Roma - “Purtroppo spesso alla
solidarietà e alla fraternità” si “sostituisce la diffidenza, la chiusura, il
rifiuto, la discriminazione, l’esclusione, lo sfruttamento, la schiavitù.
S’invoca la salvaguardia di una cultura, di un’identità, la precedenza sul
lavoro o la sicurezza per lasciare fuori dalle porte dei nostri Paesi persone e
famiglie in fuga”. Lo ha detto questa mattina monsignor Francesco Montenegro,
Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione
Migrantes, nel corso della conferenza stampa di presentazione della Giornata
Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebra domenica prossima 19
gennaio. Lampedusa, l’isola della diocesi di Agrigento insieme a Linosa, sono –
ha aggiunto il presule - “il confine dell’Europa, oltre che dell’Italia, dove
si vive la contraddizione di persone e famiglie aperte alla solidarietà e
all’accoglienza e uno Stato e un’Europa che chiude le porte”. Papa Francesco
invita a “passare dalla cultura dello scarto ad una cultura dell’incontro e
dell’accoglienza”: un cambiamento culturale questo che “chiede la
responsabilità di tutti”. Per mons. Montenegro guardando i volti dei migranti e
dei rifugiati, i volti di cui “tutti abbiamo davanti i segni” nei numerosi
sbarchi a Lampedusa e nei porti della Sicilia, della Calabria e della Puglia
“non possiamo non volere per loro qualcosa ‘di più’”. Da qui l’impegno della
Chiesa “per superare gli effetti negativi” delle migrazioni e “valorizzare le
ricadute positive sulle comunità di origine, di transito e di destinazione dei
movimenti migratori”. “Cooperazione internazionale, collaborazione tra Paesi,
nuove normative – ha detto - sono percorsi che possono tutelare i migranti e,
al tempo stesso, favorire la rinascita dei Paesi da cui provengono i migranti”.
Neppure “l’Europa può rinchiudersi in se stessa, come in una fortezza, pensando
di tutelarsi così per il proprio futuro: il futuro è solo globale, insieme”.
Purtroppo l’Europa e in essa l’Italia nel 2013 “hanno diminuito gli aiuti allo
sviluppo e alla cooperazione internazionale”: non si può predicare sviluppo e
ridurre gli strumenti e i mezzi di cooperazione internazionale”. Nelle comunità
cristiane – ha spiegato mons. Montenegro – è “importante, anche grazie alla
celebrazione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, giunta al
suo centesimo anno, s’imparino e s’insegnino le parole per un mondo migliore: incontro,
accoglienza, ospitalità, tutela, condivisione, dialogo, rispetto delle
differenze. Sono sette parole – ha concluso - che danno qualità alla nostra
nuova evangelizzazione, soprattutto se accompagnate da una testimonianza di
vita personale e di comunità, da una responsabilità condivisa verso un mondo in
cammino. Sono parole che possono dare anche qualità alla nostra democrazia, se
non vuole dimenticare i suoi principi fondamentali”.
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