Mons. Vegliò alla “Conference on the Christian-Jewish-Muslim interfaith dialogue” di Roberta Sciamplicotti
ROMA, giovedì, 2 giugno 2011 (ZENIT.org). Nel mondo attuale, caratterizzato dalla convivenza di più popoli negli stessi spazi geografici, serve un nuovo modello di vita basato sull'interculturalità, e per promuovere quest'ultima gli strumenti fondamentali sono due: il dialogo e l'istruzione.
E' quanto ha
spiegato il Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti
e gli Itineranti, l’Arcivescovo Antonio Maria Vegliò, questo giovedì pomeriggio
intervenendo sul tema “Valori comuni nell'ambito dell'impatto religioso e
sociale delle migrazioni” alla Conference on the Christian-Jewish-Muslim
interfaith dialogue, promossa nel semestre della Presidenza dell'Ungheria del
Consiglio dell'Unione Europea e in svolgimento nel Castello reale di Gödöllö,
vicino Budapest, dal 1° al 3 giugno.
Monsignor
Vegliò è in Ungheria per compiere una visita pastorale dal 1° al 6 giugno su
invito di monsignor János Székely, promotore della Pastorale per la Mobilità
umana della Conferenza Episcopale Ungherese.
Nel suo intervento
di questo giovedì, l'Arcivescovo ha sottolineato che l'Europa “non è solo un
continente multiculturale oggi, ma anche una realtà storicamente
multiculturale”.
L'incontro
con culture diverse, ha osservato, “permette un arricchimento della propria
realtà”, e un approccio “sereno, reciproco e senza pregiudizi” tra culture “può
aiutare qualcuna a non rinchiudersi in ciò che è e ad evitare l'impoverimento
che ne deriverebbe”.
Per monsignor
Vegliò, in realtà, più che di multiculturalità sarebbe bene parlare di
interculturalità. Il primo termine, infatti, “constata in modo meramente
descrittivo la presenza oggettiva di due o più culture nello stesso spazio
geografico”, mentre “interculturalità” “indica i rapporti stabiliti tra le
culture presenti in un certo spazio geografico e insiste sugli atteggiamenti,
sugli obiettivi da raggiungere o sugli itinerari educativi che conducono a
questo incontro di culture”.
Diventa
importante non solo un “avvicinamento”, ma anche “uno scambio”, “e non un
semplice scambio di ciò che si ha, ma soprattutto di quello che si è”.
L'integrazione,
ha infatti sottolineato il Presidente del dicastero vaticano, “non è un
processo a senso unico”: “gli autoctoni come gli immigrati devono mostrarsi
pronti a percorrere le vie del dialogo e dell'arricchimento reciproco che
permettono di valorizzare e di accogliere gli aspetti positivi di ciascuno”.
Tutto ciò,
ovviamente, tenendo conto “del rispetto dell'identità culturale dei migranti” e
facendo attenzione a eventuali elementi “contrari ai valori etici e universali,
o ai diritti umani fondamentali”.
Chiavi
Per la
promozione dell'interculturalità, ha sottolineato monsignor Vegliò, due
strumenti sono “indispensabili”: “il dialogo e l'istruzione”.
Il dialogo,
ha spiegato, “deve essere lo strumento più importante da usare nei rapporti che
si stringono in tutti i campi della vita umana”.
Ultimamente,
però, si è presentato “un grande problema”: per accogliere quanti arrivano nel
nostro continente e stabilire con loro un dialogo costruttivo, “l'Europa ha
occultato i principi e i valori che hanno caratterizzato la sua nascita e che
l'hanno modellata”.
“E' così che
il continente europeo ha passato sotto silenzio o perfino rinnegato le sue
radici cristiane”, ha denunciato l'Arcivescovo.
“Ciò
impedisce un'accoglienza adeguata e una reale integrazione degli immigrati che
provengono da un altro contesto culturale, perché per loro è impossibile
stabilire un dialogo con una terra che sembra essere priva di un volto e di
storia, una terra senza principi comuni né valori fondamentali”.
Un altro
motivo del “fallimento” nell'accoglienza dei migranti in Europa, ha aggiunto il
presule, è il fatto che “si è realizzata in modo passivo ed è stata
giustificata con un desiderio di tolleranza”.
“Confondiamo
spesso il concetto di tolleranza con l'accettazione acritica di tutti gli stili
di vita, a partire da un rispetto senza limiti ed evitando di emettere
qualsiasi giudizio su di essi”, ha constatato.
Quanto
all'istruzione, monsignor Vegliò ha sottolineato la necessità di “impegnarsi
fermamente” nell'“istruzione interculturale”, “perché i modelli educativi
tradizionali non sono più in grado di offrire risposte adeguate alle sfide
attuali”.
Un nuovo
modello educativo deve quindi concentrarsi su vari elementi: “insegnare a rispettare
e ad apprezzare le varie culture, scoprendo gli elementi positivi e fruttuosi
che possono racchiudere; aiutare a modificare i comportamenti di paura o
indifferenza nei confronti della diversità; educare all'accoglienza,
all'uguaglianza, alla libertà, alla tolleranza, al pluralismo, alla
cooperazione, al rispetto, alla corresponsabilità, alla non discriminazione”.
Allo stesso
modo, deve “valutare positivamente sia il dialogo che l'ascolto; aiutare a
vincere le generalizzazioni, i pregiudizi, gli stereotipi; superare
l'individualismo e l'isolamento in gruppi chiusi; favorire le personalità
mature, flessibili e aperte”.
L'educazione
interculturale, ha segnalato il Presidente del dicastero vaticano, “sarà molto
importante anche per vincere ogni estremismo culturale contrario ai valori
contenuti nella Dichiarazione dei Diritti Umani”.
Religioni
e migrazioni
“Perché le
religioni devono ineluttabilmente partecipare al processo di costruzione
europea” e, “più concretamente”, “all'accoglienza dei migranti e al dialogo
interculturale?”, si è poi chiesto monsignor Vegliò.
In primo
luogo, ha affermato, bisogna “riconoscere che le religioni rappresentano una
delle forme più importanti dell'identità culturale” e che “esiste un legame
profondo e innegabile tra religione e cultura”.
“Non è
possibile comprendere la religione senza la cultura, né la cultura senza la
religione”, ha infatti rilevato, perché “la visione dell'universo presente in
ciascuna delle nostre società e che offre certi valori, comportamenti e idee
sulla vita implica origini chiaramente religiose, condivise dalla grande
maggioranza dei suoi membri, credenti o meno”.
“In secondo
luogo”, ha aggiunto, “se consideriamo che le trasformazioni nel nostro
continente passano necessariamente per un cambiamento di mentalità di ciascun
individuo (autoctono o immigrato), e se siamo coscienti dell'importante compito
svolto dalle confessioni religiose in quanto formatrici delle coscienze, non
possiamo che riconoscere il ruolo indispensabile delle religioni in questo
processo di costruzione europea”.
“La
promozione della dimensione interculturale esige l'accettazione dei valori e
dei principi fondamentali, che devono essere considerati imprescindibili e basi
della costruzione delle nostre società europee”, ha indicato monsignor Vegliò.
“Le varie
confessioni religiose e i loro luoghi di culto – ha concluso – hanno una missione
particolare da compiere per favorire l'adozione di questi valori da parte di
quanti giungono nel nostro continente”.
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