Dibattito in Vicariato.
Scattolin (Pisai): «Distinguere tra aspetto religioso, sociale, storico e
politico». Pallavicini (Coreis): «La maggior parte dei musulmani desidera
vivere in pace»
«Negli ultimi trenta giorni ci
sono stati: gli attacchi dell’Isis al campo profughi di Yarmuk in Siria,
l’attentato al Museo del Bardo a Tunisi e la strage dei qaedisti somali al
Shebaab al campus universitario di Garissa in Kenya, ma è stato anche
sottoscritto l’attesissimo accordo di Losanna sul nucleare iraniano e il
presidente turco Erdogan si è recato in visita ufficiale a Teheran dal suo
omologo iraniano Rohani; eventi drammatici insieme a segnali positivi, perché
il mondo islamico è complesso e parlare di dialogo o scontro senza distinguere
parti e ruoli è fuorviante». Così Giuseppe Sacco, economista e caporedattore
della rivista di geopolitica The European Journal of International
Affairs, ha introdotto l’argomento dell’incontro, tenutosi sabato 11 aprile
in Vicariato, dal titolo L’Islam oggi: dialogo o scontro? Il
dibattito, promosso dal Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese
della diocesi di Roma e moderato dalla giornalista Rai Ilaria Sotis, è stato
occasione per approfondire i molti aspetti di cui è fatta la “questione
islamica”. «Aspetti fondamentali per comprenderla», come ha ricordato padre
Giuseppe Scattolin, docente di mistica islamica al Pontificio Istituto di Studi
arabi e d’islamistica e al Centro Dar Comboni al Cairo: «Occorre saper
distinguere l’aspetto religioso, quello sociale, quello storico e quello
politico, quest’ultimo oggi molto problematico. L’Islam – ha sottolineato
Scattolin – non è solo una fede, per cui occorre molta saggezza
nell’interpretarlo».
«Cosa conosciamo – ha
detto ancora Scattolin – noi del mondo islamico e il mondo islamico di noi? Tra
cristianesimo, islam e ebraismo esistono molti aspetti in comune, anche se non
sempre sono messi in primo piano: misericordia, amore e giustizia, per esempio,
dovrebbero essere al centro di tutt’e tre le grandi religioni abramitiche, se
però queste sono deviate ad altri scopi la questione è diversa. Il punto è che
c’è un netto contrasto fra la realtà storica e l’idealità delle fedi, perciò
occorre il dialogo». Un dialogo auspicato anche dall’imam di Milano Yahya
Sergio Yahe Pallavicini, vicepresidente del Co.re.is. (Comunità religiosa
islamica): «Alcuni aspetti di ignoranza della propria identità e dottrina
portano a una manipolazione del sacro dove non c’è più Dio. Questo processo di
secolarizzazione in occidente e confessionalismo pseudo-califfale in oriente
sono molto simili. Il dialogo è fondamentale per riscoprire le nostre
rispettive radici, scoprire l’ospitalità in termini sacri e ritrovare la
fratellanza, indispensabile per collaborare a promuovere un argine alla
degenerazione della violenza e restituire all’uomo una prospettiva di fede
autentica».
Così, sebbene, come ha
ricordato ancora Sacco, «la questione islamica esiste ed è principalmente
dovuta alla rigidità dottrinale dell’Islam», dall’incontro è emerso come sia
fondamentale saper indagare la complessità di un mondo frammentato. «Gli
ignoranti – ha notato l’imam Pallavicini – tendono ad associare a se stessi il
bene e agli altri il male. Uno scontro che non ha niente a che vedere con
l’Islam, in cui il vero “scontro” è interiore, è essere interpreti del bene su
noi stessi e con l’altro, sia della stessa fede che di fedi diverse. Gli
islamisti manipolano l’Islam per i loro scopi, ed è come se il Ku Klux Klan
usasse la Croce per i propri riti: lo Stato islamico dei terroristi è costruito
sulla violenza e l’ignoranza ma la maggioranza dell’Islam desidera vivere in
pace».