24 aprile 2015

Immigrazione, mons. Tomasi: priorità è salvare vite umane

L’esodo dei migranti attraverso il Mediterraneo non si arresta nonostante la strage dei giorni scorsi. Dal vertice europeo a Bruxelles si attende una risposta condivisa all’emergenza immigrazione. Sull’argomento, Elvira Ragosta ha intervistato mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’Ufficio Onu di Ginevra: 


Priorità numero uno è salvare vite umane

R. – Se il Consiglio non affronta il problema in maniera quasi radicalmente nuova, che vada al di là delle solite misure di controllo, ho paura che anche questa azione, che è importante e che dà un segnale di interesse, rischi di lasciare le cose come stanno. La priorità numero uno, che il Santo Padre ha sempre fatto presente, è quella di salvare vite umane. La priorità, appunto, dev’essere non tanto la questione economica o gli interessi immediati dell’uno o dell’altro Paese, ma salvare vite umane che sono in pericolo. Questo è il punto di partenza.

Distruzione barconi in Libia non è risolutivo

D. – Tra i punti in discussione al vertice di oggi c’è anche l’individuazione e la distruzione dei barconi in Libia, prima che finiscano in mano ai trafficanti. Secondo lei, questa soluzione può essere risolutiva?
R. – Non credo! Potrebbe rallentare il movimento verso i Paesi europei. Però, se non si va alla radice del problema non troviamo una soluzione. L’emigrazione non è un fattore isolato, è legato a tutte le altre situazioni di relazioni politiche tra l’Europa e i Paesi di origine: il commercio, l’esportazione di armi, la mancanza di rispetto dei diritti umani, l’appoggio che viene dato politicamente a governi che costringono i loro cittadini, attraverso la repressione che esercitano, a fuggire per cercare una vita meno indegna.

Stop alla xenofobia

D. – Cosa può fare di più, nell’immediato, la comunità internazionale?
R. – Soprattutto, direi che in Europa è importante riprendere in mano la questione dell’accettazione e della distribuzione dei nuovi arrivati: mentre abbiamo Paesi che sono più generosi e accettano un numero rilevante di richiedenti asilo ne abbiamo altri, tra i 28 che formano l’Unione Europea, che sono molto riluttanti e che veramente ricevono un numero simbolico, insignificante di persone che hanno bisogno di trovare un nuovo Paese dove potersi sistemare. Poi, direi che bisogna vincere quell’atteggiamento di xenofobia, quella reazione negativa verso lo straniero che purtroppo trova risposte politiche in molti Paesi europei, in questi partiti che votano e raccolgono voti semplicemente argomentando contro gli immigrati. Mentre sappiamo che da una parte l’Europa ha anche bisogno di manodopera e dall’altra che a lungo andare nella storia gli emigrati hanno portato benessere a loro stessi, ai Paesi di accoglienza e ai Paesi di origine.