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Roma - “Ancora una tragedia del mare, forse la più grave, per centinaia di migranti, per le loro famiglie e per tutti noi! È difficile unirsi alle innumerevoli dichiarazioni emesse in queste ore da personalità e organismi nazionali e internazionali le quali hanno la responsabilità di intervenire e di garantire la sicurezza di chi fugge dalla guerra e violenza. Queste morti sono, infatti, il risultato di politiche internazionali sbagliate e finché non si affronteranno i problemi economici e politici di tutta l'Africa continueremo ad assistere a queste tragedie e a scandalizzarci quando succedono”. Questo il commento di p. Gianni Borin, superiore della Regione Europea e Africana dei padri Scalabriniani che, accennando alle cause prime di questi eventi, aggiunge: “Il chiasso del ‘senno di poi’ sembra voler zittire il grido di una tragedia annunciata; è un vicolo cieco d’interessi di parte, di affermazioni populistiche, del grave squilibrio economico mondiale che continua a non turbare le coscienze dei più ricchi”.
Gli fa eco P. Gabriele Bentoglio, sotto-segretario del Pontificio Consiglio
della pastorale per i migranti e gli itineranti, che ribadisce sull’Osservatore
Romano l’impegno della Chiesa “impegnata da sempre sul versante
dell’accoglienza di migranti e profughi, soprattutto per favorire il migliore
inserimento degli stranieri nelle comunità di arrivo, anche contrastando gli
stereotipi e i pregiudizi negativi. Crediamo che l’accoglienza sia un dovere di
tutti, un elemento essenziale per costruire una società più giusta, un Paese
più solidale. Accogliere significa aiutare, rispettare, amare chi cerca
protezione. Per questo è importante vigilare affinché l’elemento umano
dell’ospitalità non sia mai oscurato da interessi economici e privati”.
Come “missionari” al fianco dei migranti gli Scalabrini dicono “Basta!”:
“Non ci si può più tappare le orecchie di fronte al grido di milioni di
‘sorelle e fratelli. Siamo una sola famiglia, dalle coste del Mediterraneo a
quelli che superficialmente consideriamo ‘estremi confini del pianeta!
Chiediamo ai migranti e ai rifugiati già presenti tra noi di essere ‘mediatori
culturali’ di una nuova fraternità e scoprire, forse, con stupore una nuova
Paternità”.