"Migrazioni: pellegrinaggio di fede
e di speranza" il tema scelto da Benedetto XVI per la prossima Giornata
mondiale del migrante e del rifugiato. La Chiesa deve evitare il rischio del
mero assistenzialismo, per favorire l'autentica integrazione, lo Stato ha il
diritto di regolare i flussi migratori, l'immigrato abbia
"attenzione" verso i valori che offre la società in cui si inserisce.
Città del Vaticano - Gli
emigranti "portano con sé sentimenti di fiducia e di speranza che animano
e confortano la ricerca di migliori opportunità di vita" e nei loro
confronti la Chiesa e le varie realtà che ad essa si ispirano "sono
chiamate ad evitare il rischio del mero assistenzialismo, per favorire
l'autentica integrazione, in una società dove tutti siano membri attivi e
responsabili ciascuno del benessere dell'altro, generosi nell'assicurare
apporti originali, con pieno diritto di cittadinanza e partecipazione ai
medesimi diritti e doveri".
Lo scrive Benedetto XVI nel suo
messaggio per la 99ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato - che sarà
celebrata domenica 13 gennaio 2013 - pubblicato oggi e che ha per tema
"Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza".
Al giorno d'oggi, osserva il
Papa, i flussi migratori coinvolgono milioni di persone. Si tratta, come ha
evidenziato il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio
della pastorale per i migranti e gli itineranti, citando il Rapporto
Mondiale del 2011 sulle Migrazioni dell'Organizzazione mondiale per le
migrazioni (OIM) di circa un miliardo di esseri umani, cioè un settimo della
popolazione globale,
Per chi migra, scrive Benedetto
XVI, "fede e speranza formano un binomio inscindibile nel cuore di
tantissimi migranti, dal momento che in essi vi è il desiderio di una vita
migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la «disperazione»
di un futuro impossibile da costruire. Al tempo stesso, i viaggi di molti sono
animati dalla profonda fiducia che Dio non abbandona le sue creature e tale
conforto rende più tollerabili le ferite dello sradicamento e del distacco,
magari con la riposta speranza di un futuro ritorno alla terra d'origine".
Il documento papale esamina
l'approccio ai migranti sia dal punto di vista ecclesiale che da quello
nazionale e internazionale, entrambi basati sulla fondamentale premessa che
"ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti
fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni
situazione".
"Nel vasto campo delle
migrazioni la materna sollecitudine della Chiesa si esplica su varie
direttrici. Da una parte, quella che vede le migrazioni sotto il profilo
dominante della povertà e della sofferenza, che non di rado produce drammi e
tragedie. Qui si concretizzano interventi di soccorso per risolvere le numerose
emergenze, con generosa dedizione di singoli e di gruppi". "Dall'altra
parte, però, la Chiesa non trascura di evidenziare gli aspetti positivi, le
buone potenzialità e le risorse di cui le migrazioni sono portatrici. In questa
direttrice, allora, prendono corpo gli interventi di accoglienza che
favoriscono e accompagnano un inserimento integrale di migranti, richiedenti
asilo e rifugiati nel nuovo contesto socioculturale, senza trascurare la
dimensione religiosa, essenziale per la vita di ogni persona".
D'altro canto, se "ogni
Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori e di attuare politiche
dettate dalle esigenze generali del bene comune, ma sempre assicurando il
rispetto della dignità di ogni persona umana", "il cammino di
integrazione comprende diritti e doveri, attenzione e cura verso i migranti perché
abbiano una vita decorosa, ma anche attenzione da parte dei migranti verso i
valori che offre la società in cui si inseriscono".
E se il diritto della persona ad
emigrare è iscritto tra i diritti umani fondamentali, "nel contesto
socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto a emigrare, va
riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere
nella propria terra", come già ebbe a dire Giovanni Paolo II.
"A tale proposito, non
possiamo dimenticare la questione dell'immigrazione irregolare, tema tanto più
scottante nei casi in cui essa si configura come traffico e sfruttamento di
persone, con maggior rischio per donne e bambini. Tali misfatti vanno
decisamente condannati e puniti, mentre una gestione regolata dei flussi
migratori, che non si riduca alla chiusura ermetica delle frontiere,
all'inasprimento delle sanzioni contro gli irregolari e all'adozione di misure
che dovrebbero scoraggiare nuovi ingressi, potrebbe almeno limitare per molti
migranti i pericoli di cadere vittime dei citati traffici. Sono, infatti,
quanto mai opportuni interventi organici e multilaterali per lo sviluppo dei
Paesi di partenza, contromisure efficaci per debellare il traffico di persone,
programmi organici dei flussi di ingresso legale, maggiore disponibilità a
considerare i singoli casi che richiedono interventi di protezione umanitaria
oltre che di asilo politico".
"Alle adeguate normative -
conclude il Papa - deve essere associata una paziente e costante opera di
formazione della mentalità e delle coscienze. In tutto ciò è importante
rafforzare e sviluppare i rapporti di intesa e di cooperazione tra realtà
ecclesiali e istituzionali che sono a servizio dello sviluppo integrale della
persona umana. Nella visione cristiana, l'impegno sociale e umanitario trae
forza dalla fedeltà al Vangelo, con la consapevolezza che «chiunque segue
Cristo, l'uomo perfetto, diventa anch'egli più uomo» (Gaudium et spes,
41)".
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