Nella solennità dell’Epifania,
come ha ricordato il Papa all'Angelus, si celebra la Giornata dell’infanzia
missionaria, che quest’anno si svolge sul tema “Gli ultimi saranno i primi”. Si
tratta di una festa che intende sensibilizzare bambini e adolescenti a essere
protagonisti dell’annuncio del Vangelo attraverso scelte e stili di vita propri
della loro età. Federico Piana ne parla con padre Giulio Albanese,
direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie:
R. – Innanzitutto è importante
ricordare che si tratta di un momento privilegiato che viene offerto ai giovani
e ai giovanissimi per fare memoria della missione “ad gentes”, in altre parole
della missione fuori le mura, in terre anche geograficamente distanti da noi, senza
però dimenticare che nel mondo-villaggio globale c’è anche una dimensione
esistenziale: molte volte i lontani sono quelli che vivono accanto a noi! Va
ricordato che questa iniziativa è promossa dall’Opera dell’Infanzia
Missionaria, nata ufficialmente a Parigi nel 1843 e grazie all’intuizione del
vescovo di Nancy, mons. Charles August de Forbin-Janson. In Italia le
Pontificie Opere Missionarie sono state introdotte nel 1853 e riconosciute
ufficialmente come Pontificia Opera da Papa Pio XI nel maggio del 1922.
Attualmente, questa iniziativa a livello ecclesiale, nel contesto della
Conferenza episcopale italiana, si chiama “Missio Ragazzi”. Quello che è
importante capire è che bisogna aiutare i giovani ad entrare in quelle che sono
le dinamiche del Vangelo: anzitutto capire che essere cattolici significa
essere, nel nome del Signore, cittadini del mondo e dunque avere una apertura
davvero a 360 gradi; aiutare i ragazzi a coltivare l’educazione alla mondialità
e dunque la comprensione di valori – come la pace, la giustizia, la
solidarietà, il rispetto del Creato – che hanno davvero una valenza universale.
D. – Il tema scelto per quest’anno è “Gli ultimi saranno i primi”:
perché questo tema, padre Albanese?
R. – Il riferimento è alla
Giornata missionaria mondiale degli adulti, che abbiamo celebrato nell’ottobre
scorso, “Periferie, cuore della missione”. Qui si tratta di aiutare i ragazzi a
comprendere quella che è la logica delle Beatitudini, il mondo capovolto di
Dio. Se le Beatitudini le avessimo scritte noi, certamente non le avremmo
scritte così: avremmo scritto “beati quelli che stanno bene, che non hanno
problemi”… Dunque diciamo che questo capovolgimento – per così dire – narrativo
serve ad aiutare i ragazzi a comprendere quello che leggiamo nel Libro degli
Atti degli Apostoli, un virgolettato attribuito a Gesù che non troviamo nei
Vangeli, ma appunto negli atti degli Apostoli: nella vita in fondo c’è più
gioia nel dare che nel ricevere. E dunque essere cristiani significa vincere il
proprio egoismo, significa stare anzitutto e soprattutto dalla parte dei
poveri, di coloro che vivono nei bassifondi della storia.
D. – Concretamente cosa si fa in questa Giornata?
R. – Innanzitutto è un momento di
preghiera nel contesto della celebrazione eucaristica domenicale: dunque
aiutare i ragazzi a comprendere che la preghiera, è la prima forma di
contemplazione. C’è, però, un secondo aspetto molto importante, che è quello
della raccolta fondi: questo serve ad aiutare i ragazzi a capire che bisogna
imparare a spezzare il pane, il pane che troviamo tutti i giorni sulle nostre
tavole. La dimensione della condivisione è fondamentale, la solidarietà
appunto. C’è poi un terzo aspetto, che non va dimenticato, che è quello vocazionale:
indubbiamente in questi ultimi anni c’è stata una diminuzione consistente del
numero dei missionari “ad gentes” italiani e questo, per certi versi, significa
anche che c’è stato un certo raffreddamento della dimensione “ad gentes” e
dunque la Giornata della santa infanzia serve per aiutare i ragazzi a capire
che la nostra fede va innanzitutto e soprattutto testimoniata e che bisogna
pregare il padrone della messe “perché – come dice proprio Gesù – mandi operai
a lavorare per la causa del Regno”.
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