamentali» e ora diventa più che mai necessario, per i giovani «misurarsi con le domande importanti sulla vita». Ma, alla radice della crisi missionaria, spiega, c’è una crisi profonda di fede: «Manca spesso una conoscenza profonda di Gesù. La nostra è rimasta, in molti casi, una religiosità di superficie. Una seria animazione giovanile deve, quindi, proporre cammini di fede autentici. Ma guai se abbandonassimo questo campo solo perché oggi non ci sono vocazioni dall’Europa!».
In vista del Convegno missionario nazionale, in programma a novembre a Sacrofano, Zanotelli lancia un j’accuse preciso: «Sono molto preoccupato per il futuro: la spinta missionaria in Italia sta languendo. Ma il Papa, nell’Evangelii gaudium, ci stimola a “uscire”. Come fare? La spinta al cambiamento non viene da ragionamenti o da discussioni teologiche, ma dalla testimonianza concreta di gente che sa rischiare. Abbiamo bisogno di testimoni. I giovani questo chiedono, altrimenti non sono interessati: vogliono vedere scelte controcorrente e, quando questo accade, si infiammano. Il problema di fondo della Chiesa italiana è che, come mi ha detto una volta il vescovo Ramazzini del Guatemala, siamo schizofrenici. Ovvero: in chiesa diciamo certe cose, fuori facciamo altro».
Staffilate decise arrivano, poi, dal comboniano circa l’uso dei beni. Zanotelli ne ha per tutti, istituti missionari compresi. «Possibile che, con tutte le case mezze vuote che abbiamo in giro per l’Italia, non riusciamo ad accogliere i migranti?». Ancora: «Oggi bisogna dire chiaramente che giocare con i soldi, sia in Borsa sia nel “gratta e vinci”, è immorale perché si accumula denaro senza lavorare. Inoltre abbiamo l’obbligo morale di sapere dove vanno a finire i nostri soldi, se le banche cui ci appoggiamo usano strumenti immorali, come paradisi fiscali e “derivati”, se finanziano il commercio di armi... Le nostre comunità cristiane purtroppo non applicano questa regola, le congregazioni religiose idem. Dovremmo mettere in crisi questo sistema economico, invece ci siamo dentro fino al collo».
Quanto all’appello di Francesco per “una Chiesa povera per i poveri” Zanotelli si dice «molto grato al Papa per i suoi messaggi, ma l’impressione è che ci siano resistenze. Vale anche per congregazioni e ordini religiosi e per noi missionari. Penso a certi conventi, che ancora accolgono solo poche persone, rinchiuse nelle loro mura. Cosa ci vuole a chiudere e spostarsi in zone degradate? Anche nel Nord del mondo ci sono dei Sud e molte occasioni per testimoniare una “Chiesa in uscita”».
L’ultima battuta dell’intervista è sulla stampa missionaria. «Non ho ricette particolari, se non questa: ritrovare il coraggio della denuncia. Come istituti missionari non siamo legati a nessun potere: dimostriamolo! In caso contrario, camminiamo con i poveri del Sud del mondo, ma di fatto rimaniamo legati al sistema».
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