29 ottobre 2012

Papa: per i migranti "pieno diritto di cittadinanza e partecipazione ai medesimi diritti e doveri"


"Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza" il tema scelto da Benedetto XVI per la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. La Chiesa deve evitare il rischio del mero assistenzialismo, per favorire l'autentica integrazione, lo Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori, l'immigrato abbia "attenzione" verso i valori che offre la società in cui si inserisce.

Città del Vaticano - Gli emigranti "portano con sé sentimenti di fiducia e di speranza che animano e confortano la ricerca di migliori opportunità di vita" e nei loro confronti la Chiesa e le varie realtà che ad essa si ispirano "sono chiamate ad evitare il rischio del mero assistenzialismo, per favorire l'autentica integrazione, in una società dove tutti siano membri attivi e responsabili ciascuno del benessere dell'altro, generosi nell'assicurare apporti originali, con pieno diritto di cittadinanza e partecipazione ai medesimi diritti e doveri".
Lo scrive Benedetto XVI nel suo messaggio per la 99ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato - che sarà celebrata domenica 13 gennaio 2013 - pubblicato oggi e che ha per tema "Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza".
Al giorno d'oggi, osserva il Papa, i flussi migratori coinvolgono milioni di persone. Si tratta, come ha evidenziato il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, citando il Rapporto Mondiale del 2011 sulle Migrazioni dell'Organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM) di circa un miliardo di esseri umani, cioè un settimo della popolazione globale,
Per chi migra, scrive Benedetto XVI, "fede e speranza formano un binomio inscindibile nel cuore di tantissimi migranti, dal momento che in essi vi è il desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la «disperazione» di un futuro impossibile da costruire. Al tempo stesso, i viaggi di molti sono animati dalla profonda fiducia che Dio non abbandona le sue creature e tale conforto rende più tollerabili le ferite dello sradicamento e del distacco, magari con la riposta speranza di un futuro ritorno alla terra d'origine".
Il documento papale esamina l'approccio ai migranti sia dal punto di vista ecclesiale che da quello nazionale e internazionale, entrambi basati sulla fondamentale premessa che "ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione".
"Nel vasto campo delle migrazioni la materna sollecitudine della Chiesa si esplica su varie direttrici. Da una parte, quella che vede le migrazioni sotto il profilo dominante della povertà e della sofferenza, che non di rado produce drammi e tragedie. Qui si concretizzano interventi di soccorso per risolvere le numerose emergenze, con generosa dedizione di singoli e di gruppi". "Dall'altra parte, però, la Chiesa non trascura di evidenziare gli aspetti positivi, le buone potenzialità e le risorse di cui le migrazioni sono portatrici. In questa direttrice, allora, prendono corpo gli interventi di accoglienza che favoriscono e accompagnano un inserimento integrale di migranti, richiedenti asilo e rifugiati nel nuovo contesto socioculturale, senza trascurare la dimensione religiosa, essenziale per la vita di ogni persona".
D'altro canto, se "ogni Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori e di attuare politiche dettate dalle esigenze generali del bene comune, ma sempre assicurando il rispetto della dignità di ogni persona umana", "il cammino di integrazione comprende diritti e doveri, attenzione e cura verso i migranti perché abbiano una vita decorosa, ma anche attenzione da parte dei migranti verso i valori che offre la società in cui si inseriscono".
E se il diritto della persona ad emigrare è iscritto tra i diritti umani fondamentali, "nel contesto socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra", come già ebbe a dire Giovanni Paolo II.
"A tale proposito, non possiamo dimenticare la questione dell'immigrazione irregolare, tema tanto più scottante nei casi in cui essa si configura come traffico e sfruttamento di persone, con maggior rischio per donne e bambini. Tali misfatti vanno decisamente condannati e puniti, mentre una gestione regolata dei flussi migratori, che non si riduca alla chiusura ermetica delle frontiere, all'inasprimento delle sanzioni contro gli irregolari e all'adozione di misure che dovrebbero scoraggiare nuovi ingressi, potrebbe almeno limitare per molti migranti i pericoli di cadere vittime dei citati traffici. Sono, infatti, quanto mai opportuni interventi organici e multilaterali per lo sviluppo dei Paesi di partenza, contromisure efficaci per debellare il traffico di persone, programmi organici dei flussi di ingresso legale, maggiore disponibilità a considerare i singoli casi che richiedono interventi di protezione umanitaria oltre che di asilo politico".
"Alle adeguate normative - conclude il Papa - deve essere associata una paziente e costante opera di formazione della mentalità e delle coscienze. In tutto ciò è importante rafforzare e sviluppare i rapporti di intesa e di cooperazione tra realtà ecclesiali e istituzionali che sono a servizio dello sviluppo integrale della persona umana. Nella visione cristiana, l'impegno sociale e umanitario trae forza dalla fedeltà al Vangelo, con la consapevolezza che «chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, diventa anch'egli più uomo» (Gaudium et spes, 41)".

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