Intervento di mons. Giancarlo Perego, direttore generale della
Fondazione Migrantes, all'incontro CCEE presso la Domus Mariae a Roma (28
novembre 2012)
“L’urgenza di promuovere con nuova forza e rinnovate modalità”
l’evangelizzazione oggi è favorita dalle migrazioni, che “hanno abbattuto le
frontiere” e aiutato l’incontro. Questa coniugazione stretta tra migrazioni e
nuova evangelizzazione è stato il tema centrale del Messaggio per la Giornata
mondiale del migrante e del rifugiato 2012, riproposto in molti interventi del
Sinodo dei Vescovi appena concluso e ripreso in una delle proposizioni finali,
la n. 21.
1. Quale Chiesa evangelizza nuovamente
Quale Chiesa evangelizza ed educa oggi?
Il Documento dopo Verona, al centro del decennio ‘Comunicare il Vangelo
in un mondo che cambia’, lo ha ricordato. È “il volto di una comunità che vuol
essere sempre più capace di intense relazioni umane, costruita intorno alla
domenica, forte delle sue membra in apparenza più deboli, luogo di dialogo e
d'incontro per le diverse generazioni, spazio in cui tutti hanno cittadinanza.
La scelta della vita come luogo di ascolto, di condivisione, di annuncio, di
carità e di servizio costituisce un segnale incisivo in una stagione attratta
dalle esperienze virtuali e propensa a privilegiare le emozioni sui legami
interpersonali stabili” (CEI, Rigenerati per una speranza viva, n. 12).
Da chi partire?
La centralità dell’attenzione ai poveri, degli esclusi nel senso più
ampio del termine: economica, sociale, culturale, tra i quali i migranti
economici e i rifugiati. Le nuove fragilità sono un luogo di missionarietà.
Anche la mobilità è una forma pesante di fragilità.
È sempre il documento Dopo Verona a ricordarlo. “In un'epoca che coltiva
il mito dell'efficienza fisica e di una libertà svincolata da ogni limite, le
molteplici espressioni della fragilità umana sono spesso nascoste ma
nient'affatto superate. Il loro riconoscimento, scevro da ostentazioni
ipocrite, è il punto di partenza per una Chiesa consapevole di avere una parola
di senso e di speranza per ogni persona che vive la debolezza delle diverse
forme di sofferenza, della precarietà, del limite, della povertà relazionale.
Se l'esperienza della fragilità mette in luce la precarietà della condizione
umana, la stessa fragilità è anche occasione per prendere coscienza del fatto
che l'uomo è una creatura e del valore che egli riveste davanti a Dio. Gesù
Cristo, infatti, ci mostra come la verità dell'amore sa trasfigurare anche
l'oscuro mistero della sofferenza e della morte nella luce della risurrezione.
La vera forza è l'amore di Dio che si è definitivamente rivelato e donato a noi
nel Mistero pasquale. All'annuncio evangelico si accompagna l'opera dei
credenti, impegnati ad adattare i percorsi educativi, a potenziare la
cooperazione e la solidarietà, a diffondere una cultura e una prassi di
accoglienza della vita, a denunciare le ingiustizie sociali, a curare la
formazione del volontariato. Le diverse esperienze di evangelizzazione della
fragilità umana, anche grazie all'apporto dei consacrati e dei diaconi
permanenti, danno forma a un ricco patrimonio di umanità e di condivisione, che
esprime la fantasia della carità e la sollecitudine della Chiesa verso ogni
uomo” (CEI, Rigenerati per una speranza viva, n. 10).
2. Nuova evangelizzazione e nuovi testimoni
La nuova evangelizzazione chiede nuovi testimoni.“La via della missione
ecclesiale più adatta al tempo presente e più comprensibile per i nostri
contemporanei prende la forma della testimonianza, personale e comunitaria: una
testimonianza umile e appassionata, radicata in una spiritualità profonda e
culturalmente attrezzata, specchio dell'unità inscindibile tra una fede amica
dell'intelligenza e un amore che si fa servizio generoso e gratuito. Il
testimone comunica con le scelte della vita, mostrando così che essere
discepolo di Cristo non solo è possibile per l'uomo, ma arricchisce la sua
umanità. Egli quando parla, non lo fa per un dovere imposto dall'esterno, ma
per un'intima esigenza, alimentata nel continuo dialogo con il Signore ed
espressa con un linguaggio comprensibile a tutti. La testimonianza pertanto è
l'esperienza in cui convergono vita spirituale, missione pastorale e dimensione
culturale” (CEI, Rigenerati per una speranza viva, n. 10).
