Islamabad (Agenzia Fides) - Le
domande di visto giacciono sotto i faldoni ormai da diversi mesi. Il governo
pakistano dimostra di non gradire i giornalisti stranieri che intendono
documentare e realizzare inchieste sulla vita dei cristiani in Pakistan, ritardando
e di fatto negando - senza fornire alcuna motivazione - i visti di ingresso nel
paese. E' quanto l'Agenzia Fides apprende da alcuni giornalisti italiani che da
diversi mesi hanno inoltrato richiesta di entrare nel paese per realizzare
servizi di informazione sulla vita della comunità cristiana. Non è escluso che
il medesimo trattamento sia riservato a giornalisti di altri paesi, notano
fonti diplomatiche di Fides.
Il caso di Asia Bibi (cristiana condannata a morte ingiustamente per
blasfemia), il recente caso di Farah Hatim (la ragazza cattolica rapita e
islamizzata a forza), l'assassinio del Ministro Shabhaz Bhatti nei mesi scorsi
e la grande attenzione riservata dalla comunità internazionale, stanno
arrecando un danno di immagine al governo pakistano - e quindi un certo
fastidio - perché sollevano con evidenza il tema del rispetto dei diritti umani
e, in particolare, dei diritti delle minoranze religiose. Per questo
l'orientamento attuale è quello di impedire o di ostacolare in tutti i modi i
professionisti della comunicazione che, con il loro lavoro non esente da
rischi, intendono mantenere alta l'attenzione su tali delicate questioni.
A generare un inasprimento delle
misure sui visti vi è pure un recente caso editoriale: il governo pakistano non
ha gradito l'opera della giornalista francese freelance Anne-Isabelle Tollet
che, trascorrendo alcuni mesi nel paese, in collaborazione con alcune emittenti
televisive locali, una volta tornata in patria ha scritto il libro
"Blasfema", che racconta la storia di Asia Bibi. Il libro è stato
pubblicato in Francia ma anche in Gran Bretagna, in Italia (per i tipi di
Mondadori) e in altri paesi europei, suscitando grande attenzione. Nel libro
Asia afferma: "Sono solo una donna nell'oceano di donne di questo mondo, ma
sono convinta che il mio calvario sia lo specchio di molti altri. Vorrei tanto
che i miei aguzzini aprissero gli occhi e che la situazione del mio paese
cambiasse". L'auspicio espresso da Asia Bibi è condiviso - notano fonti di
Fides - da tanti cristiani pakistani che si sentono "cittadini di seconda
classe": per questo chiedono al governo eguaglianza e pari dignità,
continuando a contare sull'aiuto della comunità internazionale. In particolare
si auspica che gli aiuti economici e di cooperazione destinati al governo
pakistano dai governi occidentali siano in qualche modo
"condizionati" al rispetto dei diritti umani e delle libertà
fondamentali nel paese, in special modo per le minoranze. (PA)
Fonte: www.fides.org
Nessun commento:
Posta un commento