Mons. Silvano Tomasi interviene alla 60° sessione del Comitato
permanente dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati
Sono oltre 50 milioni i rifugiati
e gli sfollati in fuga dalle proprie case, dalle proprie terre. Una cifra che
ha battuto il record anche della Seconda Guerra mondiale e che sta destando la
preoccupazione del mondo intero. Soprattutto della Santa Sede, che, attraverso
mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore vaticano presso l'Onu di Ginevra, ha
ribadito la necessità di tutelare "il rispetto dei diritti e della dignità
umana" al di là della "sfera privata", ma come "parte del
mondo politico".
L'occasione è stata la 60°
sessione del Comitato permanente dell’Alto commissariato Onu per i
rifugiati. Nel suo intervento, l'arcivescovo ha rimarcato che profughi e
sfollati "sono soggetti di diritti e doveri come tutti gli esseri umani,
non solo oggetti di assistenza” e che, dunque, “la protezione delle
persone dovrebbe avere la precedenza sulle eccessive preoccupazioni riguardo
alla sicurezza di uno Stato”.
L'emergenza rifugiati, ha
aggiunto, deve essere affrontato con “politiche frontaliere più
flessibili", con "procedure di accesso al diritto di asilo più
facili", e con "maggiori possibilità di reinsediamento per gli
sfollati”. In particolare in Europa, ha evidenziato Tomasi, "è essenziale
una strategia comune", affinché "i Paesi di prima destinazione non
siano lasciati soli" e affinché si lavori ad “un accordo per distribuire
gli sfollati tra le diverse nazioni, tenendo conto della situazione economica
dei singoli Paesi e della densità delle diverse popolazioni”.
L'Osservatore vaticano si è poi
rivolto all'opinione pubblica auspicando “educazione e sensibilizzazione"
da parte sua riguardo "alla responsabilità comune sulle cause dei
conflitti e sulla ricerca di soluzioni pacifiche”. Non ha mancato poi di
lanciare un messaggio anche alle comunità di fede, ricordando che la loro
vocazione è “condividere un messaggio di compassione e solidarietà”. E'
fondamentale, quindi, il contributo che esse possono dare affinché “le
migrazioni forzate siano viste in una prospettiva più ampia, inclusiva,
coerente e coesa”, nell’ottica - ha concluso il presule - del “rispetto della
vita e della dignità umana”.
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