ROMA (ZENIT.org) - Oltre 200.000
persone hanno percorso a piedi in 6 ore più di 24 chilometri nel nome della
pace e della fratellanza tra i popoli. Come ogni anno, il corteo della Marcia
della Pace Perugia-Assisi si è mosso dall’Arco di S. Girolamo, con in testa
numerosi gonfaloni di enti locali e striscioni di associazioni, per giungere
alla Rocca della città di San Francesco.
Tra gli striscioni di testa
spiccava quello della candidatura di Assisi e Perugia a capitale europea della
cultura 2019. A portarlo, i due sindaci, quello di Perugia di centrosinistra e
quello di Assisi, Claudio Ricci, di centrodestra, così da rappresentare “la
laica Perugia e la spirituale Assisi” unite dalla Marcia ma più in generale
dalla cultura della pace.
La prima Marcia è stata ideata 50
anni fa da Aldo Capitini, che percorse a piedi il cammino da Perugia ad Assisi
il 24 settembre 1961 insieme a Norberto Bobbio, Renato Guttuso e Italo Calvino.
E proprio per richiamare quell'atto fondativo, tra i simboli di questa edizione
della marcia spiccava lo striscione portato nel 1961 dallo stesso Capitini,
oltre alla barca per ricordare le 1500 persone morte quest'anno in mare nei
viaggi della speranza per raggiungere l'Italia.
All’iniziativa hanno aderito, oltre
a diversi rappresentanti del mondo politico, anche molti esponenti di
associazioni laiche e religiose, scout, sindacati, parrocchie, ma anche
numerosi rappresentanti di Comuni e Province italiane, enti ed organizzazioni,
nazionali ed internazionali, impegnati nella lotta alla povertà, per la
giustizia sociale, per l'uguaglianza dei diritti dei popoli, contro le
discriminazioni di sesso, religione e razza.
Nel documento preparato dalle
Acli in occasione della Marcia per la Pace si legge che “solo considerando la
complessità dei conflitti che feriscono le nostre società possiamo capire che
la pace non esiste se non c'è pace in una comunità, nelle strade o in una
famiglia, se i governanti non rispettano e rendono giustizia ad ogni cittadino,
o se l'economia, sempre meno reale e svincolata dal lavoro e dalla produzione,
arricchisce chi è ricco e impoverisce chi già è povero”.
“Ogni cosa che accade ad un uomo
o una donna, in qualsiasi parte del mondo vive – si legge ancora nel documento
–, ci rende responsabili della sua sorte; ignorarlo significa sostenere quella
violenza che è la causa dell'assenza di pace nel mondo”.
Nel documento finale della Marcia
si sottolinea invece che “la fratellanza dei popoli si basa sulla dignità,
sugli eguali diritti fondamentali e sulla cittadinanza universale delle persone
che compongono i popoli”. Ecco quindi, si afferma, che la sfida sta nel
“tradurre in pratica il principio dell'interdipendenza e indivisibilità dei
diritti umani - civili, politici, economici, sociali e culturali - e ridefinire
la cittadinanza nel segno dell'inclusione”.
Tra le proposte quelle di
“garantire a tutti il diritto al cibo e all'acqua; promuovere un lavoro
dignitoso per tutti; investire sui giovani, sull'educazione e la cultura;
disarmare la finanza e costruire un'economia di giustizia; ripudiare la guerra,
tagliare le spese militari; difendere i beni comuni e il pianeta; promuovere il
diritto a un'informazione libera e pluralista; fare dell'Onu la casa comune
dell'umanità; investire sulla società civile e sullo sviluppo della democrazia
partecipativa; costruire società aperte e inclusive”.
In Italia per realizzare questo
programma occorre, “un governo di pace e una nuova politica, coerente in ogni
ambito, e investire con grande determinazione sulla costruzione di un'Europa
dei cittadini, federale e democratica, aperta, solidale e nonviolenta e di una
comunità del Mediterraneo che, raccogliendo la straordinaria domanda di libertà
e di giustizia della primavera araba, trasformi finalmente quest'area di grandi
crisi e tensioni in un mare di pace e benessere per tutti”.
Fonte: www.zenit.org
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