La testimonianza di un missionario del
Pime in Cambogia da 12 anni. "Sono stato prete, parroco, assistente
spirituale, costruttore, liturgista, economo, insegnate, superiore, manager e
chi più ne ha più ne metta. Ho conosciuto paesi e persone che mai avrei pensato
di incontrare nella mia vita. Tutto è stato una lieta sorpresa in questi 12
anni, anche il male e il peccato alla fine sono stati una lieta
sorpresa".
In occasione dell'Anno della
fede, AsiaNews pubblica testimonianze di persone che hanno fatto dell'amore per
la croce lo scopo della loro vita. "Com'è bello e misterioso guardare
quello strumento di morte e di tortura e poter dire: la vita, quella vera,
viene da lì, viene da quel dolore, viene da quei chiodi, viene da quel
sangue".
Phnom Penh (AsiaNews) - Sono
passati 12 anni dal giorno del mio arrivo in Cambogia. 12 anni, non sono uno
scherzo per me che ho "solo" 45 anni, una parte importante della mia
vita; sicuramente la più bella e la più intensa. 12 anni vissuti alla sequela
del Buon Gesù che mi ha condotto dove mai avrei pensato di arrivare, ho fatto
cose che mai avrei pensato di poter fare: prete, parroco, assistente spirituale,
costruttore, liturgista, economo, insegnate, superiore, manager e chi più ne ha
più ne metta. Ho conosciuto paesi e persone che mai avrei pensato di incontrare
nella mia vita. Tutto è stato una lieta sorpresa in questi 12 anni, anche il
male e il peccato alla fine sono stati una lieta sorpresa; si, una
sorpresa lieta perché non sono mai riusciti ad avere l'ultima parola ma, da
tutte quelle situazioni che avrebbero potuto ferirmi, il Signore ha saputo
trarre una nota di bene, di speranza e di progresso spirituale inaspettati.
Proprio ieri leggevo su una
rivista il ricordo di un giornalista circa la sua ultima intervista al
compianto Cardinal Martini; il giornalista si rammaricava di non aver potuto
commentare col Cardinale una lettera che un detenuto chiese ad un volontario di
scrivere per lui, indirizzata alla sua fidanzata. La lettera era uscita molto
sintetica e suonava brutalmente così: Scusami, sono un pirla, ti amo (perdonate
la crudezza della parola usata...). Che bello saper dire così, con poche parole
saper racchiudere il senso di una intera esistenza: richiesta di perdono,
riconoscimento della propria pochezza e, nonostante tutto, essere ancora capaci
di desiderare di amare e di essere amato. Ed io, dopo 13 anni di sacerdozio e
12 di Cambogia, vorrei dire la stessa cosa al Signore Gesù che sto
contemplando, mentre scrivo, sulla croce qui davanti a me: Scusami, sono un
pirla, ti amo.
Può sembrare una parola dura e
poco educata, ma dice bene come mi sento di fronte alla bellezza e alla maestà
del Nostro Signore che per amore muore sulla croce per noi. Di fronte alla
tracotanza di tanto amore non possiamo che riconoscere un bisogno viscerale e
assolutamente inevitabile del suo perdono, sempre, comunque,
incondizionatamente. Chi di noi potrebbe mai dirsi "degno" di Lui
anche solo per un istante? Che tristezza quando qualcuno si accosta al
confessionale e mi dice: Padre io non ho peccati... Che tristezza che mi lascia
nel cuore questa immensa piccolezza di spirito. Perché fratello ti senti così grande
e puro? Ma non vedi che non sei nulla e non puoi nulla di fronte a quell'uomo
che per te è morto sulla croce? Quella croce e quei chiodi salvano anche te dal
tuo peccato e dalle tue miserie. Come puoi anche solo pensare di non aver
bisogno di questa grande e incommensurabile misericordia?
