Da alcuni mesi il terrorismo di
radice islamica è balzato alla ribalta dell’attualità come un grave pericolo
per l’Europa e per la nostra Italia. Molti si chiedono cosa fare, si discute di
leggi adeguate alla gravità della situazione ma gli appelli per una
maggior vigilanza e fermezza lasciano il tempo che trovano. Il nostro mondo
democratico, ricco e laicizzato, si trova spiazzato. I popoli occidentali e
quelli islamici non si capiscono. C’è un abisso tra il nostro desiderio di
vivere tranquilli e la violenza dei terroristi. La storia recente, dopo le “Due
Torri” di New York (11 settembre 2001), ha dimostrato che le guerre contro
l‘estremismo islamico (in Afghanistan e Iraq e oggi contro il Califfato) non
solo non risolvono il problema del terrorismo, ma hanno peggiorato la
situazione. La “guerra santa” e “il martirio per l’islam” si sono diffusi in
molti paesi. Un miliardo e 400 milioni di uomini che vivono con convinzione la
loro religione e cultura religiosa, non si sconfiggono con la guerra. E allora,
cosa fare?
Papa Francesco, parlando nel
gennaio scorso al Pisai (Pontificio Istituto di Studi arabi e d’islamistica),
ha messo in primo piano il dialogo con i musulmani, dicendo tra l’altro: “Mai
come ora” si avverte la necessità della formazione di operatori del dialogo con
i musulmani, “perché l’antidoto più efficace contro ogni forma di violenza è
l’educazione alla scoperta e all'accettazione della differenza come ricchezza e
fecondità”. Ciò richiede un atteggiamento di “ascolto” per essere capaci di capire
i valori dei quali l’altro è portatore e di conseguenza “un’adeguata formazione
affinché, saldi nella propria identità, si possa crescere nella conoscenza
reciproca”; ma esige anche di “non cadere nei lacci di un sincretismo
conciliante e, alla fine, vuoto e foriero di un totalitarismo senza valori”.
Questo scontro di due civiltà che non si capiscono, non ha come motivazione
fondamentale la politica o l’economia, ma la religione. Ecco perché:
1) L’ideale dell’Occidente è la
“Libertà” dell’uomo, anche dalle leggi di Dio che ha creato il mondo e
l’umanità. Noi viviamo in una società praticamente atea e i popoli islamici
vedono l’Occidente cristiano come un nemico, un pericolo per la loro fede! Sono
attirati dal mondo moderno, ma ne hanno anche paura! La nostra vita li
scandalizza, non vogliono vivere in un mondo sempre più disumano come il
nostro, ricco e arido, ma vuoto dentro, di cui ci lamentiamo anche noi. Questo
il ritornello che si sente nelle moschee e si legge sulla stampa islamica: i
credenti nel Corano hanno la missione di riportare a Dio l’Occidente ateo e
svirilizzato. Queste idee, inculcate fin dalla più tenera età anche nelle
scuole, fanno parte della loro fede e della loro cultura. Solo una minoranza
pratica il terrorismo islamico, è vero, ma ci sono milioni di musulmani che
condividono la loro ideologia.
Il primo ministro inglese Tony
Blair, parlando dopo le Due Torri al Parlamento europeo, ha detto: “L’Occidente
deve difendere i nostri valori… Abbiamo creato una civiltà senz'anima e dove
ritrovare quest’anima se non tornando al Vangelo che ha fatto grande
l’Occidente?”. Nella situazione attuale, che rende la nostra società sempre più
priva di ideali, pessimista ed egoista, in crisi perché manca di bambini
(quanti milioni di aborti negli ultimi trent'anni?), ecco l’islam che ci
provoca con ogni mezzo, dalla crescita demografica al terrorismo, ma anche con
la “guerra santa” e il “martirio per l’islam”, per ricondurci allo scopo
dichiarato della fede in Dio, sia pure il Dio del Corano che non è certo il Dio
del Vangelo! In genere, noi occidentali viviamo come se Dio non esistesse, ma
per incontrare e dialogare con l’islam dobbiamo ritornare a Dio e ai dieci
Comandamenti, a Gesù Cristo e al suo Vangelo, non solo nella nostra vita
personale, ma in quella familiare, sociale, scolastica, massmediatica, ecc.
Cioè ritrovare la nostra identità cristiana. L’alternativa è la guerra contro i
popoli musulmani, che, a lunga scadenza, perdiamo certamente, per il semplice
motivo che i musulmani sono popoli giovani, noi occidentali popoli vecchi!
Dobbiamo formarci una visione più
realistica dei musulmani e capire quali gravi responsabilità (storiche ed
attuali) abbiamo anche noi, cristiani occidentali nella nascita e il
diffondersi del “terrorismo” con radice islamica. Il card. Carlo M. Martini
(nel suo discorso del 1990 “Noi e l’islam”) ha detto: “Cosa dobbiamo pensare
noi cristiani dell’islam? Che senso può avere nel piano divino il sorgere di
una religione, in un certo modo vicina al cristianesimo e insieme così
combattiva, così capace di conquista, da fare molti proseliti in un‘Europa
infiacchita? Nel mondo occidentale che perde il senso dei valori assoluti e non
riesce più ad agganciarli a un Dio Signore di tutto, la testimonianza del
primato di Dio su ogni cosa e della sua esigenza di giustizia, ci fa
comprendere i valori storici che l’islam ha portato con sé e che può ancora
testimoniare nella nostra società”.
2) L’islam si definisce non in
termini di “libertà dell’uomo”, ma di “sottomissione a Dio”, ripeto, il Dio del
Corano, non quello del Vangelo! Vive e proclama la presenza di Dio (Allah)
nella vita del singolo uomo, nella famiglia e nella società; la fede è il più
grande dono che Dio ha fatto all'uomo, che dobbiamo conservare con la preghiera
e l’osservanza dei Comandamenti; la fede non è solo una scelta personale (come
il laicismo e la secolarizzazione esasperata proclamano e impongono), ma crea
l’appartenenza alla comunità dei credenti e a tutta l’umanità creata dallo
stesso Dio.
L’islam è una religione che
viene, almeno in parte, dalla stessa radice cristiana, il Dio di Abramo, tanto
che nei suoi primi tempi alcuni Padri della Chiesa lo definivano “un’eresia
cristiana”. Ma oggi non è certamente una religione umanizzante, sono le stesse
realtà islamiche (le violazioni dei diritti dell’uomo e della donna) che
offrono un’immagine negativa; ma questo è un altro discorso, senza nulla
togliere al dovere che hanno gli stati e ciascuno di noi, di difendere noi
stessi e il nostro popolo da aggressioni e invasioni esterne. Ribadisco
comunque quel che ho sentito da numerosi vescovi cristiani viventi nei paesi
islamici, la convinzione che, nei piani di Dio, anche oggi l’islam ha, nella
storia umana, un ruolo che non conosciamo, ma che merita rispetto e attenzione.
Per noi cristiani oggi la sfida è
l’incontro e non lo scontro con i popoli musulmani, il dialogo e non la guerra,
il ritorno alla fede e alla vita in Cristo, non l’ateismo teorico e pratico.
Piero Gheddo
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