San Giuseppe Vaz |
Papa Francesco canonizza il primo santo
dello Sri Lanka, "sacerdote esemplare"; al servizio "della
pace" e della "riconciliazione"; capace di "uscire" e
di vivere come "discepolo-missionario": il modello di missione della
Evangelii Gaudium. La libertà religiosa, diritto umano fondamentale.
"L'autentica adorazione di Dio" non discrimina, non odia, non è
violenta. Per le opere di carità del papa, il card. Ranjith offre un dono della
Chiesa dello Sri Lanka "povera, ma ricca".
Colombo - Giuseppe Vaz, il primo
santo dello Sri Lanka canonizzato stamane da papa Francesco è stato "un
sacerdote esemplare", al servizio "della pace" e della
"riconciliazione"; egli ha saputo "offrire la verità e la
bellezza del Vangelo in un contesto multi-religioso, con rispetto, dedizione,
perseveranza e umiltà". Davanti a circa mezzo milione di fedeli radunati
nel parco Galle Face Green, che si stende lungo la costa dell'Oceano Indiano,
Francesco lo ha indicato a modello per tutta la Chiesa: "Questa è la
strada anche per i seguaci di Gesù oggi", ha detto. E con termini legati
al suo programma di riforma della Chiesa, tratteggiato nella sua esortazione
apostolica Evangelii gaudium, ha aggiunto: "Siamo chiamati ad 'uscire' con
lo stesso zelo, con lo stesso coraggio di san Giuseppe, ma anche con la sua
sensibilità, con il suo rispetto per gli altri, con il suo desiderio di
condividere con loro quella parola di grazia (cfr At 20,32) che ha il potere di
edificarli. Siamo chiamati ad essere discepoli missionari".
La messa di canonizzazione di
Giuseppe Vaz (1651-1711), beatificato da Giovanni Paolo II proprio al Galle
Face Park nel 1995, è cominciata alle 8.30. La gente ha iniziato a radunarsi
fin dalle 3 del mattino, giungendo da tutta l'isola. La celebrazione è
variegata e armonica: per difendersi dal sole cocente, i fedeli aprono un'onda
multicolore di ombrelli; il coro e il popolo cantano in inglese, in tamil e in
singalese, ma anche in latino e in gregoriano; ai tamburi e ai sitar rispondono
i violini e l'orchestra; lo stesso papa pronuncia il canone in latino, mentre
il popolo risponde in inglese.
Nella sua omelia, papa Francesco
tratteggia anzitutto la biografia del nuovo santo: "Sacerdote Oratoriano,
dalla sua natia Goa, san Giuseppe Vaz arrivò in questo Paese, ispirato da zelo
missionario e da un grande amore per queste popolazioni. A causa della
persecuzione religiosa in atto, si vestiva come un mendicante, adempiva ai suoi
doveri sacerdotali incontrando in segreto i fedeli, spesso di notte. I suoi
sforzi hanno dato forza spirituale e morale alla popolazione cattolica
assediata. Egli ebbe un particolare desiderio di servire i malati e i
sofferenti. Il suo ministero con gli infermi, durante un'epidemia di vaiolo a
Kandy, fu così apprezzato dal re, che gli fu concessa maggiore libertà di
esercitare il ministero stesso. Da Kandy poté raggiungere altre zone
dell'isola. Si consumò nel lavoro missionario e morì, esausto, all'età di
cinquantanove anni, venerato per la sua santità".
In lui "vediamo un segno
eloquente della bontà e dell'amore di Dio per il popolo dello Sri Lanka. Ma in
lui vediamo anche uno stimolo a perseverare nella via del Vangelo, a crescere
noi stessi in santità, e a testimoniare il messaggio evangelico di
riconciliazione al quale egli ha dedicato la sua vita".
Il papa tratteggia quindi tre
caratteristiche della testimonianza del santo, dimensioni da vivere e attuare
nella missione odierna della Chiesa.
