Roma - “Non stancatevi di lavorare per un mondo più giusto e più solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che ancora ci sono nel mondo!”. Papa Francesco entra in punta di piedi, con totale familiarità, nella favela di Varginha. E parla chiaro. Di più: prosegue col popolo quella sorta di enciclica predicata e itinerante che questo viaggio in Brasile rappresenta. Un’enciclica proiettata sui giovani, come orizzonte di futuro, che ha come destinatario il mondo intero. Ecco, allora, a Varginha, nello stile semplice, chiaro e profondo del Papa predicatore, del Papa del popolo (come titola “Time”), il capitolo sociale, tra la gente, un tripudio di gente contenta di stare insieme al Papa. La sua è una dottrina sociale che prima di tutto, però, è vita sociale, appello concreto e stringente a una vita sociale umana, degna dell’uomo. “Non siete soli”. Parte e arriva qui il discorso sociale del Papa. Francesco sa che la sfida della globalizzazione e della crisi ha la sua radice prima di tutto qui. Quando siamo soli, siamo sfruttati e defraudati perfino della speranza; quando siamo soli, cerchiamo i surrogati. E disperiamo. Invece no: “Non scoraggiatevi mai, non perdete la fiducia, non lasciate che si spenga la speranza. La realtà può cambiare, l’uomo può cambiare. Cercate voi per primi di portare il bene, di non abituarvi al male, ma di vincerlo. La Chiesa vi accompagna, portandovi il bene prezioso della fede, di Gesù Cristo, che è ‘venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza’”. La Chiesa non è una Ong, ha ripetuto a più riprese. Il Papa vuole unire, vuole la coesione, ma sa che parte dalla vita, non dalle ideologie. Per questo predica la conversione e propone Cristo, prima di tutto. Traendone poi le conseguenze sociali. Nessuno, nonostante tanti sforzi, degni di miglior causa, ha potuto arruolarlo nelle file dei progressisti o dei conservatori, contrapponendo l’attenzione ai temi sociali a quelli etici. Punta al concreto, predica la conversione e chiama all’opera. A Varginha denuncia le ingiustizie e sprona a costruire con un preciso orientamento. Rileggiamo il passaggio centrale del suo breve discorso: “Non c’è né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell’uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali: la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale; l’educazione integrale, che non si riduce a una semplice trasmissione d’informazioni con lo scopo di produrre profitto; la salute, che deve cercare il benessere integrale della persona, anche della dimensione spirituale, essenziale per l’equilibrio umano e per una sana convivenza; la sicurezza, nella convinzione che la violenza può essere vinta solo a partire dal cambiamento del cuore umano”. Tutto qui: ma non c’è alibi per nessuno e c’è molto lavoro da fare per tutti. (Francesco Bonini – SIR)
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