3 luglio 2013

Mattia Choe, il "difensore dei missionari” frustato a morte per non aver tradito Cristo

di Joseph Yun Li-sun

Uno dei primi catechisti della nascente Chiesa coreana, Mattia Choe In-gil, ebbe l’incarico di difendere il primo sacerdote cinese entrato nel Paese: ci riuscirà ma a costo della vita e, pur di non abiurare la fede cattolica, accetta di morire per le percosse degli agenti della Corte di Seoul. AsiaNews presenta la vita e le opere di questi testimoni di Cristo in attesa di canonizzazione.

Seoul - Difendere i missionari stranieri, proclamare il Vangelo e mantenere salda la fede nel Salvatore. Mattia Choe In-gil è uno dei primi cattolici della Corea del Sud, e impegna la sua vita per il Vangelo fino a subire - con il sorriso sul volto - il martirio ordinato dalla Corte di Seoul, che ha perseguitato con ferocia i cristiani per almeno un secolo prima di concedere loro libertà di culto.
Mattia Choe è inserito nel gruppo dei 123 compagni di Paolo Yun Ji-chung, vittime della persecuzione Byeongin (tra la prima e la seconda metà dell'800) e proclamati "servi di Dio" da Papa Giovanni Paolo II nel 2003 insieme a p. Choi Yang-oeb. La Chiesa cattolica coreana è in attesa della loro beatificazione, e il vescovo di Daejeon mons. Lazzaro You Heung-sik ha invitato Papa Francesco in Corea per l'occasione.
AsiaNews ha già presentato la vita di alcuni di questi martiri e continua a proporre la loro testimonianza ai suoi lettori.
Mattia Choe In-gil nasce in Corea nel 1765 da una famiglia di interpreti. Conosce il catechismo cattolico grazie a Giovanni Battista Yi Byeok [uno dei primi fedeli coreani ndt] e viene battezzato nel 1784, poco dopo l'introduzione della Chiesa cattolica nel Paese. Ignazio Choe In-cheol, che verrà martirizzato nel 1801, è suo fratello.
Sin dai primi anni della sua vita cattolica, Mattia Choe si impegna nella proclamazione del Vangelo insieme agli altri fedeli locali. Quando Paolo Yun Yu-il torna dalla sua visita a Pechino, dove va per conoscere la Chiesa locale, Mattia Choe partecipa ai suoi sforzi per introdurre sacerdoti nel Paese [le autorità avevano infatti proibito l'ingresso di clero straniero ndt]. In particolare, gli viene affidato l'incarico di trovare nascondigli sicuri per i missionari.
A questo scopo sistema un'abitazione a Gyedong (che oggi si chiama Gye-dong Jongno-gu, a Seoul) e aspetta l'ingresso dei sacerdoti. Il primo a riuscire nell'impresa è un prete cinese, p. James Zhou Wen-mo, che arriva in Corea il 24 dicembre del 1794 (il 3 novembre secondo il calendario lunare). All'inizio del 1795 i due entrano in contatto e p. Zhou va a vivere nella "casa sicura" preparata da Mattia Choe. Purtroppo, la Corte viene informata dell'arrivo del sacerdote da una spia e lancia una caccia all'uomo per stanarlo.
Per fortuna p. James Zhou riesce a fuggire di nascosto nella casa di un'altra convertita, Colomba Kang Wan-suk. Allo stesso tempo Mattia Choe, che ha aspettato le guardie reali in casa sua, cerca di farsi passare lui stesso per il sacerdote cinese: in un primo momento il trucco funziona, anche perché il giovane parla un ottimo cinese. Tuttavia, il piano non dura a lungo. Poco dopo la sua cattura la sua vera identità viene scoperta e la polizia torna in strada per cercare p. Zhou, ma senza riuscirci: scoprono però come è riuscito a entrare nel Paese e arrestano Paolo Yun e Saba Jin, che lo hanno accompagnato in Corea.
Nel frattempo Mattia Choe e i suoi compagni restano confinati in carcere, dove iniziano le torture per farli parlare. I loro accusatori vengono però confusi dalla loro sincerità, dalla pazienza e dalla ferma determinazione mostrata dai convertiti. Nonostante le ripetute percosse, gli arrestati non rivelano la posizione di p. Zhou: si accostano al dolore con un'espressione di pace sul volto.
Gli aguzzini capiscono che gli arrestati non tradiranno p. James Zhou e decidono di picchiarli a morte. Mattia Choe e i suoi compagni muoiono a causa di una scarica continua di colpi di frusta il 28 giugno 1795 (il 12 maggio per il calendario lunare). Mattia Choe ha 30 anni. I corpi vengono buttati nel fiume Han.
Il vescovo di Pechino, mons. Gouvea, viene informato da un emissario segreto del martirio di questi giovani e scrive una lettera per parlare del coraggio mostrato da questi martiri: "Alla domanda degli accusatori 'Adorate Gesù morto sulla croce?' hanno risposto con coraggio 'Sì'. Alla richiesta di abiurare la fede hanno aggiunto 'Siamo pronti a morire mille volte piuttosto che rinunciare alla fede nel nostro vero Salvatore, Gesù Cristo'. Mattia Choe è stato uno dei primi catechisti scelti da Pietro Yi Seung-hun per proclamare la fede. È stato un cattolico eccellente, che si è impegnato a diffondere la gloria di Dio con fede, zelo e devozione".


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