25 aprile 2012

La migrazione: un bene di reciprocità

Roma - La Giornata di Ringraziamento per i 40 anni della Comunità di Capo Verde è stata la festa di tutte le generazioni: donne sbarcate a Roma 40 e più anni fa per lavorare nelle famiglie italiane; uomini e donne arrivati dopo l’indipendenza di questo paese africano; famiglie italo-capoverdiane nate dai molti matrimoni misti; giovani nati altrove o in suolo italiano che frequentano le scuole del paese; bambini appartenenti ormai alla terza generazione, ma con il ritmo della coladeira nell’anima. Tutti affratellati in un cuor solo e una anima sola in un grande abbraccio per un mondo nuovo. 
Mons. Giovanni D’Ercole, vescovo ausiliare di Aquila, ha presieduto, domenica 22 aprile, alla Giornata di Ringraziamento per i 40 anni del Centro di ritrovo della piccola Comunità Capoverdiana a Roma. Ha rivolto a nome della Chiesa parole di grande riconoscimento, stima e apprezzamento per la fedeltà della comunità italo-capoverdiana alla vita, alla fede, al lavoro onesto, alla famiglia e alle proprie tradizioni culturali e storiche. È stata una giornata di incontro con le persone e le famiglie che lui stesso ha visto crescere e ha accompagnato spiritualmente nel suo ruolo di assistente spirituale del Movimento Tra Noi, di ispirazione orionina, e responsabile per l’animazione del Centro di Via Sicilia, presso le Missionarie del Sacro Cuore.
La messa solenne, segnata dalla gioia pasquale e dall’unione tra tutte le generazioni, è stata celebrata presso la Chiesa del Santo Redentore in lingua portoghese e italiana, con canti in creolo, e ha visto la partecipazione di circa di 600 persone tra migranti capoverdiani e loro discendenti venuti dalla città e dintorni di Roma, religiose impegnate nella formazione umana e cristiana di questa comunità, autorità consolari, amici italiani e di altre nazionalità, artisti e dirigenti di diverse associazioni. L’eucarestia è stata concelebrata dal parroco di San Camillo di Lellis, il direttore della Migrantes di Roma mons. Pierpaolo Felicolo e da altri sacerdoti che collaborano nel garantire la messa domenicale in portoghese. Queste sono le presenze significative che hanno fatto risaltare l’appartenenza di questi cristiani di origine africana, alla vita e alla missione evangelizzatrice della diocesi di Roma, la città del Papa. Tutti i partecipanti hanno vissuto una Giornata di Fraternità indimenticabile che ha esaltato i valori di tanti collaboratori domestici, uomini e donne badanti, portinai e impiegati in altre attività che rappresentano il cuore di questa comunità di circa 11.000 presenze in Italia.
La parte culturale è stata preparata e condotta dai nuovi italiani nati dalla comunità capoverdiana. I giovani, molti ormai con formazione superiore, hanno presentato, per l’orgoglio di tutti i partecipanti, la cultura, la musica e le danze tipiche di Cabo Verde, assieme ad altri interventi musicali tipici delle nuove generazioni italiane, dove sono cresciuti e si muovono come frutto maturo della diversità culturale e dell’integrazione.
La piccola comunità afro-atlantica di Cabo Verde, delle multiple appartenenze, interculturale, di radice e storia meticcia, tra le più antiche della capitale, con un forte movimento associativo che rimane tuttora un esempio di una integrazione seppure sofferta, discriminata, sfruttata e non totalmente protetta socialmente agli inizi, ha saputo prendere il destino nelle proprie mani. Una comunità migrante che, dalla fine degli anni Sessanta, quando l’Italia non si riconosceva ancora paese di immigrazione, oltre che di emigrazione, ha dovuto organizzarsi, difendersi, alfabetizzarsi, denunciare ingiustizie, qualificarsi e sensibilizzare le forze sociali e sindacali alla propria particolare situazione di emigrazione femminile e africana. La proiezione di un Video ha rappresentato il momento culturale della Giornata, ricordando le tante iniziative di appoggio alla comunità sorte da diverse istituzioni in difesa del lavoro degno e la promozione della vita in abbondanza. E’ stato bellissimo testimoniare come le ultime persone arrivate, molte delle quali grazie ai ricongiungimenti familiari, ringraziavano e abbracciavano con tenerezza e gratitudine le prime arrivate, pioniere del loro attuale benessere, che venute da fuori Roma, si sono fatte presenti con le loro famiglie.
Questa è stata anche una celebrazione del futuro, segno dell’impegno collettivo di una comunità molto impegnata nella dignità del lavoro, nell’umanizzazione del servizio domestico, nell’attenzione verso gli anziani, i malati e i bambini in una società che, come ha detto mons. D’Ercole, alle volte confonde il bene con il male e spesso dimentica i più vulnerabili.
La storia di questa piccola ed antica comunità romana è segno che la migrazione quando accompagnata e quando corresponsabilizza i migranti stessi nella loro integrazione sociale ed ecclesiale è sempre un bene per chi pratica l’accoglienza nella reciprocità della vita, dei valori e della fede. (Rui Pedro)

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