La storia di Li JF, ex giudice e
difensore dei più deboli, scarcerato dopo 11 anni di detenzione per la sua
appartenenza alla Chiesa sotterranea. “Ho perso tutto, ma non Dio”.
Pechino - Un tempo giudice presidente di tribunale in una città cinese della costa orientale; poi imprigionato per 11 anni in un campo di lavoro a causa della sua appartenenza alla Chiesa sotterranea. È la storia di fratello Li JF, cattolico della Chiesa sotterranea cinese, appena scarcerato, così come la racconta Bob Fu, fondatore e presidente dell'associazione ChinaAid. "Li è stato imprigionato non per corruzione o attività criminali, ma perché dava consulenza legale gratuita ai più deboli e vulnerabili", spiega Fu.
"Avrebbe
facilmente fatto fortuna se avesse scelto di continuare semplicemente la sua
carriera legale - aggiunge - avrebbe evitato l'arresto, le botte, e le torture
rimanendo in silenzio davanti alle ingiustizie". "Ma ha scelto una
via diversa perché ha sentito la Voce nelle sue orecchie che diceva: 'Questa è
la strada, percorretela'" (Isaia 30:21).
In una lettera a
Fu dopo il suo rilascio ad aprile, Li ha scritto: "Ho perso tutto, ma ho
guadagnato la fede in Dio"!". Nella missiva descrive come la sua
salute sia peggiorata durante la detenzione, sua moglie ha chiesto il divorzio
dopo minacce da parte delle autorità, e sua figlia è scomparsa.
Il fratello
minore di Li è emigrato in Thailandia nel 2010, anche lui sotto pressione da
parte delle autorità, dopo aver passato due anni in carcere. Mentre Li era
detenuto, il governo si è impossessato della sua vecchia casa. Nonostante ciò,
"fratello Li ancora dice di avere guadagnato dalla sua incarcerazione,
perché non ha perso la sua fede in Dio", fa notare Fu.
Nel campo di
lavoro, Li lavorava 14 ore al giorno e doveva subire tre ore giornaliere di
"rieducazione".
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