Sono
almeno sette le vittime causate oggi da un bombardamento dell’aviazione su un
mercato della città sud-sudanese di Bentiu: lo dice padre Samuel Akoch, il
parroco locale, mentre altre fonti della MISNA a Khartoum sottolineano che la
battaglia per il petrolio di Heglig appare solo una tappa del conflitto
militare tra i due paesi.
“Il
mercato – racconta alla MISNA padre Akoch – si trova vicino a un ponte ma il
bombardamento non ha giustificazioni: alle nove e mezza, quando è cominciato
l’attacco, attorno alle bancarella c’era una folla di gente”. Secondo il
parroco, bombardamenti dell’aviazione sono avvenuti anche in altre località
della regione sud-sudanese di Unity, in particolare nella cittadina di
Adiemnhom. Di raid “indiscriminati” ha riferito oggi anche la Missione delle
Nazioni Unite in Sud Sudan (Unmiss).
A
Khartoum timori di un ulteriore allargamento del conflitto militare sono stati
espressi da fonti ben informate della MISNA. Nonostante la riconquista dei
giacimenti petroliferi di Heglig, occupati dall’esercito di Juba il 10 aprile,
il governo sudanese starebbe puntando sulla “carta nazionalista” e intenderebbe
intensificare le operazioni militari. Stando a queste fonti, è probabile
un’inasprirsi del conflitto anche nelle regioni del Sudan lungo il confine con
il Sud: dal Nilo Blu al Sud Kordofan, i soldati di Khartoum combattono gruppi
ribelli storicamente legati a Juba.
Secondo
le fonti della MISNA, mai come adesso è difficile distinguere realtà e
propaganda. Nella seconda categoria potrebbero rientrare le dichiarazioni di
Khartoum sui 1200 militari sud-sudanesi uccisi a Heglig, teatro di una
battaglia che il governo del presidente Omar Hassan al Bashir avrebbe interesse
a trasformare in “una vittoria politica e di immagine”. Di reale c’è la
necessità di aiutare i due Sudan a riprendere al più presto le trattative
interrotte a marzo. “Perché Juba e Khartoum possano uscire da questa situazione
di guerra – dicono alla MISNA – servono mediatori forti e credibili”. In una
nota diffusa venerdì dal presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, si chiedeva “un
maggior impegno internazionale per la pace” e “una revisione critica
dell’attuale sistema di mediazione”. Un apparente riferimento al ruolo
dell’Unione Africana, finora incapace di favorire un compromesso sui
contenziosi lasciati in eredità dalla guerra civile e che l’indipendenza
proclamata da Juba l’anno scorso non ha risolto. Oggi Kiir comincia una visita
di sei giorni in Cina, un paese che da solo acquista il 60% del petrolio dei
due Sudan e che è dunque decisivo per la loro economia. Secondo Li Xinfeng,
ricercatore di studi africani presso l’Accademia cinese di scienze sociali, la
Cina potrebbe dire al Sud Sudan ‘senza pace niente sviluppo’.
Fonte:
www.misna.org
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