Guarda la croce, guarda il
crocifisso e amalo, abbraccialo come faceva Giovanni Paolo II! Senza
quell'amore così, senza sponda, senza limiti, che scandalosamente non chiede
nulla in cambio, tu non puoi e non sei nulla. Che strumento adorabile è la
croce! Com'è bello e misterioso guardare quello strumento di morte e di tortura
e poter dire: la vita, quella vera, viene da lì, viene da quel dolore, viene da
quei chiodi, viene da quel sangue che cola. E lì, su quella croce, dentro quei
chiodi, nelle gocce di quel sangue che dolorosamente cola, là si incastonano
tutti i dolori del mondo. Anche il mio e il tuo! E non dire che tu non hai un
dolore che ha bisogno di essere redento, perchè sarebbe il segno che sei morto
dentro, non osare pensarlo, ma guarda dentro di te e scopri e ama quel tuo
dolore, perchè su quel dolore è pronta ad incastonarsi la Gloria della Croce,
ma succederà solo se tu lo vorrai.
Troppo spesso, noi cristiani, ci
dimentichiamo che la Croce è strumento di salvezza; troppo spesso dimentichiamo
che il dolore e la sofferenza, non sono altro che l'altro lato della Croce di
Cristo.
Domenica scorsa sono andato a
portare la comunione agli ammalati; stranamente in Cambogia il prete non va mai
da solo, ma è sempre accompagnato da un nugolo di giovani che portano gioia
nelle case dei nostri anziani. Entriamo nell'ultima casa e la nonnina che
conosciamo da molto tempo è molto dolorante, le medicine non l'aiutano più.
Cerca di voltarsi sul fianco per accogliere il Signore nell'Eucaristia ma ogni
singolo movimento al fa urlare di dolore. Le dico di rimanere sdraiata come
meglio si sente. Cominciamo la breve liturgia con i ragazzi che guardano al
nonnina stralunati nel vedere tanta sofferenza. La nonna si quieta, le dò il
Corpo di Cristo, la benedizione finale e poi le sussurro nell'orecchio: nonna,
ricordati che stai vivendo un momento privilegiato della tua vita; questo
dolore non è solo per te ma per il mondo intero, pensa che sei strettamente
unita a Gesù in croce, il tuo dolore è il suo dolore, ma è un dolore che
salva il mondo. Il tuo dolore, nonna, è per il bene tuo e di tutto il mondo.
Sappi che Gesù ora ti è vicino in modo particolare. La nonna si calma, mi
stringe la mano e con un sorriso e una lacrima che le riga il volto mi congeda.
Ogni volta che alzo l'ostia
consacrata all'altare della chiesa del Bambin Gesù qui a Phnom Penh, non posso
evitare di vedere l'ostia e dietro di essa la grande croce appesa al soffitto
che scende fin appena sopra l'altare, ed ogni volta mi dico: Il Signore che sto
stringendo nelle mani è lo stesso Signore che vedo sulla Croce ora; croce e
risurrezione che diventano, nell'Eucaristia, una cosa sola, un momento unico.
Così dovrebbe essere anche nella nostra vita: sapere che gioia e dolore sono una
cosa sola; la sintesi sta nel sorriso della nonna con una lacrima che le solca
il viso rugoso. Ma tutto questo lo capiremo meglio quando saremo nella
magnifica Gloria della vita risorta in Cristo. Quanta nostalgia di quel
momento!
Ad ognuno auguro di sperimentare
e di saper cogliere la straordinaria e delicata presenza del Risorto nel
dolore, nella malattia e anche nel peccato. Sì perchè nel peccato Gesù non ci
lascia mai soli, ma proprio in quel momento viene a cercarci e implorarci di
redimerci e di tornare da lui. Come potrebbe lui pensare di perdere anche uno
solo di noi dopo aver accettato il dolore scandaloso della Croce? Quando siamo
nel peccato Gesù non può far altro che venire a bussare al nostro cuore e dirci
insistentemente: torna ti prego, senza di te non posso stare!
Stasera prima di andare a
dormire, date un bacio al crocifisso e ditegli: scusami, sono un pirla, ti amo!
E magari ditevelo anche tra marito e moglie, genitori e figli; credo che non
possa far male.
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