Speranze e progetti del presidente
del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso che traccia un bilancio
del suo servizio per l'anno appena trascorso
DOMENICO AGASSO
JR.
ROMA
Un mondo aperto al dialogo su Dio: lo immagina così lo scenario dell’anno
appena iniziato cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio
Consiglio per il Dialogo interreligioso, intervistato da "L’Osservatore
Romano".
Tracciando una sorta di bilancio delle attività del suo Dicastero nel 2012,
Tauran ha messo in evidenza l’attualità del dibattito tra cristianità e
secolarismo: «Abbiamo sostanzialmente cercato di rimanere fedeli al compito
assegnatoci dalla costituzione apostolica “Pastor bonus”, che stabilisce che il
Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso debba “favorire diverse
forme di rapporto” con i seguaci delle altre religioni e promuovere “opportuni
studi e convegni perché ne risultino la reciproca conoscenza e stima e mediante
un lavoro comune siano promossi la dignità dell’uomo e i suoi valori spirituali
e morali”, senza dimenticare “la formazione di coloro che si dedicano a questo
tipo di dialogo”.
Anche se una
parte della popolazione mondiale, soprattutto in Occidente, è di fatto
secolarizzata, non si può negare il fatto che Dio rimanga un argomento di
attualità. Basti pensare – ha sottolineato -all’impressionante numero di libri
e riviste — che vedo esposti, per esempio, nelle edicole degli aeroporti — sui
quali appare la parola “Dio”. Dunque
c’è tutto un mondo aperto a questo tipo di dialogo».
E poi, il
Presule ha dichiarato che gli impegni principali dell’anno appena concluso sono
stati per «il dialogo con i musulmani. Purtroppo, alcune minoranze deviate, che
strumentalizzano la religione per giustificare l’uso della violenza, o cercano
di imporre a tutti, senza distinzioni, la legge islamica anche con la forza,
costituiscono un pericolo non solo per le loro società, ma anche per il mondo
intero, e mettono in difficoltà il dialogo tra le religioni. Basta ricordare,
in proposito, la sorte di alcune comunità cristiane in Paesi come il Pakistan o
la Nigeria. Nessuno e nessuna causa possono giustificare tali eccessi.
Purtroppo ha
aggiunto il porporato il peso dell’integralismo rischia di far dimenticare la
dimensione religiosa e spirituale dell’islam». «Un particolare significato – ha
affermato - ha avuto la visita in Nigeria nel maggio scorso. Ho potuto
constatare che i nigeriani vogliono rimanere insieme, nonostante le diversità
tra nord e sud. Ricordo con emozione la visita a una scuola tecnica, situata in
una regione a maggioranza islamica. Gestita da un sacerdote cattolico, essa
accoglie una trentina di ragazzi che lavorano il legno. L’atmosfera e le
relazioni tra i ragazzi – ha continuato - sono state per me la prova che il
dialogo interreligioso contribuisce anche al bene comune. Dimostrano che nonostante la drammaticità di certe
situazioni, è possibile vivere e lavorare insieme».
Ci sono poi
altre situazioni «meno incoraggianti», come «l’Egitto, Paese in piena
trasformazione. Anche quest’anno il dialogo con Al Azhar si è interrotto per
scelta dei nostri partner musulmani. Per quanto ci riguarda, continuiamo a ribadire che le nostre porte sono
sempre aperte a un dialogo sincero e rispettoso».
Cardinale Tauran
ha concluso soffermandosi sull’Anno della Fede, durante il quale «saremo tutti
impegnati a rinvigorire la nostra fede cristiana in modo da conoscere meglio il
suo contenuto e proporre con parole e opere il messaggio di Gesù Cristo».
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