Inizia oggi la Settimana di
preghiera per l’Unità dei Cristiani che quest’anno si svolge sul tema: “Cristo
è stato forse diviso?”(1 Cor 1,13). Ieri, Papa Francesco, incontrando una
delegazione ecumenica finlandese, ha incoraggiato “a non desistere” mai nello
“sforzo ecumenico, fedeli a quanto lo stesso Signore Gesù ha invocato dal
Padre: che tutti siano una cosa sola”. Sul significato del tema di questa
Settimana, Mario Galgano ha intervistato il cardinale Kurt Koch,
presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani:
R. – Mi sembra che il tema rappresenti una sfida particolare: è tratto dalla Prima Lettera ai Corinzi, ed è preceduto da quanto dice Paolo: la gente dice: “Io sono di Pietro, io sono di Apollo”, e poi segue la domanda: “Cristo è stato forse diviso?”. Ovviamente, Cristo mai potrà essere diviso, neanche il suo corpo può essere diviso; eppure, nella Storia si sono verificate tante scissioni, tante separazioni.
Questa domanda provocatoria deve
quindi tornare a porre al centro dell’ecumenismo che le separazioni non possono
corrispondere alla volontà di Cristo, e che dobbiamo superarle con urgenza. Fin
da bambino mi ha molto colpito, nella storia della Passione, che i soldati
romani abbiano diviso tutto quello che era del Signore, fuorché la sua veste.
Non l’hanno divisa, hanno voluto lasciarla intera; così anche essa è diventata,
nella storia della Chiesa, segno dell’unità della Chiesa. Mi colpì, poi, il
fatto che noi cristiani abbiamo invece fatto quello che i soldati non avevano
ancora fatto: abbiamo stracciato la veste del Signore. Ci vorrà tanto lavoro
per rimetterla insieme …
D. – Cosa ci può dire del dialogo tra la Chiesa cattolica e i fratelli delle Chiese ortodosse?
D. – Cosa ci può dire del dialogo tra la Chiesa cattolica e i fratelli delle Chiese ortodosse?
R. – Dobbiamo distinguere: il
dialogo dell’amore, cioè i rapporti d’amicizia e di collaborazione e di
fratellanza, procedono molto bene con molte Chiese ortodosse; io stesso ho
visitato, lo scorso dicembre, la Romania e la Russia ed ho avuto contatti con
le Chiese ortodosse. Per quanto riguarda il dialogo teologico, purtroppo non
c’è stata più un’assemblea plenaria dal 2010, mentre stiamo preparando la
prossima assemblea generale che si svolgerà in autunno in Serbia.
Recentemente si è verificato un
fatto che un po’ mette in difficoltà questo dialogo, ed è il documento che il
Patriarcato russo ortodosso ha pubblicato sul primato, che in realtà è una
presa di posizione nei riguardi del dialogo che si svolge con tutte le Chiese
ortodosse. Ora dobbiamo ricominciare a cercare una strada, all’interno di
questa commissione. Nel frattempo, un metropolita greco ortodosso ha preso posizione
nei riguardi di questo documento e così si è aperto un dialogo intra-ortodosso
sul primato, e mi sembra che anche questo sia positivo.
D. – Invece, qual è la situazione nelle Chiese della Riforma?
R. – Naturalmente, la Riforma è
un fenomeno dalle molte sfaccettature ed ha molti aspetti diversi. Credo che la
Riforma sia stata diversa in Svizzera rispetto alla Germania; la Riforma nei
Paesi nordici è stata una cosa ancora diversa: infatti, in quei Paesi non ci
sono stati movimenti popolari ma un’imposizione dei re. Ora, piazzare tutto
questo sotto il termine “Riforma 2017” non è proprio semplice. Comunque,
nell’autunno scorso si è svolto un congresso internazionale a Zurigo per la
preparazione comune della memoria della Riforma all’interno del mondo
protestante, e trovo che questo sia molto positivo.
D. – Il Pontificio Consiglio è competente anche per il dialogo con l’ebraismo: questo argomento sarà aggiunto alla Settimana di preghiera?
R. – Il grande teologo cattolico
Erich Przywara ha detto che la prima grande separazione che abbiamo vissuto nel
cristianesimo è stata quella tra sinagoga e chiesa e per questo la riconciliazione
tra ebraismo e cristianesimo fa parte degli impegni ecumenici della Chiesa
cattolica.
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