di Piero Gheddo
Chiude la rivista semestrale "Ad
Gentes". L'affermazione "tutta la Chiesa è missionaria" ha
finito col far perdere senso alla "missio ad gentes". E oggi non si
parla più di missione alle genti ma di mondialità e di opere sociali o
ecologiche. Mi sapete dire quanti giovani e ragazze si entusiasmano e si fanno
missionari dopo una manifestazione di protesta contro la produzione di armi?
Nessuno.
Milano - Per noi
missionari ad gentes e per la Chiesa italiana non è una buona notizia. I
superiori degli istituti missionari italiani hanno deciso la chiusura della
rivista semestrale "Ad Gentes", fondata nel 1997, l'unica in lingua
italiana che espressamente tratta della missio ad gentes, oltre a quelle dei
singoli istituti missionari. Perché chiude? A quanto è dato sapere, i motivi
sono due:
1)
Gli abbonati sono pochissimi, le copie stampate quasi tutte inviate in omaggio
o in cambio a biblioteche, università, seminari, ecc.; e quindi gli istituti
aderenti devono coprire il passivo economico;
2)
la missione alle genti sta perdendo la sua identità e interessa sempre meno,
almeno in Italia, parrocchie diocesi, seminari e il popolo di Dio; i mass media
ne parlano sempre meno, eccetto quando ci sono casi di martirio o di
persecuzione che riguardano missionari italiani.
Parlando col padre Dino Doimo, missionario del Pime ad Hong
Kong dal 1959, mi dice: "Torno in missione col cuore amareggiato, perché
vedo che l'ambiente italiano non è più favorevole per le missioni e per noi
missionari. Tutti dicono che la missione è qui in Italia. La conversione a
Cristo del continente CINA interessa parenti e amici e pochi altri". Dal
1958 gli istituti missionari italiani, attraverso la Pontificia unione
missionaria del clero, mandano i loro animatori missionari nei seminari
diocesani, minori e maggiori. Ciascuno è incaricato dei seminari di una regione
da visitare nel corso dell'anno, così visita tutti i seminari italiani, che
ricevono ogni anno un animatore diverso. Adesso, mi dice un giovane animatore,
"si sta chiudendo questo periodo perchè è difficile trovare un seminario
che accolga volentieri un missionario e lo faccia parlare. I seminaristi sono pochi,
molto impegnati e le missioni interessano sempre meno".
Tutto questo segnala quanto ormai tutti sanno, che la Chiesa
italiana, con la crisi di fede e di vocazioni sacerdotali e religiose, si
chiude in se stessa e gli istituti missionari sono intesi soprattutto per il
contributo che le loro case, chiese e sacerdoti danno in aiuto alle comunità
parrocchiali con scarso clero. Mi chiedo se gli istituti missionari, come il
mio Pime e tanti altri, religiosi o di clero secolare, si interrogano sulla
decadenza e la svalutazione del nostro carisma specifico, il primo annunzio ai
non cristiani, che sono ancora circa l'80% dell'umanità. E ricordo che il
nostro carisma di missionari ad gentes è stato ampiamente confermato dal
Vaticano II e dal magistero ecclesiastico seguente fino ad oggi. Dato che da 61
anni sono sacerdote missionario in Italia (prete dal 1953), mi permetto di
indicare i due errori fondamentali che un po' tutti abbiamo compiuto, senza
alcun spirito polemico, ma per aiutare a riflettere.
1) Dopo la Fidei Donum
(1957) e il Vaticano II (1962-1965) si è incominciato a dire che tutta la
Chiesa è missionaria e gli istituti missionari non hanno più senso; ma sia l'Ad
Gentes (n. 6) che la Redemptoris Missio (nn. 33-34) affermano con chiarezza che
la missione alle genti non va confusa con l'attività pastorale che si
rivolge ai battezzati e quindi che "questi istituti restano assolutamente
necessari" (AG, 27); e nella R.M. (66) si legge: "La vocazione
speciale dei missionari ad gentes e ad vitam conserva tutta la sua validità... Al
riguardo, s'impone una approfondita riflessione, anzitutto per i missionari
stessi, che dai cambiamenti della missione possono essere indotti a non capire
più il senso della loro vocazione, a non saper più che cosa precisamente la
Chiesa si attenda da loro".
Questa riflessione forse è mancata e anche gli istituti
missionari rischiano di non credere più nel loro carisma originario, mentre le
giovani Chiese del mondo non cristiano hanno assoluto bisogno di loro anche
oggi, lo dicono tutti i vescovi. Lo stesso è avvenuto per le Pontificie
Opere Missionarie. Fin che erano pontificie e non dipendenti dai vescovi
italiani, svolgevano il loro compito primario: ricordare la missione alle
genti, universale, aiutarla con preghiere, vocazioni, aiuti materiali. Da
quando sono opere diocesane, la missione alle genti è diventata il gemellaggio
di una diocesi italiana con una delle missioni. Si è chiuso l'orizzonte, i
missionari sono quelli della diocesi, quasi sempre in America Latina e in
Africa. Adesso, con la crisi delle diocesi italiane, è facile immaginare cosa
succede.
2) Il secondo
sbaglio fondamentale è stato di politicizzare la missione alle genti ed è una
vita che condanno (inutilmente) questa tendenza suicida degli istituti
missionari, che ha cambiato la nostra immagine nell'opinione pubblica italiana.
In "Missione senza se e senza ma" (Emi 3013, pagg. 250)
racconto in un capitolo (La crisi dell'ideale missionario) la storia di questo
suicidio. Fino al Concilio Vaticano
II c'era la chiara affermazione della nostra identità: andare ai popoli non
cristiani, dove ci mandava la Santa Sede, annunziare e testimoniare Cristo e il
suo Vangelo, di cui tutti hanno bisogno. Certo si parlava anche delle
opere di carità, di istruzione, di sanità, di promozione, di diritti e opere di
giustizia per i poveri e gli sfruttati. Ma su tutto emergeva l'entusiasmo di
essere stati chiamati da Gesù per portarlo a popoli che vivono senza
conoscere il Dio dell'Amore e del Perdono. C'era l'entusiasmo della vocazione
missionaria gioiosamente manifestato e quindi si parlava spesso di
catechesi, catecumenato, conversioni a Cristo, preghiere e sofferenze per
le missioni, del perché i popoli hanno bisogno di Cristo, ecc. Soprattutto si
parlava di vocazioni missionarie, perché il missionario è un privilegiato che
va fino agli estremi confini della terra per realizzare il Testamento di Gesù
quando sale al Cielo.
Ma oggi, ditemi
voi: chi manifesta entusiasmo per la vocazione missionaria e dove è finito
l'appello per le vocazioni missionarie ad gentes? Oggi noi missionari
facciamo le campagne nazionali per il debito estero, contro la produzione di
armi, contro i farmaci contraffatti e per l'acqua pubblica; oggi non si parla
più di missione alle genti ma di mondialità e di opere sociali o ecologiche. Mi
sapete dire quanti giovani e ragazze si entusiasmano e si fanno missionari dopo
una manifestazione di protesta contro la produzione di armi? Nessuno. Infatti
gli istituti missionari non hanno quasi più vocazioni italiane. Non lamentiamoci
perché si chiude la rivista Ad Gentes. Nel quadro di tutto quel che ho detto,
ha un suo logico significato.
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