(Italia) - In questi giorni nel nostro Paese si
susseguono gli eventi nelle varie città per le celebrazioni per i 150
anni dell’Unità d’Italia. Una memoria storica
d’inestimabile valore su cui riteniamo sia pertinente e salutare riflettere
anche in una prospettiva missionaria. D’altronde, come ha ricordato lo stesso Capo dello Stato «I festeggiamenti
per l’Unità d’Italia non sono tempo perso e denaro sprecato, ma fanno tutt’uno
con l’impegno a lavorare per la soluzione dei problemi oggi aperti davanti a
noi». Una prospettiva condivisa anche dal presidente della Conferenza
episcopale italiana, l’arcivescovo di Genova cardinale Angelo Bagnasco il quale
ha auspicato che «l’Unità d’Italia sia un tesoro nel cuore di tutti e di
ciascuno, un tesoro a cui tutti vogliamo contribuire, anche in modo diverso,
con convinzione che appartiene a tutti». Sta di fatto
che queste celebrazioni patriottiche, hanno innescato un vivace e a tratti
turbolento dibattito politico. Contrapposizioni, francamente, disdicevoli che
richiamano alla mente quelle del passato tra Guelfi e Ghibellini, quasi vi
fosse una tendenza istintiva a polemizzare sempre e comunque, anche a costo di
litigare. Eppure, di ragioni per riflettere sul proprio passato, guardando al
futuro con speranza, ve ne sono a dismisura. Alle spalle, infatti, abbiamo un
secolo e mezzo durante il quale il nostro Paese è mutato profondamente: a
partire dai i propri modelli di riferimento culturali, superando ripetutamente
momenti di crisi. Ma proprio perché le difficoltà costituiscono per la società,
sempre e comunque, un’occasione di rilancio, l’Italia è riuscita a conquistare
un posto di primo piano nel panorama internazionale. E in questo contesto, i
nostri missionari rappresentano davvero il “fiore all’occhiello” di una nazione
che oggi, grazie anche a loro, è inserita a pieno titolo nel grande “villaggio
globale”. Sono uomini e donne che hanno fatto la scelta degli ultimi,
testimoniando, anche a costo della vita, il precetto della carità. Il loro
“andare” sulle strade del mondo, come
araldi del Vangelo, è un segno eloquente di quella fraternità universale
che non conosce confini. Essi ci insegnano che il patriottismo, sotto le
vestigia del tricolore, non può essere disgiunto da quella sfera valoriale
protesa all’affermazione del “Bene Comune” dei popoli. In questo mese
ricorre anche la celebrazione della Giornata in memoria dei
missionari martiri, e come non andare con il pensiero ai tanti missionari
italiani morti negli ultimi anni per causa del Vangelo?
Vogliamo ricordare i loro nomi: monsignor
Luigi Padovese, don Ruggero Ruvoletto, Padre Giuseppe Bertaina, don Andrea
Santoro, Annalena Tonelli, Giuliano Berizzi, padre Raffaele di Bari, padre
Luciano Fulvi, monsignor Luigi Locati, monsignor Bruno Baldacci, suor Leonella
Sgarbati, suor Floriana Tirelli, suor Gina Simionato, padre Angelo Redaelli,
don Giuseppe Bessone, padre Pietro De Franceschi, padre Mario Bianco, padre
Nazareno Panciotti, padre Taddeo Gabrieli, padre Faustino Gazziero, padre Mario
Mantovani, fra Antonio Bargiggia, padre Celestino Digiovambattista, padre
Michele D’Annucci.
Missionari italiani, che con la loro testimonianza, ci esortano oggi
a dedicare la nostra vita come continua e gratuita offerta di amore a Dio e al
nostro prossimo. Anche a loro va il nostro ricordo e
il nostro grazie.
Fonte: http://www.missioitalia.it
Nessun commento:
Posta un commento