14 aprile 2015

Tra islam e cristianesimo, la prospettiva del dialogo


Dibattito in Vicariato. Scattolin (Pisai): «Distinguere tra aspetto religioso, sociale, storico e politico». Pallavicini (Coreis): «La maggior parte dei musulmani desidera vivere in pace»

«Negli ultimi trenta giorni ci sono stati: gli attacchi dell’Isis al campo profughi di Yarmuk in Siria, l’attentato al Museo del Bardo a Tunisi e la strage dei qaedisti somali al Shebaab al campus universitario di Garissa in Kenya, ma è stato anche sottoscritto l’attesissimo accordo di Losanna sul nucleare iraniano e il presidente turco Erdogan si è recato in visita ufficiale a Teheran dal suo omologo iraniano Rohani; eventi drammatici insieme a segnali positivi, perché il mondo islamico è complesso e parlare di dialogo o scontro senza distinguere parti e ruoli è fuorviante». Così Giuseppe Sacco, economista e caporedattore della rivista di geopolitica The European Journal of International Affairs, ha introdotto l’argomento dell’incontro, tenutosi sabato 11 aprile in Vicariato, dal titolo L’Islam oggi: dialogo o scontro? Il dibattito, promosso dal Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese della diocesi di Roma e moderato dalla giornalista Rai Ilaria Sotis, è stato occasione per approfondire i molti aspetti di cui è fatta la “questione islamica”. «Aspetti fondamentali per comprenderla», come ha ricordato padre Giuseppe Scattolin, docente di mistica islamica al Pontificio Istituto di Studi arabi e d’islamistica e al Centro Dar Comboni al Cairo: «Occorre saper distinguere l’aspetto religioso, quello sociale, quello storico e quello politico, quest’ultimo oggi molto problematico. L’Islam – ha sottolineato Scattolin – non è solo una fede, per cui occorre molta saggezza nell’interpretarlo».

«Cosa conosciamo – ha detto ancora Scattolin – noi del mondo islamico e il mondo islamico di noi? Tra cristianesimo, islam e ebraismo esistono molti aspetti in comune, anche se non sempre sono messi in primo piano: misericordia, amore e giustizia, per esempio, dovrebbero essere al centro di tutt’e tre le grandi religioni abramitiche, se però queste sono deviate ad altri scopi la questione è diversa. Il punto è che c’è un netto contrasto fra la realtà storica e l’idealità delle fedi, perciò occorre il dialogo». Un dialogo auspicato anche dall’imam di Milano Yahya Sergio Yahe Pallavicini, vicepresidente del Co.re.is. (Comunità religiosa islamica): «Alcuni aspetti di ignoranza della propria identità e dottrina portano a una manipolazione del sacro dove non c’è più Dio. Questo processo di secolarizzazione in occidente e confessionalismo pseudo-califfale in oriente sono molto simili. Il dialogo è fondamentale per riscoprire le nostre rispettive radici, scoprire l’ospitalità in termini sacri e ritrovare la fratellanza, indispensabile per collaborare a promuovere un argine alla degenerazione della violenza e restituire all’uomo una prospettiva di fede autentica».

Così, sebbene, come ha ricordato ancora Sacco, «la questione islamica esiste ed è principalmente dovuta alla rigidità dottrinale dell’Islam», dall’incontro è emerso come sia fondamentale saper indagare la complessità di un mondo frammentato. «Gli ignoranti – ha notato l’imam Pallavicini – tendono ad associare a se stessi il bene e agli altri il male. Uno scontro che non ha niente a che vedere con l’Islam, in cui il vero “scontro” è interiore, è essere interpreti del bene su noi stessi e con l’altro, sia della stessa fede che di fedi diverse. Gli islamisti manipolano l’Islam per i loro scopi, ed è come se il Ku Klux Klan usasse la Croce per i propri riti: lo Stato islamico dei terroristi è costruito sulla violenza e l’ignoranza ma la maggioranza dell’Islam desidera vivere in pace».