Parata,
rinfresco e per finire, una partita di calcio tra profughi e personale
umanitario: a Zwedru, nell’est della Liberia, nei campi profughi e nelle strade
si è nel pieno delle attività promosse per la Giornata mondiale del rifugiato,
riferiscono alla MISNA fonti della Caritas-Liberia sul posto. Da alcuni mesi la
Liberia ospita oltre 100.000 profughi fuggiti dalla Costa d’Avorio, in
particolare dal confinante ovest, a causa delle violenze dilagate nel paese
dopo le elezioni presidenziali contestate dello scorso novembre.
Nella
sola contea orientale del Grand Gedeh, in cui si trova Zwedru, si trovano
73.000 profughi della Costa d’Avorio, secondo gli ultimi dati ufficiali. “C’è
un timido tentativo di rimpatrio da parte di alcuni, ma la maggioranza non si sente
in sicurezza per poter tornare nei propri villaggi, in gran parte distrutti.
C’è anche il forte timore di rappresaglie” ha detto alla MISNA l’esponente
della Caritas liberiana, sottolineando che le relazioni tra rifugiati e
autoctoni sono serene. “Nel Grand Gedeh vivono molte persone di etnia guéré, la
stessa di ivoriani fuggiti dall’ovest, parlano la stessa lingua, hanno le
stesse radici, non si sentono differenti” ha aggiunto la fonte della MISNA.
Lo
spirito di accoglienza che ha finora contraddistinto lo scenario liberiano è
stato evidenziato anche da Antonio Guterres, Alto commissario dell’Onu per i
rifugiati, intervenendo stamani a Roma alla presentazione del rapporto annuale
dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr). Parlando della
situazione dei profughi ivoriani, Guterres ha citato l’esempio di un villaggio
liberiano i cui abitanti hanno condiviso con i profughi ivoriani anche una
risorsa preziosa, come dei semi da piantare, in segno di amicizia e di
solidarietà.
In
partenariato con l’Acnur e altre organizzazioni, la Caritas partecipa alla
distribuzione di beni alimentari e non, è incaricata della registrazione e
dell’identificazione dei profughi e partecipa all’organizzazione di attività
socio educative nei campi. La sopravvivenza della stragrande maggioranza dei
profughi dipende quasi esclusivamente dall’assistenza umanitaria.
Fonte:
www.misna.org
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