Inizia oggi a Manaus, nello Stato brasiliano di Amazonas, il primo incontro della Chiesa cattolica dell’Amazzonia. Sono presenti più di 100 vescovi, insieme a laici, coordinatori pastorali e responsabili di varie istituzioni locali. Al centro dei lavori fino al 31 ottobre, l’analisi della realtà politica, sociale, culturale e religiosa della regione al fine di difenderla e preservarla. “L’incontro ha una grande importanza per la Chiesa e coincide con un momento delicato della storia del Paese”, spiega il cardinale Claudio Hummes, presidente della Commissione episcopale per l’Amazzonia, al microfono della nostra inviata Christiane Murray:
R. - È un momento molto importante e decisivo anche dal punto di vista storico, perché c’è un progetto per lo sviluppo dell’Amazzonia da parte del governo e dell’iniziativa privata. Il governo, soprattutto, ha un grande progetto per la raccolta dell’acqua che serve per produrre energia elettrica. Dunque si pone di nuovo, tutta la questione di preservare l’Amazzonia che ha un’importanza ecologica fondamentale anche dal punto di vista della biodiversità. Inoltre, c’è una grande concentrazione di Indios del Brasile, millenari abitanti di quella regione, che tante volte vengono dimenticati, e ai quali non sono riconosciuti i loro diritti. È vero che qualche progresso in questo senso è stato fatto negli ultimi anni in loro favore, ma sono ancora abbandonati. E allora la Chiesa si pone la questione della sua missione lì, perché la Chiesa cattolica è presente nella storia dell’Amazzonia fin dall'inizio. Questo vuol dire che ha una storia, un’esperienza, una conoscenza. È vero anche che i missionari, i vescovi, vengono sempre da altri luoghi, molti di loro quindi non hanno avuto questa lunga esperienza storica. Anche per loro, perciò, è importante poter prendere parte a questo incontro per imparare e riflettere insieme. La cosa più importante è che la Chiesa si metta insieme e discuta per trovare delle grandi linee comuni di azione e anche di interpretazione dell’Amazzonia e delle sue sfide. Questo perché la Chiesa ha la responsabilità - come dice il Papa - di dare alla Chiesa in Amazzonia “una faccia amazzonica”. Questo vuol dire una inculturazione che abbia come punto centrale gli Indios.
D. - Lei ha detto che il Papa vi ha stimolato e incoraggiato molto, chiedendo ai vescovi di essere coraggiosi in questa opera di evangelizzazione, stando accanto ai popoli. Ricordiamo che molti vescovi sono anche minacciati di morte in Amazzonia …
R. - Sì, è vero. È sempre stato così perché molte volte gli interessi particolari sia di imprese, sia di altro tipo, hanno minacciato vescovi, sacerdoti, suore, laici impegnati, leader sia degli indigeni sia dell’altra popolazione dell’Amazzonia, che rivendicano il diritto dell’Amazzonia come tale, il diritto di essere preservata, di essere curata e non distrutta.
D. - Le grandi opere del governo stanno minacciando questa biodiversità anche umana, no? Perché, a parte gli Indios, ci sono anche tutti gli altri abitanti di altre origini che vivono vicino ai fiumi …
R. - Lo sviluppo è importante anche per loro. Però la domanda è questa: come fare in modo che questo sviluppo non sia distruttivo per la cultura, per la storia? È vero che il Brasile ha bisogno di energia elettrica; è vero che l’energia idroelettrica è più pulita delle altre, però, tutto deve essere discusso, deve essere condiviso prima di tutto con la gente che vive lì. E tutto questo deve essere fatto in modo intelligente, perché è l’uomo il soggetto che deve essere sempre posto al centro dei grandi obbiettivi di sviluppo.
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