Il profilo della missione oggi in Italia si delinea attorno ad un
termine che lo qualifica:: testimone. Nel testimone fede e opere viaggiano
insieme, così come viaggiano insieme evangelizzazione e testimonianza. Paolo
VI, nell’l’esortazione apostolica ‘Evangelii Nuntiandi’ (1975), uno dei
documenti più importanti e discussi del suo Pontificato ., di fronte a opposte
tendenze di chi riduceva l’evangelizzazione alla promozione umana - cadendo in
una ‘nuova secolarizzazione’ - e di chi escludeva la promozione umana
dall’evangelizzazione, affermava che tra evangelizzazione e promozione umana
esistono legami profondi.
Al n. 24 del documento, Paolo VI arriverà a scrivere che
“l’evangelizzazione è un processo complesso e dagli elementi vari: rinnovamento
dell’umanità, testimonianza, annuncio esplicito, adesione del cuore, ingresso
nella comunità, accoglienza dei segni, iniziative di apostolato”.
Luogo dell’evangelizzazione è la Chiesa: compito fondamentale della
Chiesa è l’evangelizzazione.
La Chiesa assolve al compito dell’evangelizzazione nella misura in cui
“ascolta di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il
comandamento nuovo dell’amore” (EN n. 15).
Fede, speranza e carità non sono solo le ‘virtù’ del singolo credente,
ma anche le ‘virtù’ di una Chiesa che evangelizza oggi.
In forza di questa visione complementare, dinamica dell’evangelizzazione
della Chiesa e nella Chiesa, Paolo VI arriva ad affermare che la prima forma di
annuncio è la testimonianza. In un mondo ricco di messaggi, in parole e
immagini, che talora disorientano, scandalizzano, l’uomo cerca “più volentieri
i testimoni che i maestri… o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei
testimoni” (EN n. 41).
La Chiesa che evangelizza è una Chiesa di “testimoni”, di
“testimonianze”: di “profeti” e di “segni” che incarnano in maniera nuova una
cultura e dei tempi.
La Chiesa della testimonianza è una Chiesa che “ascolta e custodisce la
Parola e la confronta con le parole degli uomini, che custodisce e ascolta”.
Continuamente: è il duplice primato: il Primato della Parola e la scelta
preferenziale dei poveri. È il senso dell’osmosi, del legame stretto tra
liturgia, catechesi e carità.
La Chiesa che testimonia è una Chiesa che osserva e valuta, ragiona
sulle tragedie e sulle possibilità umane per costruire un futuro, per sperare.
La Chiesa che testimonia è una Chiesa che riascolta, nelle parole e nei
gesti di Gesù, una storia d’amore e la traduce in una storia di comunione
fraterna, sempre in maniera originale.
La Chiesa che testimonia è una Chiesa che educa non solo attraverso
l’insegnamento di verità, ma anche attraverso percorsi di stili di vita, che
cercano nuove relazioni, legami e affetti.
“Disporci all’evangelizzazione” - come hanno ricordato i Vescovi
italiani al primo numero del documento sulla parrocchia - in quest’ottica
’integrale’ sembra ancora essere “la questione cruciale della Chiesa in Italia
oggi”.