"Innanzitutto - ha detto -
egli fu un sacerdote esemplare. Qui oggi con noi ci sono molti sacerdoti,
religiosi e religiose, i quali, come Giuseppe Vaz, sono consacrati al servizio
del Vangelo di Dio e al prossimo. Incoraggio ognuno di voi a guardare a san
Giuseppe come a una guida sicura. Egli ci insegna ad uscire verso le periferie,
per far sì che Gesù Cristo sia conosciuto e amato ovunque. Egli è anche esempio
di paziente sofferenza per la causa del Vangelo, di obbedienza ai superiori, di
amorevole cura per la Chiesa di Dio (cfr At 20,28). Come noi, egli è vissuto in
un periodo di rapida e profonda trasformazione; i cattolici erano una minoranza
e spesso divisa all'interno; si verificavano ostilità, perfino persecuzioni,
all'esterno. Ciò nonostante, poiché egli fu costantemente unito nella preghiera
al Signore crocifisso, fu in grado di diventare per tutta la popolazione
un'icona vivente dell'amore misericordioso e riconciliante di Dio".
"In secondo luogo, san
Giuseppe ci ha mostrato l'importanza di superare le divisioni religiose nel
servizio della pace. Il suo indiviso amore per Dio lo ha aperto all'amore per
il prossimo; egli ha dedicato il suo ministero ai bisognosi, chiunque e
dovunque essi fossero. Il suo esempio continua oggi ad ispirare la Chiesa in
Sri Lanka. Essa volentieri e generosamente serve tutti i membri della società.
Non fa distinzione di razza, credo, appartenenza tribale, condizione sociale o
religione nel servizio che provvede attraverso le sue scuole, ospedali,
cliniche e molte altre opere di carità. Essa non chiede altro che la libertà di
portare avanti la sua missione. La libertà religiosa è un diritto umano
fondamentale. Ogni individuo dev'essere libero, da solo o associato ad altri,
di cercare la verità, di esprimere apertamente le sue convinzioni religiose,
libero da intimidazioni e da costrizioni esterne. Come ci insegna la vita di
Giuseppe Vaz, l'autentica adorazione di Dio porta non alla discriminazione,
all'odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralità della vita, al
rispetto per la dignità e la libertà degli altri e all'amorevole impegno per il
benessere di tutti".
"Infine, san Giuseppe ci
offre un esempio di zelo missionario. Nonostante fosse giunto a Ceylon per
soccorrere e sostenere la comunità cattolica, nella sua carità evangelica egli
arrivò a tutti. Lasciandosi dietro la sua casa, la sua famiglia, il conforto
dei suoi luoghi familiari, egli rispose alla chiamata di partire, di parlare di
Cristo dovunque si recasse. San Giuseppe sapeva come offrire la verità e la
bellezza del Vangelo in un contesto multi-religioso, con rispetto, dedizione,
perseveranza e umiltà. Questa è la strada anche per i seguaci di Gesù oggi.
Siamo chiamati ad 'uscire' con lo stesso zelo, con lo stesso coraggio di san
Giuseppe, ma anche con la sua sensibilità, con il suo rispetto per gli altri,
con il suo desiderio di condividere con loro quella parola di grazia (cfr At
20,32) che ha il potere di edificarli. Siamo chiamati ad essere discepoli
missionari".
"Cari fratelli e sorelle -
ha concluso - prego che, seguendo l'esempio di san Giuseppe Vaz, i cristiani di
questo Paese possano essere confermati nella fede e dare un contributo ancora
maggiore alla pace, alla giustizia e alla riconciliazione nella società
srilankese. Questo è quanto Cristo si aspetta da voi. Questo è quanto san
Giuseppe vi insegna. Questo è quanto la Chiesa vi chiede".
Verso la fine della celebrazione,
il card. Malcom Ranjith di Colombo ha ringraziato il papa per la sua venuta in
Sri Lanka e per il sostegno che egli dà alla missione dei cattolici nell'isola
"perla dell'Oceano Indiano". Poi, in italiano, ha aggiunto che la
Chiesa dello Sri Lanka è 2un Chiesa di poveri", ma "siamo anche
ricchi" e per questo ha consegnato un'offerta raccolta in questi mesi fra
i fedeli per aiutare "la carità del papa".
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