La lunga strada verso l'unità nel
riconoscere il valore della missione ad gentes, quello dei missionari, delle
giovani Chiese e di Propaganda Fide. Parla un testimone del Concilio (terza
parte).
Roma - Ho già parlato delle
quattro difficoltà che hanno ostacolato il cammino del Decreto missionario
"Ad Gentes" del Concilio Vaticano (v.
qui). Ecco la quinta:
5) Dopo la III sessione del
Concilio (1964), l'impianto dell'Ad Gentes lasciava poco spazio alle nuove
Chiese d'Asia, Africa e Oceania, parificandole in tutto a quelle d'antica
tradizione cristiana; teneva conto dell'unità della Chiesa, ma non della
cattolicità; non incoraggiava il pluralismo delle espressioni teologiche e di
vita cristiana; rifletteva ancora la classica visione delle missioni che si
muovono dall'Occidente verso altri continenti.
A questa critica s'è posto
rimedio, come diremo; mentre i giudizi negativi e le proposte per la
Congregazione della Santa Sede per le missioni, Propaganda Fide, non hanno
portato ad un vero cambiamento nel testo preparato prima del Concilio. Da un
lato si chiedeva addirittura l'abolizione della Congregazione per
l'evangelizzazione dei non cristiani, in quanto la Chiesa è una sola (allo
stesso modo si era chiesto l'inserimento dei principi biblico-teologici sulla
missionarietà della Chiesa nella costituzione sulla Chiesa stessa); al
contrario, molti padri conciliari chiedevano il potenziamento di Propaganda,
con commissioni di studio e la presenza attiva e incisiva della Congregazione
nelle varie regioni di missione, affinché ricuperasse il suo ruolo di guida,
superando la funzione giuridica e di finanziamento delle diocesi missionarie
che era venuta assumendo.
Infatti, dalla nascita (1622)
all'inizio del secolo XX Propaganda Fide aveva avuto un ruolo forte, vigoroso,
nella strategia e nella guida concreta del lavoro missionario, così come nella
vita degli istituti e dei missionari stessi; ma dopo la prima enciclica
missionaria di Benedetto XV ("Maximum illud", 1919) le missioni sono
state sempre più integrate nella vita ordinaria della Chiesa: il ruolo di
Propaganda si riduce, perde di mordente, mentre acquista forza la Segreteria di
Stato, con le relative nunziature apostoliche, e le altre Congregazioni della
Santa Sede. Questo il tema che non pochi vescovi missionari volevano discutere
per rilanciare la Congregazione delle missioni, della cui libertà di giudizio e
d'azione sentivano grande necessità: i vescovi missionari volevano maggiori
libertà, che potevano essere garantite solo da Propaganda Fide. Non si è fatto
nulla per mancanza di tempo nella corsa finale e anche perché il movimento di
centralizzazione e unificazione forse era inevitabile.
Il capitolo "I
missionari" (capitolo IV°) è nuovo rispetto all'originale del documento,
introdotto dopo la II sessione del Concilio. Il testo riafferma la
"vocazione speciale" alle missioni estere, mettendo in risalto la
specificità degli istituti esclusivamente missionari, che diversi contestavano
(specie i religiosi).
Un altro tema che ho seguito
bene, anche nell'azione di "lobby" dei vescovi amazzonici, è quello
dei territori missionari d'America Latina. Mons. Arcangelo Cerqua del Pime,
prelato di Parintins (Amazzonia brasiliana) e mons. Aristide Pirovano anche lui
del Pime, prelato di Macapà in Amazzonia, si sono fatti promotori di un'azione
(diciamo "lobbistica") che ha portato ad inserire nell'Ad Gentes,
all'ultimo momento, la nota 37 del Capitolo VI°, che equipara le (allora) 35
prelazie dell'Amazzonia brasiliana (ma anche molte altre d'America Latina) ai
territori missionari dipendenti da Propaganda Fide. Altrimenti l'America Latina
rimaneva esclusa dagli aiuti delle Pontificie opere missionarie, ai quali oggi
ha diritto. Nella votazione decisiva (novembre 1965), 117 padri d'America
Latina bocciano la definizione della missione che sembrava non includerli,
mentre la loro situazione era di fatto ben missionaria. Ma anche con 117
contrari (su 2.153 voti), la definizione sarebbe passata; il fatto è che altri
712 padri votano in favore ma "iuxta modum", quindi il testo era da
rifare perché non approvato dai due terzi! Quindi si è giunti a far inserire le
prelazie dell'America Latina fra i territori aiutati delle Pontificie opere
missionarie.
