Papa Francesco e Mons. Francesco Montenegro |
Nessuna carriera, ma solo un
servizio: così mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ha
accolto la nomina cardinalizia annunciata da Papa Francesco all’Angelus della
scorsa domenica. Antonella Palermo gli ha chiesto come ha ricevuto la
notizia:
R. – Soprattutto con sorpresa,
perché era inattesa. Infatti, l’ho saputo con un po’ di ritardo perché a
quell’ora stavo celebrando e dopo la Messa mi è stata comunicata la notizia. La
cosa mi ha sorpreso tanto.
D. – Non se l’aspettava?
R. – No, no. Onestamente … ora,
non è per finzione: proprio non me l’aspettavo.
D. – Il Papa ha voluto scegliere
persone rappresentanti di quelle periferie a cui lui tiene particolarmente e
Agrigento è una di quelle …
R. – Penso che anche questo
c’entri, che sia un motivo per cui lui abbia voluto scegliere me. Quindi,
ritengo che questa scelta sia anche un atto di attenzione verso questa
terra di cui io dico sempre: “Siamo gli ultimi della fila”. Gli ultimi
dell’Italia, gli ultimi dell’Europa … E che il Papa abbia guardato da queste
parti, credo che sia anche un gesto di stima e di apprezzamento per quanto
questa terra sta facendo nel campo dell’accoglienza, che sta facendo anche nel
campo delle povertà, e di un territorio che ha bisogno di risorgere …
D. – I migranti continuano ad
arrivare alle coste italiane …
R. – Sì, ed è una storia che
continuerà. Noi tante volte continuiamo a parlare di “emergenza”, sembra ogni
volta una sorpresa. Ma credo che ormai dobbiamo metterlo all’ordine del giorno:
quella gente vuol vivere, ha bisogno di scappare dalla povertà, dalla violenza
… E così come abbiamo fatto noi in altri tempi, e stiamo riprendendo a fare
noi, anche loro hanno voglia di una vita diversa, migliore.
D. – Lei ha accompagnato Papa
Francesco in quella storica visita a Lampedusa. Come la ricorda, anche alla
luce di questa nomina cardinalizia?
R. – Ma … è stato un momento
straordinario: straordinario per me, che ero accanto a lui e ho potuto sentire
anche le vibrazioni del suo cuore, perché ha ripetuto più volte: “Quanta
sofferenza!”. Si sentiva davvero il pastore che sente battere il suo cuore per
la gente a cui vuol bene e per quella gente che veniva da lontano. Credo che
quello sia stato anche un insegnamento che io ho avuto nel mio ruolo di
pastore, e anche per la gente un segnale molto bello: è stato un momento di
grande festa.
D. – Questa mattina che tipo di
auguri ha ricevuto e da chi, se è possibile saperlo?
R. – Bè, gli auguri sono tanti.
Tra ieri ed oggi, molti agrigentini, molti della mia città nativa di Messina,
anche altri che ho conosciuto in funzione anche dell’impegno che ho avuto
in seno alla Caritas e con Migrantes, che mi ha permesso di conoscere tanta gente:
benevolmente hanno tentato – non a tutti ho potuto rispondere – di dirmi il
loro affetto e anche il loro impegno di preghiera. Credo che questo sia il
Signore che bussa alla porta e m’invita a tenerla sempre più aperta. E fino ad
adesso, il servizio che ho fatto è stato sempre tenere finestre e porte del
cuore aperte, e sento che ora il Signore chiama affinché le apra ancora di più.
Poter servire la Chiesa, fino ad adesso, è stato la mia gioia e il mio impegno
e continua ad essere la mia gioia e il mio impegno: non è che cambia niente di
quello che ho fatto fino ad adesso. So che non posso rallentare, non posso
fermarmi.
D. – Come si appresta a vivere da
cardinale, alla luce di quelle malattie che proprio nei giorni scorsi Papa
Francesco ha elencato? Le malattie della Chiesa, ma poi tentazioni per ogni
credente…
R. – Ma ci troveremo sempre in
ballo in questo campo … Sono contento che il Papa ogni tanto ci richiami e ci
inviti ad una fedeltà maggiore al Vangelo. Sto tentando questo impegno nella
Chiesa presso la quale sono a servizio; continuerò: non cambia niente se non
continuare e continuare – ho detto – con una marcia in più.
D. – Come vivrà il Sinodo per la
famiglia nella sua seconda fase?
R. – Non lo so. Perché è tutto un
mondo nuovo che si apre. Prima lavoravo in piccolo, anche se un piccolo
relativo perché Caritas e Migrantes mi hanno aperto all’Europa e mi hanno
aperto al mondo. E’ chiaro che ora le cose sono diverse … Ma devo imparare il
mestiere, ecco. La frase è terribile, ma la uso così, per intenderci.
D. – L’umiltà al primo posto …
R. – Ma credo che sia quello,
perché non credo che questi siano “salti di carriera”, ma sono impegni di
servizio.
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