“Al principio del dialogo c'è l'incontro": su queste parole di Papa Francesco si è svolto l’incontro sul tema “L’Islam oggi: dialogo o scontro?" promosso in Vicariato dal Centro per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese della diocesi di Roma. Marina Tomarro ha intervistato l’imam Yahya Sergio Pallavicini vice-presidente della Comunità religiosa islamica italiana:
R. – Promuovere una nuova fratellanza vuol dire innanzitutto riscoprire le nostre origini. Noi nasciamo grazie ad un miracolo ed un mistero divino e il termine forse chiave è proprio questa fratellanza. E’ la giusta compagna nella ricerca delle nostre origini, ma anche nel cercare di sviluppare un bene comune.
D. – Oggi si parla di questione islamica, ma è così secondo lei?
R. – Secondo me una questione islamica non esiste. I veri problemi sono generati dal male. Quindi, una questione legata alla sicurezza prevede effettivamente che si debba cercare di arginare l’azione dei criminali, anche quando questi - come purtroppo capita - utilizzano la religione come scudo o come copertura. Una questione più positiva è la questione della verità o della pace e questa invece non è una questione problematica, è una cosa dove musulmani, cristiani ed ebrei devono concorrere insieme.
D. – Nel suo intervento lei ha detto che solo una minima parte sono i musulmani vicini agli estremisti. Qual è il modo migliore per combattere questo fenomeno?
R. – Pur essendo una minoranza è una minoranza che ha una capacità di contaminare le coscienze e le percezioni. L’unico modo che noi abbiamo - da teologi, da fedeli o da religiosi - è quello comunque di investire nell’educazione. Noi dobbiamo investire per una migliore conoscenza, perché la chiarezza sulle identità spirituali, confessionali, comunitarie, culturali possa essere salvaguardata, difesa da questa manipolazione. Educarci vuol dire dialogare tra di noi, affrontare teologicamente le interpretazioni sbagliate e anche seminare in un linguaggio semplice, ma anche più preciso e coerente, quelle che sono le esigenze delle nuove generazioni, quindi investire sui giovani.
D. – In che modo sono visti gli appelli di Papa Francesco per la pace?
R. – Credo che l’esempio di Papa Francesco sia un modello di relazione, di preghiera, di carità e di linguaggio universale che anche i fedeli musulmani traggono come ispirazione. E’ uno degli approcci che vale la pena di cercare di preservare, perché altrimenti il rischio è che la realtà venga affrontata o soltanto da un punto di vista mediatico o da un punto di vista di emotività. Esiste, però, accanto all’emotività, accanto alla dimensione storica, anche una dimensione dello spirito, che i veri religiosi, i veri credenti devono cercare di rinnovare. E quindi anche nell’ottica del Giubileo, come musulmani italiani ed europei, pensiamo di cercare di avere la nostra responsabilità da giocare.
Ma sull’importanza del dialogo interreligioso ascoltiamo l’economista Giuseppe Sacco, tra i relatori all’incontro:
R. – Il dialogo interreligioso è l’unica cosa che può risolvere i problemi attuali che ci sono non solo tra cristiani e musulmani, ma nel mondo musulmano. Noi viviamo in una sorta di indifferenza, ma invece ci deve importare. Abbiamo dimenticato la frase di Caino che dice: “Ma forse sono io il custode di mio fratello?” Eh sì, noi siamo i custodi, tutti ci dobbiamo preoccupare. Quindi, il dialogo è l’unica maniera per alimentare il nostro bisogno di religiosità.