Ulaanbaatar
- Per la giovanissima Chiesa della Mongolia, l'Anno della Fede "è una
sfida e un invito a ripartire dal catechismo. Ecco perché oggi più che mai i
formatori cattolici sono fondamentali". Con queste parole mons. Wenceslao
Padilla, vescovo di Ulaanbaatar, ha aperto il corso mensile di formazione per i
catechisti che si è svolto nella capitale mongola.
La prima missione mongola venne
aperta nel 1992 proprio da mons. Padilla, che arrivò a Ulaanbaatar con due
confratelli della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria. Oggi sono 64 i
missionari che, provenienti da 18 Paesi, lavorano con la comunità locale:
appartengono a 9 congregazioni religiose e alla diocesi coreana di Daejeon. Nel
frattempo, i cattolici hanno raggiunto le 415 unità.
Al momento, i catechisti sono 16
e lavorano sia a Ulaanbaatar che a Shuwuu: in totale sono 3 le parrocchie
diocesane del Paese. A coordinarli sarà la signora Rufina, che ha studiato a
Roma per 3 anni, presentata alla sua squadra lo scorso 9 ottobre. Fino a oggi,
l'impegno principale del gruppo è stato quello di tradurre dall'inglese al
mongolo i testi fondamentali per l'educazione cattolica. Ora, le cose stanno
per cambiare.
Dopo un momento di confronto e di
dialogo sulla propria missione, infatti, i catechisti si sono riuniti per
ascoltare il vescovo. Secondo mons. Padilla "l'Anno della Fede e il
50esimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II ci chiamano a una
nuova missione, a una rinnovata spinta evangelizzatrice. Insieme a queste
ricorrenze, la Mongolia festeggia i primi 20 anni della propria esistenza: un
sentiero difficile ma anche gratificante".
"Ora - ha concluso il
presule - dobbiamo portare nelle nostre parrocchie il programma del terzo anno
pastorale: Seguitemi in una via di santità. Ed è compito vostro fare in modo
che il messaggio arrivi a tutti e venga compreso per quello che è: un rilancio
della fede e della missione della Chiesa in Mongolia".
Le FMA - Sr. Hanako e Sr. Agnes -
con i bambini e giovani di Darkhan – Mongolia
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