L’iniziativa è dell’università
delle Religioni e delle Confessioni, che ha sede a Quom, la città santa
dell’islam sciita, il cuore dell’Iran religioso: Ahmad Reza Meftah, Hossein
Soleimani e Hasan Quanbari hanno tradotto in lingua farsi il Catechismo della
Chiesa Cattolica. Il libro (Catechism of the Catholic
Church, Quom, The University of Religions and Denominations Press, 2014) viene
presentato nel pomeriggio del 12 gennaio presso la Pontificia Università
Gregoriana dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio
per il Dialogo Inter-Religioso, dal comboniano Miguel Ángel Ayuso Guixot,
segretario dello stesso dicastero, da Hojjat ol Eslam va ol Moslemin Sayyed
Abolhassan Navvab, rettore dell’università che ha curato la pubblicazione e da
Ahmad Meftah, preside della Facoltà delle Religioni dell’università delle
Religioni e delle Confessioni e tra gli autori della traduzione, alla presenza
di Mohammed Taher Rabbani, ambasciatore della Repubblica islamica dell’Iran
presso la Santa Sede e di padre François-Xavier Dumortier, rettore della
Pontificia Università Gregoriana.
«Non è un libro da conservare
negli scaffali di una biblioteca — avverte il cardinale Tauran nel discorso di
presentazione — ma è un vademecum che accompagna le persone, credenti o no,
nella scoperta della fede cattolica. In un mondo incoerente e in mezzo a
società caratterizzate dalle molte facce, questo testo può contribuire, ne sono
personalmente convinto, a far scoprire o riscoprire la specificità del
messaggio cristiano e dell’insegnamento di Gesù, facendo di questo un invito e
una sorgente: un invito a conoscerlo sempre di più, e una sorgente che ispiri
il vivere assieme».
Un lavoro certosino, l’ha definito Miguel Ángel Ayuso Guixot, tanto difficile quanto prezioso. «In un orizzonte culturale ormai ipotecato dal relativismo — continua il comboniano — il confronto tra le religioni è considerato dagli osservatori alla stregua di una disputa tra ciechi nati. Nondimeno le religioni non sono scomparse dall’Occidente post-moderno: esse “restano”, anzi “ritornano”. Tuttavia, segnate dal confronto con il secolarismo, ne sono mutati i connotati dottrinali, gli assetti istituzionali, le spinte ideali che le caratterizzavano in passato. L’età post-secolare non è soltanto il tempo delle “ibridazioni” delle religioni. È anche l’epoca dei rigurgiti dei fondamentalismi di varia matrice, laica e religiosa, e il tempo dell’irrazionalismo».
Un lavoro certosino, l’ha definito Miguel Ángel Ayuso Guixot, tanto difficile quanto prezioso. «In un orizzonte culturale ormai ipotecato dal relativismo — continua il comboniano — il confronto tra le religioni è considerato dagli osservatori alla stregua di una disputa tra ciechi nati. Nondimeno le religioni non sono scomparse dall’Occidente post-moderno: esse “restano”, anzi “ritornano”. Tuttavia, segnate dal confronto con il secolarismo, ne sono mutati i connotati dottrinali, gli assetti istituzionali, le spinte ideali che le caratterizzavano in passato. L’età post-secolare non è soltanto il tempo delle “ibridazioni” delle religioni. È anche l’epoca dei rigurgiti dei fondamentalismi di varia matrice, laica e religiosa, e il tempo dell’irrazionalismo».
Il nuovo impegno urgentemente
necessario, scrive sulla stessa linea padre Ayuso Guixot nel suo intervento, è
comprendere l’altro per comprendere se stessi. «Il dialogo è possibile se ci
sforziamo di comprendere gli altri e, ancor prima, se ci sforziamo di
comprenderci, cioè di comprendere noi stessi, al di là degli schemi e degli
stereotipi che ci inducono, di fatto, a entrare in conflitto. L’ermeneutica è
uno strumento che applica la ragione umana al dirsi di Dio, non per manipolarlo
o per adulterarlo, ma per metterne in luce la verità più intima, il significato
meno ovvio, meno scontato, meno evidente. Nulla a che fare con la disputa, con
la lite, con la guerra». La conoscenza reciproca, sottolinea Ayuso Guixot, è il
primo e più necessario ingrediente affinché il dia-logo — inteso e praticato
come proiezione di sé e del proprio mondo in un altro orizzonte concettuale —
non rischi di cambiare i propri connotati, diventando di-verbio.
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