3. Nuova evangelizzazione e migrazioni
Una nuova evangelizzazione, intesa come “riaccendere in noi lo slancio
delle origini”, “nuova proclamazione del messaggio di Gesù, che infonde gioia e
ci libera” chiede nuovi operatori, rinnovate strutture, un nuovo modo di
comunicare che aiuti a superare “contrapposizioni e nazionalismi “ e ogni forma
parallela di pastorale migratoria. In Europa la nuova evangelizzazione non può
prescindere da oltre 35 milioni di persone arrivati da altri Paesi, tra i quali
almeno 8 milioni di cattolici. In Italia la nuova evangelizzazione invita a
guardare agli oltre 5 milioni di persone, di cui quasi un milione di fedeli
cattolici “differenti” per tradizioni e riti, ma anche ai 4 milioni di italiani
all’estero, la quasi totalità dei quali cattolici, che hanno formato comunità
importanti soprattutto in Europa e nelle Americhe. Le comunità cattoliche di
immigrati in Italia come le comunità cattoliche di emigranti nel mondo hanno
costituito e costituito un valore aggiunto nell’esperienza cristiana di molte
comunità di antica e nuova tradizione cristiana. Le une e le altre comunità,
costituite soprattutto da giovani, sono risorse importanti per comunicare il
Vangelo, ma soprattutto per viverlo in contesti diversi. Le note
dell’apostolicità e della cattolicità della Chiesa trovano nell’incontro tra
popoli, nelle migrazioni un luogo fondamentale di espressività. In questo senso
le migrazioni sono - ha ricordato il Papa nel Messaggio del 2012 -
“un’opportunità provvidenziale per l’annuncio del Vangelo nel mondo
contemporaneo”, un segno dei tempi per rileggere la nostra vita cristiana,
confrontandoci con chi proviene da mondi e chiese differenti. Lasciare soli i
migranti, abbandonarli, respingerli o non considerarli nelle nostre comunità
significa perdere persone importanti per ripensare e ridisegnare la Chiesa, ma
anche la città, con “nuove progettualità politiche, economiche e sociali”.
Lavoratori e famiglie migranti, richiedenti asilo e rifugiati, studenti
internazionali - le categorie di migranti che Benedetto XVI ricorda nel Messaggio
- sono tre luoghi pastorali per verificare e ordinare la vita delle Chiese
locali anche in Italia, “evitando forme di discriminazione”, favorendo “il
rispetto della dignità di ogni persona, la tutela della famiglia, l’accesso ad
una dignitosa sistemazione, al lavoro e all’assistenza”. Occorre evitare il
rischio che le migrazioni corrispondano alla perdita e all’abbandono
dell’esperienza di fede, magari motivate anche da una debole testimonianza
della carità oltre che da una fede chiusa verso il nuovo o incapace di
esprimersi in maniera rinnovata: evitare il rischio per i migranti “di non
riconoscersi più come parte della Chiesa” - scriveva sempre benedetto XVI.
4. Da una società differente a una Chiesa ‘differente’?
La prospettiva ecclesiologica della nuova evangelizzazione sembra essere
quella di una ‘Chiesa differente’. Riprendendo alcuni spunti del volume di Enzo
Bianchi, La differenza cristiana (Torino, Einaudi, 2006), possiamo affermare
che il tema e l’esperienza della comunione ecclesiale come realtà articolata e
plurale è la base per costruire il rispetto e la promozione di un universalismo
differenziato anche nei rapporti con le culture e le tradizioni religiose
presenti oggi sul nostro territorio. Il fenomeno della globalizzazione e della
mobilità crescente mentre favorisce nuove (e fino a ieri insospettate)
possibilità di scambio tra i popoli, alimenta pesanti conflittualità, dovute
alla presenza di tradizioni e di costumi diversi, talora radicalmente
alternativi. L’odierna società multiculturale e multireligiosa stenta a trovare
la strada di un confronto pacifico e arricchente; prevale la paura del
«diverso», considerato come un potenziale attentatore della propria identità
(soprattutto se debole) o, inversamente, l’atteggiamento della «sfida», nel
caso in cui si vanti un’identità totalizzante, caratterizzata dalla tendenza a
imporre la propria visione religiosa o ideologica agli altri.
Di fronte a questa situazione, in cui è forte la tentazione della
chiusura, sono fondamentali atteggiamenti ispirati all’ascolto, all’accoglienza
e alla ospitalità nei confronti dello «straniero», superando tanto il modello
dell’assimilazione che nega la differenza, quanto quello della tolleranza che
mantiene la distanza, e promuovendo una forma di integrazione, che si sforzi di
trasformare la multiculturalità e la multireligiosità in interculturalità e in
interreligiosità. In questo senso, la costruzione di una Chiesa differente
diventa un percorso educativo, non unilaterale, che dalle relazioni personali e
sociali passa alle relazioni ecclesiali.
