“La soluzione del problema
migratorio passa per una conversione culturale e sociale” profonda che permetta
di passare “da una ‘cultura della chiusura’ ad una ‘cultura dell’accoglienza e
dell’incontro’”. Così, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, nella
prolusione al Seminario sulle migrazioni in Messico. L’incontro si è tenuto a
Città del Messico. Il porporato era stato invitato dal presidente Peña Nieto
durante la visita ufficiale in Vaticano lo scorso giugno. La visita è
particolarmente importante perché coincide con la crisi umanitaria in atto che
vede migliaia di bambini emigranti in viaggio da soli verso gli Stati Uniti. Il
servizio di Debora Donnini:
= Audio =
La promozione dei diritti umani
non è stato un compito facile per nessuna società democratica avanzata, nemmeno
per il popolo messicano nella storia degli ultimi duecento anni, ma bisogna
riconoscere che nei tempi recenti sono stati realizzati “passi importanti”: il
lavoro costante per la uguale dignità di tutti ha permesso di migliorare
“l’attuale ambito normativo messicano”. E’ quanto rileva il cardinale
segretario di Stato, Pietro Parolin, al Seminario sulle migrazioni in Messico.
Il porporato si sofferma sul ruolo centrale del cristianesimo nel riconoscere
la dignità e l’uguaglianza di ogni persona umana, creata a immagine di Dio. E
sottolinea che l’unico criterio assolutamente valido per valutare se una
comunità politica compie la sua vocazione di servizio al bene comune, è
"la qualità del suo servizio alle persone”, in modo speciale “ai più
poveri e vulnerabili”.
Quindi, il cardinale Parolin
entra nel vivo del tema delle migrazioni e richiama il messaggio di Papa
Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, quando il
Pontefice constata che “i flussi migratori contemporanei costituiscono il più
vasto movimento di persone” di tutti i tempi. Per il porporato, dunque, quelle
società che fanno sforzi per integrare i migranti, danno un messaggio
inequivocabile di solidità. “Per questo – afferma – vi invito alla sfida di una
società più giusta e solidale, che riconosce il valore della mobilità umana” e
che non si chiuda in se stessa ma sia disposta all’accoglienza. Possiamo
cambiare il futuro se, prosegue, siamo capaci di “servire le persone concrete”,
quelle con cui trattiamo ogni giorno.
Il cardinale Parolin rileva poi
che la Chiesa in Messico ha sviluppato molte iniziative concrete per accogliere
con ospitalità i migranti e sottolinea che quando un Paese non solo tollera la
Chiesa, ma nell’ambito di una sana laicità stabilisce mezzi giuridici per la
sua protezione e promuove la sua azione sociale a favore del bene comune,
garantisce un elemento chiave per il progresso: “la fiducia”. Il fenomeno delle
migrazioni non si può risolvere solo con mezzi legislativi per buoni che siano,
e molto meno unicamente con le forze di sicurezza. “La soluzione del problema
migratorio - sottolinea il porporato - passa per una conversione culturale e
sociale”, profonda che “permetta di passare da una ‘cultura della chiusura’ ad
una ‘cultura dell’accoglienza e dell’incontro’”. Indispensabile è, quindi, la
cooperazione fra le persone, le organizzazioni della società civile, le
istituzioni e i Paesi. “In questo contesto – prosegue – la Chiesa è stata
sempre e sarà una leale collaboratrice”. Quindi si fa riferimento agli Stati
Uniti che hanno diffuso i dati sui flussi migratori di bambini che passano la
frontiera senza essere accompagnati da adulti. Un numero che cresce in modo
esponenziale. “E’ urgente – dice il porporato – proteggerli e assisterli”
perché sono indifesi. Quindi l’invito forte a rendere possibile quello che
sembra impossibile in questo ambito di aiuto ai migranti.
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