Roma - Nel Giorno della Memoria,
il ricordo va a tutte le vittime del genocidio. Tra di essi vogliamo non
dimenticare i Rom e i Sinti nel 1939 internati in campi di concentramento in
Italia, deportati in Germania e Polonia e poi trucidati, vittime di leggi
razziali che hanno dimenticato e tradito l’uguaglianza e la dignità di tutte le
persone. Nel 1939 iniziarono i rastrellamenti dei Rom della Germania e
dell’Austria, poi deportati in Polonia. Nel 1941 migliaia di Rom serbi furono
massacrati. Nel gennaio 1942 la stessa sorte toccò ai Rom della Crimea e
dell’Ucraina. In occasione di esecuzioni di massa degli ebrei, un’ordinanza del
Comando tedesco del 16 dicembre 1942, impose il trasferimento di tutti gli
ebrei d’Europa ad Auschwitz, dove trovarono la morte almeno 16.000 Rom. La
Fondazione Migrantes ha pubblicato un libro di suor Carla Osella sul genocidio
Rom edito dalla Tau: un viaggio nei luoghi del genocidio Rom, per non
dimenticare. La poetessa gitana Bronislawa Wajs, detta Papusza, morta nel 1987
e di cui non si sa l’anno di nascita, ha ricordato così nella poesia ‘Lacrime
di sangue’ il genocidio del popolo Rom: “Oh, caro popolo/Non mi piace ricordare
tanta infelicità/Il mio cuore si gela e piange./Ma devo cantare/I malvagi
desiderano la guerra/Sappiano dunque quanto è terribile./ Dio ci protegga
tutti/ dalla grande miseria, dalla grande prova, dalle lacrime di sangue./
Quanto ha sofferto il bimbo ebreo, il cuore di una madre gitana e il bambino
gitano”. Anche dalla sofferenza e dalla morte di molti Rom è nata l’Europa.
Oggi non si può non costruire l’Europa con il contributo di questo popolo,
spesso ai margini delle nostre città o non riconosciuto anche per qualità e
capacità. Anche oggi, “il cuore di una madre gitana” soffre quando i figli
vengono tolti, quando i ragazzi non possono frequentare la scuola, quando i
giovani non trovano lavoro, quando la famiglia è vittima di discriminazioni.
Nel Giorno della Memoria, la Migrantes invita a non dimenticare la guerra,
l’olocausto dei Rom d’Europa, ma anche a non dimenticare oggi un popolo che
vive e soffre nelle nostre città, non sempre riconosciuto nella sua storia e
nel suo cammino.
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