5. L’enciclica ‘Caritas in veritate’ come chiave di lettura del fenomeno
migratorio
Possiamo leggere pastoralmente questo nuovo fenomeno migratorio alla
luce della enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate. Il Papa scrive che
la migrazione “È fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte,
per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che
solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella
internazionale” (n. 62). Questa umanità chiede alla Chiesa di “camminare
insieme con l'umanità tutta” (Gaudium et spes 40), “intimamente solidale con il
genere umano e la sua storia “ (Gaudium et spes 1).
5.1 La verità e la carità: una nuova cultura delle relazioni
La mobilità e il cambiamento chiedono una nuova cultura, una cultura
delle relazioni, dell’ascolto per imparare prima che per parlare, dell’incontro
aperto alle sorprese delle persone, del dialogo che apre al confronto, della
conoscenza che si apre all’amore. Solo così si salva l’identità, che è
anzitutto mettere al centro la dignità propria e degli altri. L’identità piena
non è indietro - anche se ovviamente siamo debitori del passato, del “già
avvenuto” - ma in avanti, come frutto di una serie di incontri, esperienze,
relazioni. Pretendere di preservare l’identità dalla contaminazione vuol dire
contribuire a distruggerla, perché la si costringerebbe all’isolamento e quindi
all’insignificanza e alla consunzione. Al tempo stesso, la nostra salvezza è sempre
a noi estranea, “è alloggiata altrove” - direbbe Michel de Certeau. Non può
alloggiare in noi: chiede la ricerca e l’incontro.
5.2 Sul piano relazionale è possibile individuare alcune piste di lavoro
culturale e pastorale:
L’attenzione alla dignità di ogni persona migrante
La tutela dei diritti fondamentali e l’accompagnamento ai doveri della
persona migrante
La preferenza per i poveri e gli ultimi, tra i migranti: i rifugiati, i
profughi, i malati, i minori, i disoccupati…
L’attenzione a non distinguere ‘noi’ e ‘gli altri’, il ‘dentro’ e il
‘fuori’
La ricerca dell’incontro, di una intelligente relazione, interrelazione
La cultura del dialogo
Il rispetto delle differenze, di lingue e culture diverse, a fondamento
dell’unità
Riconoscere prima di regolare le persone migranti
Trovare il fratello nello straniero
Trovare Dio nello straniero.
6. I luoghi di una rilettura anche delle migrazioni
Le piste di lavoro possono essere numerose. Riprendo le cinque piste del
Convegno ecclesiale di Verona, cariche anche di nuovi elementi alla luce degli
Orientamenti pastorale della CEI ‘Educare alla vita buona del Vangelo’.
6.1 L’attenzione al tema dell’incontro pone allora il tema della
Tradizione e delle tradizioni - un tema caro al teologo Congar - cioè di una
rilettura dell’identità e della differenza, dell’unità e della differenza non
in maniera conflittuale, ma dentro una ‘intelligente relazione’ - come ha
sottolineato il sociologo Donati e lo stesso Benedetto XVI. Si tratta di
recuperare i differenti modelli ecclesiologici conciliari (Chiesa
pellegrinante, popolo, sacramento, comunione), con tutte le attenzioni a cui siamo
stati invitati ad essere attenti da parte degli interventi della Congregazione
della dottrina della fede, dentro l’unica Tradizione. Una Tradizione, che vive
anche di differenti tradizioni religiose, può esprimersi in maniera nuova, come
del resto avvenne anche prima e dopo il Concilio di Trento, come scrive lo
storico Jedin, anche con figure come Bartolomeo de las Casas in America Latina
e Matteo Ricci in Cina. L’incontro e la conoscenza, le diverse tradizioni
portano anche a valorizzare il tema del dialogo culturale. “Il dialogo, come
dice questa bella parola greca, presuppone il dia-logos e quindi il rapporto
tra due logoi - ha detto recentemente il Card. Ravasi - .
