Per le vie della città manifestanti
pacifici hanno invocato la fine delle violenze a sfondo confessionale. Condanna
anche contro il film blasfemo che ha seminato morte e devastazioni. Leader
cristiano: “negoziati” per la pace e maggiore presenza dello Stato. Politico
musulmano: il governo promuova il rispetto delle “diversità” etnico-religiose.
Faisalabad - Una marcia
islamo-cristiana per chiedere la fine delle violenze contro le minoranze
religiose, il rispetto dei diritti umani e la fine degli attacchi personali
contro giornalisti, donne e lavoratori innocenti. È l'iniziativa promossa dalla
società civile di Faisalabad (nel Punjab), all'insegna del motto "La
non-violenza per una coesistenza pacifica". Promotori della marcia le
organizzazioni Peace and Human Development (Phd Foundation), guidato
dal leader cristiano Suneel Malik, e la Association of Women for Awarness
and Motivation (Awam), della leader cristiana Naseem Anthony.
La manifestazione per le vie
della città si è svolta il 2 ottobre scorso, in concomitanza con i
festeggiamenti per la nascita del Mahatma Gandhi; proprio in quel giorno si
celebra a livello internazionale la Giornata per la pace e la non-violenza,
indetta per la prima volta nel 2007, secondo i principi ispiratori della
politica del leader indiano assassinato da un estremista indù nel 1948.
I dimostranti, cristiani e
musulmani uniti, hanno condannato ogni forma di violenza, torture e
discriminazioni perpetrate in nome della religione. Essi hanno anche condannato
gli attacchi alla sensibilità dei fedeli, citando il caso del film
anti-islamico "L'innocenza dei musulmani" che ha seminato morte e
devastazioni in tutto il mondo.
Interpellato da AsiaNews il
leader di Phd Foundation Suneel Malik sottolinea che "lo Stato deve
promuovere pace e armonia" e per raggiungere l'obiettivo è necessario
"un tavolo di negoziati" fra le varie fazioni. Naseem Anthony, di Awam,
denuncia "gli omicidi dei giornalisti che cercano di raccontare la verità
dietro i fatti" e sottolinea come la professione sia ormai considerata
foriera "di morte" in Pakistan.
Il politico musulmano Arif Ayaz
lancia un appello al governo, perché "rispetti e promuova le diversità
etniche, religiose, linguistiche e culturali" che compongono il Paese, per
creare un vero "clima di armonia". Nasreen Bukhari, sindacalista
musulmano, spiega che "una cultura della non-violenza può essere resa
possibile solo se ciascun individuo - parte dell'intera società - persegue
l'obiettivo" della pace e dell'armonia sociale. Infine l'attivista Asghar
Shaheen, di fede islamica e impegnato a difesa dei diritti dei lavoratori,
secondo cui "lo Stato deve garantire il rispetto della legge" e al
contempo "proteggere i diritti dei gruppi emarginati, come minoranze,
operai, donne, bambini e disabili".
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