Tanti i fedeli presenti in Piazza San Pietro, circa 20mila: grande il loro
entusiasmo per l’apertura dell’Anno della fede. Ascoltiamo alcune testimonianze
raccolte da Paolo Ondarza:
R. – Sono venuta qua proprio per
sentirmi cellula viva della Chiesa.
R. – Siamo chiamati a essere
cristiani credibili.
R. – Per tutti noi cristiani è un
anno importante.
D. – Che cosa vuol dire testimoniare la fede nella sua vita?
R. – Essere d’esempio per gli
altri ed essere coerente.
R. – Diffondere la pace.
R. – E’ un riavvicinarsi a Dio,
per chi magari ha perso la strada.
D. – E’ difficile testimoniare la fede oggi?
R. – A volte sì.
R. – Certe volte, forse, noi
cristiani abbiamo paura di testimoniare con la vita e restiamo in disparte.
Invece dovremmo avere quel coraggio che hanno avuto i Santi, che hanno avuto i
martiri, di testimoniare ovunque che Cristo è veramente la nostra vita.
D. – Che cosa vuol dire questo inizio dell’Anno della fede?
R. – E’ un impegno che deve
assumere ciascuno di noi per testimoniare la fede nel mondo, perché penso che
giorno dopo giorno, in qualsiasi strada, ufficio o posto di lavoro, noi
troviamo il modo per testimoniare Cristo, non mettendoci a sventolare bandiere,
ma attraverso le nostre azioni.
R. – E’ un evento importante. Per
noi è un ritornare alle radici di ciò che siamo e di ciò che vogliamo essere.
R. – Andare a riscoprire
soprattutto nel nostro contesto, nella nostra società, quelle che sono le
nostre origini, la nostra fede, i nostri principi.
D. – Ha detto il Papa: “Occorre recuperare l’ardore della testimonianza”, quella fiamma che animava anche i primi apostoli...
R. – Dobbiamo ripartire proprio
dal Vangelo, dalla bellezza di sentirsi cristiani!
R. – Essere confermati nella fede
da parte del Successore di Pietro è una cosa molto importante per noi,
soprattutto per noi giovani. Noi diciamo che la nostra generazione non è solo
la generazione di Facebook o la generazione di Twitter, ma è la generazione di
Cristo, una generazione che crede ancora nei valori veri, che ha ancora fede,
una fede ancora più forte.
D. – Oggi c’è il rischio di essere derisi, per il fatto di essere cristiani?
R. – Sì, c’è il rischio: alcuni
di noi vengono derisi quotidianamente a causa della fede. Noi dobbiamo dire ai
nostri coetanei – io sono un giovane di 16 anni – nei licei, negli istituti, di
non aver paura di credere in Cristo, di non aver paura di rivelare se stessi.
D. – Come vivete questo inizio dell’Anno della fede?
R. – Con molta felicità!
D. – 50 anni fa il Concilio Vaticano II...
R. – Io ho 50 anni, sono nata con
il Concilio e ho vissuto tutto questo percorso e per me essere qui oggi è molto
importante.
R. – Io allora ero piccola,
quindi non capivo il senso di certe parole e che cosa volessero dire. Con il
passare degli anni, e vivendo in prima persona la fede che il Concilio ci ha
mostrato, è diventata più grande la gioia di essere cristiana e la nostra
testimonianza si è fatta più vera. Perché la fede, prima ancora di essere
detta, deve essere vissuta.
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