Il che significa che l’interculturalità non ha come meta
l’identificazione, la costruzione di un’unica società globalizzata”. Esemplare,
a questo proposito, può essere il dialogo ecumenico e interreligioso nuovo che,
come è stato detto, a un ecumenismo solo teologico affianca un ecumenismo della
quotidianità. La rilettura del decreto conciliare sull’ecumenismo (Unitatis
redintegratio) e delle dichiarazioni sulla libertà religiosa (Dignitatis
humanae) e sul dialogo religioso (Nostra Aetate) sono aspetti importanti della
formazione dei fedeli, stimolati sia dal dibattito culturale (edifici di culto)
che da aspetti specifici (tempi, devozioni etc.). Non si può dimenticare, tra
l’altro, che alcuni luoghi di culto simbolici - penso ai santuari - sempre di
più divengono luoghi di fatto ecumenici e interreligioso.
6.2 Uno degli aspetti del ‘cambiamento’ delle dinamiche familiari e
degli affetti è segnato profondamente dalle comunità familiari etniche e da
esperienze familiari religiose. Questo pone il problema non solo della
preparazione al matrimonio o del gruppo famiglia, ma anche di come vivere la
dimensione degli affetti: rapporto uomo e donna, genitori e figli, la
sessualità, l’educazione… Sul piano complessivo, un tema fondamentale, e sempre
tradizionale nella cultura cristiana delle migrazioni, è quello della tutela
del ricongiungimento familiare. Oltre che un diritto fondamentale del migrante,
quello di ricongiungersi alla propria famiglia, è uno strumento e un luogo
fondamentale di salute, di integrazione e di sicurezza sociale. Purtroppo è
ancora debole l’investimento nel nostro Paese, rispetto ad altri Paesi europei,
su politiche familiari delle migrazioni, che incrociano la politica della casa,
della salute, della scuola. Altro tema complesso sul piano pastorale riguarda
l’accompagnamento delle coppie miste, sempre più numerose: l’80% di esse non ha
scelto nessuna forma di celebrazione religiosa o civile e, pertanto, non è
stata accostata da nessun ministro di culto o officiale comunale.
6.3 Un’altra pista di lavoro interessante nelle nuove relazioni create
dal fenomeno migratorio, la cui problematicità oggi è certamente accentuata nel
dibattito culturale e politico e che abbiamo affrontato insieme anche nella
Settimana sociale dei cattolici italiani a Reggio Calabria (ottobre 2010), è il
tema della cittadinanza, della partecipazione attiva alla vita della città.
Come aiutare una partecipazione associativa, cooperativa, sindacale, politico
amministrativa, con anche il diritto di voto, al servizio civile da parte dei
giovani stranieri, ad esempio? Quanto l’educazione alla politica recupera le
dimensioni dell’universalismo dei diritti e dell’egualitarismo della tradizione
sociale anche del personalismo cristiano, di fronte anche a spinte nuove
corporative ed esclusiviste? Non solo è importante il tema della costruzione di
una città di ‘eguali tra disuguali’ (Ermanno Gorrieri), ma anche di ‘uguali tra
differenti’. In questa linea va valorizzata tutta l’azione di advocacy, di
tutela dei diritti delle persone, delle famiglie, dei lavoratori, che alcuni
episodi - tra gli ultimi Rosarno un anno fa - ha mostrato chiaramente deboli
ormai in molti contesti sociali dal Nord al Sud del Paese. Anche il tema
dell’allargamento della protezione internazionale, nelle forme dell’asilo,
della protezione temporanea ed ella protezione sussidiaria, si connette strettamente
con una globalizzazione della cittadinanza, che dopo Lisbona (2007) vede una
prospettiva europea d’intervento, anche alla luce di numerose crisi ambientali,
umanitarie e politiche, come le recenti in Nord Africa, che muovono milioni di
persone.
