Oggi si celebra la prima Giornata
internazionale Onu delle ragazze bambine. In Pakistan continua l’ondata di
indignazione per l’attacco a Malala Yousafzai. La condanna del capo
dell’esercito; taglia di 100mila dollari per chi fornisce informazioni utili alla
cattura dei talebani. Leader islamo-cristiani a Islamabad: collaborazione con
l’Onu per una reale tutela dei diritti umani.
Lahore - Il governo pakistano deve rafforzare la collaborazione con gli organismi internazionali, e le Nazioni Unite in particolare, per raggiungere l'obiettivo di una migliore tutela dei diritti umani. È quanto auspicano un gruppo di leader cristiani e musulmani, riuniti a Lahore per una conferenza promossa dalla Commissione nazionale di Giustizia e pace della Chiesa cattolica (Ncjp). In concomitanza con la prima Giornata internazionale delle ragazze bambine, indetta dall'Onu e che si celebra in tutto il mondo l'11 ottobre, il forum interreligioso chiede a Islamabad di tutelare con forza "i diritti dei minori e delle donne" da attentati, stupri e violenze. Un appello che cade a poche ore dall'attacco alla 14enne attivista pakistana Malala Yousafzai (cfr. AsiaNews 10/10/2012 Malala Yousafzai, giovane attivista pakistana, è "fuori pericolo"), che ha sollevato ira e indignazione nel Paese e nel mondo intero.
Oggi si celebra la prima giornata
dedicata dalle Nazioni Unite alle ragazze bambine. Tema - e proposito - di
questa edizione 2012 la lotta contro la pratica delle spose bambine, che tocca
diverse nazioni al mondo fra cui Pakistan e Afghanistan. Esso impedisce alle
minori di studiare, privandole di un diritto fondamentale che preclude la
possibilità di crescita e uno sviluppo completo della persona. Fra le cause
della pratica, vi sono discriminazioni di genere, povertà e motivazioni di
carattere religioso o sociale.
A Lahore, su iniziativa di un
gruppo di attivisti musulmani e cristiani e sotto l'egida di Ncjp, si è tenuta
una conferenza che ha analizzato proprio il rispetto dei diritti umani, con una
particolare attenzione alle violazioni contro donne e bambine. I promotori
chiedono al governo pakistano di avviare una seria collaborazione con gli
organismi internazionali e sfruttare le opportunità, per "superare gli
ostacoli nel solco di un reale miglioramento della situazione in materia di
diritti umani". Finora Islamabad ha dato prova "di non essere un
membro serio e affidabile", perché non ha saputo tutelare gli elementi
deboli della società, fra cui "bambini, donne, lavoratori [sfruttati] e
minoranze" etniche e religiose.
Per migliorare la realtà del
Paese e raggiungere gli obiettivi prefissati, i leader islamo-cristiani
rivolgono al governo alcune "raccomandazioni", riassumibili in
quattro punti chiave: applicare i trattati internazionali già ratificati e
accordare le leggi nazionali ai diritti umani universali; prendere misure
concrete, invece di sbandierare slogan su presunti - e fasulli - progressi;
creare istituzioni o organismi indipendenti per vigilare sul rispetto dei
diritti umani, a livello nazionale e locale; più collaborazione con la comunità
internazionale e le istituzioni, favorendo in particolare l'ingresso e il
lavoro dei membri Onu.
Intanto in Pakistan continua
l'ondata di indignazione popolare per l'attentato talebano ai danni di Malala
Yousafzai, 14enne attivista per l'istruzione delle ragazze in Pakistan, colpita
con due colpi di pistola e dichiarata dai medici fuori pericolo dopo un
delicato intervento chirurgico. Il presidente Asif Ali Zardari conferma il
proposito dell'esecutivo di difendere il diritto delle bambine e delle giovani
allo studio. In una rara dichiarazione alla stampa, il potente capo
dell'esercito gen. Ashfaq Kayani definisce Malala una "icona" che
infonde "coraggio e speranza" e bolla come "ambizione crudele"
quella dei talebani che vogliono imporre la loro "ideologia deviata".
Funzionari governativi hanno infine promesso premi per circa 100mila dollari a
chi fornisce informazioni valide per la cattura degli autori
dell'attentato.
La terribile vicenda di Malala
Yousafzai è solo uno dei moltissimi casi di violazione ai diritti di donne e
bambine in Pakistan, soprattutto fra le minoranze religiose. Fra i tanti
esempi, ricordiamo Rimsha Masih, la 14enne cristiana con problemi mentali,
accusata di blasfemia e ora sotto processo con false accuse, montate ad arte da
un leader islamico di Islamabad. E ancora Asia Bibi, cristiana e madre di
cinque figli, condannata a morte sempre in base alla "legge nera" -
in attesa dell'appello - e che da due anni è rinchiusa in una cella di massima
sicurezza. Nonostante gli appelli del Papa e gli interventi della comunità
internazionale resta in prigione, con la concreta minaccia di rimanere vittima
di un omicidio extragiudiziale; tuttavia, la donna continua a lottare confortata
dalla fede e dalla speranza di riabbracciare - un giorno - i propri cari.
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