“L’umanità non vivrà in pace
finché la fame non sarà sconfitta, finché coesisteranno coloro che banchettano
quotidianamente e coloro che, alla loro porta o all’altro capo del pianeta,
muoiono di fame”. È una delle tesi sostenute nel documento Terra e Cibo,
a cura del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, pubblicato dalla
Libreria Editrice Vaticana.
“Il titolo del presente lavoro
mette in relazione due realtà – spiegano nella premessa il cardinale Peter
Turkson e il vescovo Mario Toso, vertici del medesimo
dicastero –, la ‘terra’ e il ‘cibo’: la prima rinvia all'organizzazione della
produzione e all'uso delle risorse; la seconda, alla distribuzione e agli stili
di vita”. “Nella prospettiva della Dottrina sociale della Chiesa – ricordano il
cardinal Turkson e monsignor Toso –, il diritto al cibo è un diritto umano
fondamentale, intrinsecamente connesso con lo stesso diritto alla vita”. “L’uso
delle risorse naturali, poi, è altrettanto intrinsecamente connesso con le
esigenze dell’equità, della giustizia e della lotta alla povertà”.
Il documento si articola in tre
grandi sezioni: la prima (dal titolo “Una situazione preoccupante”) presenta
una rassegna e un’analisi delle cause strutturali e congiunturali dei problemi
concernenti la fame e la produzione di cibo; la seconda (“Il messaggio biblico
ed ecclesiale sullo sviluppo agricolo”) delinea alcuni principi guida per la
ricerca e la concretizzazione di soluzioni; la terza (“Risposte pratiche”)
propone una serie di riferimenti culturali e di azioni che mirano al
miglioramento della situazione.
Citando alcune statistiche FAO,
il documento premette che nel periodo dal 2012 al 2014 circa 805 milioni di
persone hanno sofferto di sottoalimentazione. Una “realtà tragica”, viene
definita. Pur se la produzione di cibo a livello mondiale è in grado di
“assicurare ad ogni abitante del pianeta il pieno soddisfacimento del proprio
fabbisogno”, v’è tuttavia il problema che “non sempre alla domanda di cibo
corrisponde la possibilità di ottenerlo”. Le persone che soffrono la fame
“vivono essenzialmente in Paesi arretrati o sulla via dello sviluppo”. Secondo
il dicastero vaticano, nell’analisi del fenomeno “non è possibile limitarsi ad
una rassegna di cause congiunturali, per quanto rilevanti esse possano essere:
crisi, andamento dei prezzi, siccità, inondazioni, corruzione, instabilità
politica, conflitti. Va, invece, preso atto che non si è riusciti a garantire a
tutti l’accesso al cibo tramite la realizzazione di cambiamenti strutturali”.
Segue una fotografia dei principali problemi riguardanti l’odierna produzione
di cibo e le sue conseguenze, dalla progressiva diminuzione dei suoli
coltivabili alle minacce per la biodiversità, dalla carenza delle risorse
idriche all'inquinamento, dalla deforestazione allo sfruttamento delle riserve
ittiche, fino a fenomeni di speculazione e di neocolonialismo.
Diversi sono i riferimenti ai Pontefici,
tra i quali Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, che parlò di “corsa al consumo ed
allo spreco” e Francesco, che ha ripetutamente denunciato una vera e propria
“cultura dello scarto”. “Nella ‘società consumistica’ – sostiene il documento
–, si incoraggia un certo eccesso nell'uso di beni, specialmente fra le
comunità più abbienti, che finiscono col ritenere necessario il superfluo”,
mentre “la visione del ‘cibo come alimento’ è soppiantata da quella del ‘cibo
come merce’ ”.
La seconda parte del documento si
apre con una citazione dal libro della Genesi: “Il Signore Dio prese l’uomo e
lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse”, che
illustra il compito al quale è chiamato l’uomo. La riflessione si sofferma
quindi su concetti quali “destinazione universale dei beni”, “bene comune”,
“solidarietà e fraternità”, “opzione preferenziale per i poveri”,
“sussidiarietà”, “giustizia”, “dignità e priorità della persona umana”.
Nella terza parte vengono offerti
alcuni orientamenti pratici per sostenere lo sviluppo e debellare la fame, a
partire dal richiamo al rispetto della vita, notando che “è una contraddizione
in termini preoccuparsi dell’ecologia e dello sviluppo, quando non ci si cura
delle persone”. Tra i temi trattati, l’investimento nella terra, con un
riferimento al concetto di “impact investing”, che evoca “un tipo di
investimento finalizzato ad avere ricadute particolarmente positive nella
società in cui viene effettuato”. Quindi una serie di richiami, ciascuno dei
quali è accompagnato da alcuni suggerimenti: garantire i diritti umani (la
vita, il cibo, l’acqua, l’educazione, la partecipazione politica); sostenere i
produttori; mettere le donne in condizione di svolgere sempre meglio il loro
fondamentale ruolo; tutelare la biodiversità; garantire l’accesso al credito;
incoraggiare la ricerca; una migliore “governance” delle risorse e dello
sviluppo; migliorare la comunicazione commerciale; lottare contro gli effetti
negativi della speculazione; educare gli investitori, gli imprenditori, i
politici e i governanti.
La Chiesa cattolica, è ricordato
infine, “partecipa agli sforzi realizzati per permettere a ogni popolo e
comunità di disporre dei mezzi necessari a garantire un adeguato livello di
sicurezza alimentare”, mediante l’impegno di congregazioni, missioni,
fondazioni, conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, Caritas, varie
organizzazioni e associazioni di laici, “attraverso la formazione, l’erogazione
di credito, la realizzazione di infrastrutture, il rafforzamento della produzione
di cibo, lo sviluppo di imprese, rispondendo alle emergenze e organizzando, con
la sua diakonía, la solidarietà con e per i
più poveri”.
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