8 ottobre 2012

Faisalabad, marcia islamo-cristiana per la pace e la libertà religiosa (di Shafique Khokhar)


Per le vie della città manifestanti pacifici hanno invocato la fine delle violenze a sfondo confessionale. Condanna anche contro il film blasfemo che ha seminato morte e devastazioni. Leader cristiano: “negoziati” per la pace e maggiore presenza dello Stato. Politico musulmano: il governo promuova il rispetto delle “diversità” etnico-religiose.

Faisalabad - Una marcia islamo-cristiana per chiedere la fine delle violenze contro le minoranze religiose, il rispetto dei diritti umani e la fine degli attacchi personali contro giornalisti, donne e lavoratori innocenti. È l'iniziativa promossa dalla società civile di Faisalabad (nel Punjab), all'insegna del motto "La non-violenza per una coesistenza pacifica". Promotori della marcia le organizzazioni Peace and Human Development (Phd Foundation), guidato dal leader cristiano Suneel Malik, e la Association of Women for Awarness and Motivation (Awam), della leader cristiana Naseem Anthony.
La manifestazione per le vie della città si è svolta il 2 ottobre scorso, in concomitanza con i festeggiamenti per la nascita del Mahatma Gandhi; proprio in quel giorno si celebra a livello internazionale la Giornata per la pace e la non-violenza, indetta per la prima volta nel 2007, secondo i principi ispiratori della politica del leader indiano assassinato da un estremista indù nel 1948.
I dimostranti, cristiani e musulmani uniti, hanno condannato ogni forma di violenza, torture e discriminazioni perpetrate in nome della religione. Essi hanno anche condannato gli attacchi alla sensibilità dei fedeli, citando il caso del film anti-islamico "L'innocenza dei musulmani" che ha seminato morte e devastazioni in tutto il mondo.
Interpellato da AsiaNews il leader di Phd Foundation Suneel Malik sottolinea che "lo Stato deve promuovere pace e armonia" e per raggiungere l'obiettivo è necessario "un tavolo di negoziati" fra le varie fazioni. Naseem Anthony, di Awam, denuncia "gli omicidi dei giornalisti che cercano di raccontare la verità dietro i fatti" e sottolinea come la professione sia ormai considerata foriera "di morte" in Pakistan.
Il politico musulmano Arif Ayaz lancia un appello al governo, perché "rispetti e promuova le diversità etniche, religiose, linguistiche e culturali" che compongono il Paese, per creare un vero "clima di armonia". Nasreen Bukhari, sindacalista musulmano, spiega che "una cultura della non-violenza può essere resa possibile solo se ciascun individuo - parte dell'intera società - persegue l'obiettivo" della pace e dell'armonia sociale. Infine l'attivista Asghar Shaheen, di fede islamica e impegnato a difesa dei diritti dei lavoratori, secondo cui "lo Stato deve garantire il rispetto della legge" e al contempo "proteggere i diritti dei gruppi emarginati, come minoranze, operai, donne, bambini e disabili". 

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