Questo fatto non deve
meravigliare. Noi crediamo che lo Spirito Santo guidasse davvero l'Assemblea
del Vaticano II, che era formato da vescovi di ogni parte del mondo, con
mentalità ed esperienze del tutto diverse. I vescovi quindi discutevano anche
fuori dell'Assemblea conciliare e si formavano gruppi favorevoli o contrari al
tema in discussione. Nella comunità del Pime a Roma avevamo due arcivescovi e
dodici vescovi missionari tutti italiani, durante il pranzo e la cena, ma anche
nella vita comunitaria, era interessante sentire i pareri, i dibattiti, le
motivazioni che ciascun vescovo portava a favore della tesi che sosteneva. Ci
sono fatti come quello dell'Ad Gentes, ma anche parecchi altri (ad esempio
l'approvazione della collegialità del Papa con l'episcopato), la cui
approvazione è risultata a tutti un evidente intervento dello Spirito Santo!
Nella nostra Commissione, siamo
giunti quasi alla fine del Concilio e l'Ad Gentes non era pronto. Nella pausa
fra la III e la IV sessione, quella conclusiva, c'era in commissione un senso
di ansia, in qualcuno anche di quasi disperazione. Rispetto al primo schema, il
testo era stato capovolto e non c'era più il tempo di sistemarlo bene. Lo
"Schema Decreti de Activitate Missionali Ecclesiae" (in cinque
capitoli, quello approvato al termine del Concilio ne ha sei), approvato dal
Papa, è stampato il 28 maggio 1965 e durante l'estate inviato ai padri conciliari.
Era circa cinque volte più esteso delle precedenti "13 proposte" a
cui si pensava di ridurre il documento!
Pareva un successo incredibile,
ma non basta ancora: l'impegno più pesante per la Commissione delle missioni
viene dopo, con i pareri dei vescovi ricevuti in estate e l'inizio dell'ultima
sessione conciliare il 14 settembre 1965. I mesi decisivi sono ottobre e
novembre, quando si introduce un capitolo allo schema, il III°: "De
Ecclesiis particularibus", che parte lodando il progresso e "la salda
stabilità delle Chiese giovani" e le vede non più solo come fine della
missione ("impiantare la Chiesa in mezzo ai popoli e ai gruppi che ancora
non credono in Cristo", n. 6), ma come agenti attivi e soggetti della
missione. Viene dato maggior spazio e rilievo all'azione dei laici, si riscrive
il capitolo su "I missionari" (il IV°), amplificandolo e
arricchendolo con molte delle osservazioni suggerite dai vescovi. In novembre
ci sono 20 votazioni sul decreto missionario, approvato dalla grande maggioranza
ma con circa 500 pagine di "modi", di suggerimenti, di discorsi in
aula che chiedevano ancora aggiunte, correzioni, espressioni diverse. Mancava
meno di un mese al termine del Concilio e ancora sembrava quasi di dover
ricominciare da capo!
Poi, misteriosamente, alla fine
tutto è andato a posto: l'insieme del decreto è approvato da 2.162 voti
favorevoli e 18 contrari; e nell'ultima seduta pubblica, 2.394 favorevoli, solo
5 contrari, il più alto livello di unanimità nelle votazioni del Concilio!
"Lo Spirito Santo c'è davvero!", esclama il card. Agagianian.
Per le parti precedenti, vedi:
28/09/2012 Riscopriamo
la fede, riscopriamo il Concilio
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