"20 anni fa l'Assemblea
Generale delle Nazioni Unite adottava la Convenzione internazionale per la
tutela e i diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro
famiglie. Crediamo che il 20° anniversario sia un’eccellente opportunità per
l'Unione Europea di onorare i suoi valori fondamentali e confermare i diritti
dei lavoratori migranti."
Questo l'appello della campagna per la ratifica della Convenzione che la società civile rivolge ai paesi europei perché ratifichino il trattato sui migranti nei 27 paesi dell'Unione.
Giordano Golinelli intervista Mohamed Ba, senegalese, e Kessia Maryta, ecuadoriana, per fare il punto sulla situazione in Italia, paese che non ha ancora ratificato la Convenzione.
Il 18 dicembre si celebra la Giornata Mondiale del Migrante... ti senti
ancora un migrante?
Mohamed Ba - Artista senegalese: Ho 47 anni. Due figlie. Di
mestiere faccio il mediatore culturale. L’educatore. Lavoro soprattutto a
Milano, nelle scuole, nei teatri, coi ragazzi. Per 12 anni ho usato il mio
tempo, la mia energia, il mio pensiero per creare dei ponti che permettano ai
cittadini italiani e stranieri di condividere spazi comuni che rimettano al
centro della comunità l’uomo, la persona, il suo valore e la sua dignità. Ci ho
messo la faccia, ci ho messo la mia arte, ci ho messo le mie gambe, ci ho messo
il mio pensiero, ci ho messo il mio mestiere, ci ho messo il mio io. Ma
nonostante i 12 anni di permanenza in Italia e due bambine, italiane a tutti
gli effetti, mi restano soltanto 10 mesi per trovare un posto di lavoro
altrimenti torno clandestino.
Kessia Maryta - Assistente sociale ecuadoriana: Mi chiamo Kessia
Maryta, sono ecuadoriana. Ho 35 anni e vivo a Milano da 10 anni. Ho una
bambina. Mia figlia si considera italiana ed ecuadoriana. Io ancora adesso non
ci riesco... In casa parliamo solo spagnolo e ogni volta che torniamo in
Ecuador la tentazione di restare è forte. Il clima e la lontananza dalla mia
famiglia e dai miei affetti sono le cose che ancora adesso mi pesano della mia
vita in Italia. Anche se in futuro dovessi chiedere la cittadinanza italiana,
non credo che perderò mai il legame con il mio paese.
Cosa pensi della situazione dei diritti dei migranti in Italia?
Mohamed Ba - Siamo italiani a perdere: il lavoro è l’unica cosa che
mi chiedono per rinnovare il permesso di soggiorno. Non importa da quanto tempo
io viva in Italia. Non importa il mio livello di istruzione o il mio impegno
civile. Non importa chi sono. Alla questura interessa solo il mio contratto di
lavoro. L’Europa è diventata una fortezza che ti permette di entrare solo se
‘lavori come un negro’. E io sono negro, e musulmano: se voglio il permesso di
stare in Italia, quindi, devo lavorare. Per lo Stato non conto come
persona, ma solo come lavoratore.
Non sono sicuro che questo abbia
a che fare con il diritto. Dopo 12 anni non ho diritto di stare in Italia,
posso avere solo un permesso temporaneo. Mi è permesso di stare qui solo finché
lavoro. E questo il mio datore di lavoro lo sa. Il mio datore sa che io non ho
potere contrattuale, io non posso dire di no altrimenti devo lasciare il Paese,
le mie figlie, i miei amici.
Kessia Maryta - Sono venuta in Italia per due motivi: per studiare
e per aiutare economicamente la mia famiglia. Fino a che non ho avuto il
permesso di soggiorno non ho potuto studiare... Lavoravo come badante, in
nero: riuscivo ad aiutare la mia famiglia ma non a studiare. Non avevo limiti
orari. Lavoravo anche 12 ore al giorno per non perdere il lavoro. Poi con la
sanatoria ho potuto dedicarmi al mio lavoro come assistente sociale. Adesso
aiuto i ragazzi immigrati a terminare gli studi nella scuola Leone XIII dove
collaboro con Fe y Alegria.
Credi che le cose possano cambiare?
Mohamed Ba - Il problema è che nessuno coinvolge noi immigrati
nelle questioni che ci riguardano. Parlano amministratori, africanisti e
antropologi, ma noi sembriamo non aver voce. Per farci sentire dobbiamo
arrampicarci sulle gru. In Italia manca un progetto politico inclusivo e lungimirante
che tenga conto dei cambiamenti in atto a livello globale. Siccome per avere
voti il politico ha bisogno di parlare alla pancia di ‘Mario Rossi’, finisce di
convincerlo che tutti i suoi guai discendono dagli immigrati. E finché la gente
si lascerà convincere da persone che sbandierano la loro cultura, la loro
origine, la loro identità come qualcosa da contrapporre agli altri, le cose non
cambieranno.
Kessia Maryta - Non voglio essere negativa, ma da quello che vedo
io non credo che in Italia possa essere ratificata la convenzione sui diritti
dei lavoratori migranti. Perché ciò avvenga bisognerebbe innanzi tutto educare
la gente ai diritti e in particolare ai diritti dei migranti. Si dovrebbe
iniziare nelle scuole a parlare di diritti e di immigrazione. Non solo per il
paese che riceve, ma anche per il paese da cui gli immigrati arrivano. Come Fe
y Alegria abbiamo dei progetti attivi per inserire tra le materie di studio
anche una materia che si chiamerà Immigrazione dove i ragazzi potranno essere
sensibilizzati sui loro diritti e doveri come cittadini del mondo.
Esprimi un desiderio:
Mohamed Ba - Se potessi esprimere un desiderio, chiedere innanzi
tutto di slegare la vita dei migranti in Italia dalla polizia. Tornerei a
considerare il permesso di soggiorno un semplice documento che si riconosce ad
ogni cittadino, un atto amministrativo da richiedere al mio Comune di
residenza. Non capisco perché per avere un documento del genere io debba
rivolgermi a persone che per loro formazione ed esperienza sono abituati ad
avere a che fare con dei delinquenti. Io sono un cittadino normale, non voglio
sentirmi fare certe domande. Accettare certi sguardi. L’immigrazione non ha a
che fare con l’ordine pubblico e con la repressione. L’immigrazione ha a che
fare con le persone. E’ questo che siamo, persone.
Kessia Maryta - La convenzione per me è molto importante. Ci sono
tre milioni di ecuadoriani, un quarto della popolazione, vive e lavora
all’estero. Molti di noi si considerano ormai cittadini del mondo, ma in alcuni
paesi, come in Italia, i nostri diritti sono legati esclusivamente al permesso
di soggiorno. Come madre e come lavoratrice credo che tutte le persone abbiano
diritto di restare nel paese in cui scelgono di vivere e lavorare. L’Ecuador
l’ha già ratificato e per noi è normale avere lavoratori colombiani o peruviani
che godono dei nostri stessi diritti senza dover rinnovare ogni anno il loro
permesso di soggiorno. Mia figlia che è nata e cresciuta in Italia, quando
compirà 18 anni dovrà chiedere il permesso di soggiorno. Questo mi sembra
assurdo!
Nessun commento:
Posta un commento