6.4 Connessa al tema della tutela dei diritti è l’attenzione anche a
nuove fragilità e povertà che colpiscono pesantemente il mondo immigrato,
soprattutto in tempo di crisi economica, oltre che delle case di accoglienza e
dei centri di ascolto, dei molti servizi. Penso al tema della casa - l’85%
degli immigrati è in affitto, contro l’80% degli italiani che è proprietario
della casa; penso alla precarietà e alla mobilità del lavoro che caratterizza
oltre 20 milioni di lavoratori immigrati in Europa e oltre 2 milioni di
immigrati in Italia e che - lo ha ricordato anche la Caritas in veritate -
impediscono anche i ricongiungimenti familiari. La precarietà e l’irregolarità
lavorativa chiedono oggi serenamente di affrontare il tema dell’incontro tra
domanda e offerta di lavoro, dentro un quadro di regolamentazione dei flussi. È
una prospettiva nuova, che chiede anche un cambiamento legislativo, ma
soprattutto chiede la consapevolezza che non possono esistere situazioni
riconosciute di illegalità e di sfruttamento lavorativo, limbi dove non è
riconosciuta la cittadinanza e la tutela, dove si alimentano mafie e
corruzione, sfruttamento a danno del sistema Paese, oltre che degli stessi
immigrati. Al tempo stesso non può venire meno un piano di protezione e tutela
dei più deboli. Penso al bisogno di costruire un accompagnamento di più 8.000
minori che arrivano in Italia ogni anno senza famiglia; penso alla
prostituzione di strada e non di 50.000 donne di 60 nazionalità, con un’età
media di 21 anni; penso alla crescita di disturbi psichici nel mondo
adolescenziale e adulto, soprattutto femminile; penso al peso sempre più grave
degli aborti delle donne straniere sul numero totale degli aborti in Italia
(40.000 su 120.000) che sarà affrontato a novembre dal Convegno nazionale a
Firenze dei Centri di aiuto alla vita; penso alla crescita dell’abbandono
scolastico dei bambini stranieri; penso alle decine di cadaveri di stranieri
morti tragicamente in Italia e che vengono non rimpatriati per mancanza di
risorse, ma sepolti in fosse comuni nei grandi cimiteri…
6.5 Interessante, in senso positivo, è il senso di festa, del riposo
legato alle diverse tradizioni religiose e culturale del mondo straniero. I
meccanismi produttivi, economici, lavorativi sacrificano spesso la festa, che
non sempre può essere celebrata per i tempi impossibili del lavoro (pensiamo
alle badanti e alle persone del lavoro di cura, ad alcuni lavori agricoli
stagionali, al mondo dell’artigianato, al turismo, ai marittimi), ma anche per
la lontananza da casa.
7. Sette interrogativi e proposte sulla nuova evangelizzazione nel mondo
nelle migrazioni
7.1. I sacerdoti
Una Convenzione condivisa dalle Chiese europee dei sacerdoti al servizio
dei migranti?
Il tema degli sposati sacerdoti della tradizione orientale e le nostre
Chiese. Come respirare a ‘due polmoni’ (Giovanni Paolo II)?
7.2. Le consacrate
Quale contributo nel mondo dell’evangelizzazione e non semplicemente al
servizio delle Congregazioni?
7.3. I catecumeni
Quali percorsi condivisi di catecumenato per i migranti che provengono
dai diversi Paesi, dalle diverse situazioni religiose (islam, ateismo,
induismo…)?
7.4. Gli edifici di culto e le comunità etniche cattoliche e cristiane:
quale condivisione
Il tema degli edifici di culto delle diverse comunità religiose è
importante da considerare sul piano della tutela della libertà religiosa, ma
anche come esperienza ecumenica concreta.
7.5 Associazionismo e movimenti cattolici
Poca presenza degli immigrati. Il cammino delle famiglie cattoliche
migranti che appartengono ai movimenti come risorsa delle nostre Chiese?
7.6. La promozione umana e le Chiese
I diritti dei lavoratori, i minori non accompagnati, le persone in
protezione umanitaria, le famiglie divise, la tratta degli esseri umani…
7.7. Come costruire un legame tra Chiese europee e Chiese d’Africa, i
vicini di casa del domani?
L’Africa sarà la protagonista del futuro dell’immigrazione in Europa con
il passaggio in 25 anni da 1 miliardo a 2 miliardi di persone. Come prepararsi
ad accogliere i ‘nuovi vicini di casa’?
8. Conclusione: non cedere alla tentazione della paura
La sfida più urgente anche sul piano pastorale è imparare a convivere
come diversi condividendo lo stesso territorio geografico e sociale; imparare a
convivere senza distruggerci, senza ghettizzarci, senza disprezzarci, e neanche
senza solo tollerarci. La debolezza culturale più rischiosa è cedere alle
paure. Alla comunità cristiana è chiesto di diventare luogo educativo
all’incontro.
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