È stato preparato in India quest’anno il sussidio per
la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. E pone al centro un tema
scottante.
di Giorgio Bernardelli
Ogni anno la Settimana
di preghiera per l’unità dei cristiani - dal 18 al 25 gennaio - torna a
ricordare a tutti l’urgenza dell’impegno ecumenico, volto a superare quelle
barriere che rendono ancora divisi tra loro quanti credono in Gesù. Ogni anno,
però, il Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e il Consiglio
ecumenico delle Chiese - che dal 1968 promuovono insieme questo appuntamento - mettono
al centro un volto concreto di questo cammino, affidando alle comunità
cristiane di un singolo Paese la stesura della traccia che giorno per giorno
scandisce la preghiera. Quest’anno, così, il compito è stato affidato ai
cristiani dell’India, dai quali è arrivata una scelta molto significativa e
coraggiosa.
I rappresentanti dello Student Christian
Movement of India, dell’All India
Catholic University Federation e del Consiglio nazionale delle Chiese
dell’India - anglicani, cattolici, siriaci e luterani, incaricati di stendere
insieme il sussidio - hanno deciso infatti di parlare di unità dei cristiani a
partire da una ferita che resta terribilmente evidente nella società indiana:
quella delle discriminazioni nei confronti dei dalit, i cosiddetti «fuori
casta», storicamente relegati all’ultimo posto nella gerarchia sociale.
Un fenomeno
doloroso che talvolta arriva ad insinuarsi persino all’interno delle comunità cristiane
o a intrecciarsi ai rapporti tra le diverse confessioni. Un’ingiustizia che - come
sempre nella preghiera per l’unità dei cristiani - viene guardata a partire
dalla Parola di Dio. Così a fare da testo guida quest’anno è stato scelto un
brano severo del libro del profeta Michea (6,6-8): «Uomo, ti stato insegnato
ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia,
amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio» (per inciso: questo stesso
passo biblico era stato scelto da padre Fausto Tentorio nel suo testamento
spirituale).
«In India - spiega
l’introduzione del sussidio - la divisione tra i cristiani nelle Chiese e tra
le Chiese è fortemente accentuata dal sistema delle caste. Le caste, come
l’apartheid, il razzismo e il nazionalismo, sono tutti fenomeni che pongono
gravi sfide all’unità della Chiesa e quindi alla testimonianza della Chiesa
come unico corpo di Cristo. Come questione che crea divisione anche all’interno
della Chiesa, il sistema delle caste è di conseguenza anche un problema
dottrinale. Ed è con questo sguardo che quest’anno la Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani invita a soffermarsi sul celebre testo biblico del
libro del profeta Michea, concentrando l’attenzione come tema principale sulla
domanda “che cosa Dio vuole da noi”. L’esperienza dei dalit diventa dunque il
crogiolo dal quale emergono le riflessioni teologiche su questo tema biblico».
Non stupisce che
questo tema sia così sentito tra i cristiani dell’India: secondo le stime delle
diverse Chiese nel Paese oltre l’80% dei fedeli è di origine dalit e dunque è
particolarmente esposto a questa discriminazione che la Costituzione indiana ha
abolito solo sulla carta. Da questa specifica situazione la riflessione
proposta nel sussidio allarga lo sguardo anche a ogni altra forma di
ingiustizia: attingendo all’immagine dei tamburi che i «fuori casta» suonavano
nelle cerimonie sacre nei villaggi, sostiene che quel suono dovrebbe ricordarci
la presenza sempre fedele di Dio accanto a chi è più emarginato. E spronare
ciascuno a impegnarsi in prima persona per cambiare questo stato di cose. «Una
delle professioni associate alle comunità dalit in India è la cucitura dei
sandali - scrivono ancora i cristiani dell’India -. Come mezzo di sopravvivenza
delle comunità dalit quest’affività simboleggia la loro esperienza nel forgiare
una vita capace di testimoniare insieme resistenza e speranza in condizioni
degradate e disumane. Il nostro auspicio è che il dono dell’esperienza dei dalit,
la loro sopravvivenza in mezzo alla lotta, possa diventare per noi come un paio
di sandali da indossare per cercare di camminare sulla via della giustizia
dentro al nostro contesto, facendo ciò che Dio ci chiede. “Ogni parvenza di
pregiudizio basato sulle caste nelle relazioni tra cristiani - diceva papa
Giovanni Paolo II - è una contro-testimonianza alla vera solidarietà tra gli
uomini, una minaccia all’autentica spiritualità e un serio ostacolo alla missione
evangelizzatrice della Chiesa”.
Possa il Dio
della giustizia, dell’unità e della pace - conclude il sussidio per la
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani - renderci capaci di essere
segni autentici della solidarietà tra gli uomini dandoci la forza di compiere
ciò che Dio ci chiede».
(dalla rivista dei Missionari del PIME Mondo e
Missione)
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