23 maggio 2013

Santa Sede: aperta la XX Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio Migranti

Città del Vaticano - Si stima che almeno 100 milioni di persone abbiano lasciato a “malincuore le loro case o si trovino in esilio” oggi nel mondo. Lo ha detto questa mattina il card. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, aprendo i lavori della XX Assemblea del Dicastero sul tema “La sollecitudine pastorale della Chiesa nel contesto delle migrazioni forzate” (fino al 24 maggio). “La presenza e la sofferenza di persone forzatamente sradicate – ha sottolineto il porporato - sono una sfida per la nostra fede, un invito a riflettere ancora una volta su cosa significhi essere cristiani e quali risposte siano necessarie”. La migrazione forzata è costituita da movimenti migratori “involontari”, ha poi spiegato citando “minacce alla vita, come persecuzione, conseguenze di conflitti o altre violazioni dei diritti umani” che “costringono le persone a spostarsi. Alcuni attraversano le frontiere internazionali e così diventano rifugiati, mentre altri restano in una diversa regione del loro Paese e sono considerati internally displaced persons”. Dopo aver ricordato i tanti organismi istituzionali che si occupano del fenomeno il card. Vegliò ha sottolineato che, “nonostante progressi compiuti” l’atteggiamento dei Paesi industrializzati e nei Paesi del Sud “è cambiato in senso negativo, allo scopo di rendere più difficile la vita ai richiedenti asilo. Tale cambiamento riguarda l’abbassamento degli standard umanitari e l’introduzione di misure restrittive. Ciò contribuisce al contrabbando di persone in viaggi pericolosi”. Da qui la costatazione che la protezione “non è una semplice concessione data al rifugiato. Il rifugiato e lo sfollato – ha detto il cardinale - sono soggetti con diritti e doveri. Se questi diritti esistenti fossero rispettati e se ci fossero maggiori e più tempestivi investimenti economici e finanziari per superare le emergenze e per avviare la ricostruzione della società, farebbe davvero la differenza”. “Non ottemperare” ai diritti dei rifugiati “ha conseguenze drammatiche. I rifugiati diventano quasi del tutto dipendenti dall’assistenza umanitaria internazionale per il cibo e altre necessità. Circa 7 milioni di persone, escludendo la popolazione dei rifugiati Palestinesi, sono costrette in situazioni prolungate, della durata media attualmente di quasi 20 anni. Ciò significa che un’intera generazione di bambini non conosce altra realtà che la situazione del campo profughi”. Durante l’Assemblea la redazione di un documento “Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate” che sarà presentato ufficialmente nelle prossime settimane. Nel documento si “dichiara molto bene che almeno questi diritti esistenti dovrebbero essere garantiti. Dobbiamo rispettare i principi, tenendo presente che la Convenzione sui rifugiati è stata considerata uno strumento minimale, atta a essere migliorata”. “Il Cristianesimo – ha concluso - fin dalle sue origini, ha sempre avuto un atteggiamento aperto al debole e allo straniero”. Da qui la richiesta ad “essere pronti a ridare continuamente nuova forma ai nostri sforzi pastorali dal momento che nuove sfide richiedono nuove risposte. Questo sarà il programma da attuare per rimanere fedeli a Gesù Cristo, straniero in mezzo a noi”. (R. Iaria)


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