Roma - E' passato un secolo
da quando, nel 1914, allo scoppio della Prima Guerra mondiale, commosso dalla
drammatica situazione di migliaia di rifugiati e profughi e di persone e
famiglie espulse dai Paesi europei tra loro belligeranti, Benedetto XV scrisse
a tutti i vescovi italiani invitandoli a celebrare in ogni parrocchia una
Giornata di preghiera e di solidarietà per i migranti. Da allora, ogni
anno, in Italia prima e poi in tutto il mondo, questa Giornata è diventata una
tappa fondamentale del magistero della Chiesa sulle migrazioni.
Quest'anno, Papa Francesco, dopo
averci sollecitato nelle prime sue due visite in Italia, a Lampedusa e al
Centro Astalli di Roma, a guardare al cammino drammatico dei migranti e dei
rifugiati, nel suo messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del
rifugiato ci invita a leggere le migrazioni come una risorsa per costruire un
mondo migliore. Di fronte alla paura e ai pregiudizi, alle crescenti
discriminazioni nei confronti dei migranti, allo sfruttamento che scade in una
rinnovata tratta degli schiavi, Papa Francesco invita anzitutto le nostre comunità cristiane
a costruire un alfabeto e uno stile di vita diverso, che aiuti a passare nelle
nostre città da "una cultura dello scarto a una cultura
dell'incontro". Lo sviluppo integrale della persona e dei popoli chiede di
impegnarsi oggi, anche in Italia, in due direzioni. Anzitutto rafforzare e non
indebolire - come sta avvenendo nel nostro Paese e in Europa - le risorse della
cooperazione internazionale, che aiutano persone e famiglie a non lasciare il
proprio Paese. Inoltre, superare situazioni vergognose in cui vengono accolti o
vivono i migranti anche in Italia.
Le drammatiche morti di 366
persone, uomini, donne e bambini, nel tratto di Mediterraneo di fronte a Lampedusa
come i 7 operai cinesi arsi vivi nell'azienda tessile di Prato ci hanno
ricordato l'incapacità di avere adeguate strutture di accoglienza in un
confine d'Italia che è anche Europa; ma ancor più l'inazione se non la
tolleranza visti i pochissimi casi di denuncia - 80 riscontrati nel 2012 in
sole 3 Regioni italiane (70 casi in Puglia, 7 in Campania e 3 in Emilia
Romagna) - rispetto alle situazioni di sfruttamento e di lavoro nero di
migliaia di immigrati, uomini e donne, dal Nord al Sud del nostro Paese: nelle
aziende, nei servizi alla persona, in agricoltura, nei porti. In questi anni il
mondo dei lavoratori immigrati in Italia è cresciuto, arrivando a 2.300.000 unità:
1 lavoratore su 10 in Italia è un lavoratore immigrato.
La crisi economica non può
giustificare una caduta così grave della nostra democrazia nella tutela dei
diritti dei lavoratori e delle loro famiglie: in Italia i lavoratori immigrati
sotto inquadrati sono il 61% contro il 17% dell'Europa; le retribuzioni dei
lavoratori immigrati è inferiore a quella degli italiani del 24,2%; 100mila
infortuni sul lavoro denunciati riguardano lavoratori immigrati - con una
percentuale doppia e talora tripla rispetto a quella degli italiani - senza
contare i cosiddetti infortuni invisibili. L'incapacità' legislativa di far
incontrare domanda e offerta di lavoro nel mondo dell'immigrazione, oltre a
generare continuamente irregolarità di permanenza nel nostro Paese, alimenta
naturalmente lo sfruttamento lavorativo e il lavoro nero. Per queste ragioni,
il cammino "verso un mondo migliore" in compagnia dei migranti, deve
essere animato da una "sete di giustizia, perché la storia di molte
persone diventi anche la nostra storia sociale ed ecclesiale e il Mediterraneo
sia, come amava dire Giorgio La Pira, non una barriera, un presidio, ma una
fontana: un luogo comune su cui costruire il domani.
Domenica 19 gennaio, con Papa
Francesco, nelle nostre parrocchie siamo invitati a una preghiera comune e a
condividere gesti di solidarietà, perché il mondo della mobilità umana
sia almeno per un giorno al centro della comunità, nello spirito evangelico e
conciliare della preferenza per i poveri. (G.Perego)
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