Lampedusa - Papa Francesco a Lampedusa chiede “perdono per l’indifferenza
verso tanti fratelli e sorelle”, “perdono per chi si è accomodato, si è chiuso
nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore”, per “coloro che con
le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a
questi drammi”. Lo ha fatto durante la celebrazione
eucaristica nello stadio di Lampedusa, nel suo primo viaggio fuori dalla
diocesi di Roma, un viaggio storico. Un viaggio iniziato con il lancio di una
corona di crisantemi nel mare di Lampedusa, un mare dove sono morti migliaia di
persone negli ultimi anni, durante la loro traversata per raggiungere le coste
italiane. “Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una
via di speranza sono state una via di morte”, ha detto spiegando la decisione
di venire a Lampedusa: “quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia,
che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente
come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo
venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a
risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta”. E commentano
le letture della massa, scelte direttamente dal papa, ha detto che “tanti di
noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in
cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e
non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo
disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge a tragedie come
quella a cui abbiamo assistito”. Le persone morte prima di arrivare sulle
nostre coste “cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di
serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie,
ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano
comprensione, accoglienza, solidarietà! E le loro voci salgono fino a Dio!”. E
a braccio ha detto che queste persone subiscono violenza a causa dei
trafficanti che “sfruttano la loro povertà”. Per queste persone “la povertà
degli altri è fonte di guadagno". Ha sottolineato dopo aver ricordato le
parole ascoltate poco prima da un immigrato eritreo che sul molo Favaloro gli
aveva detto di essere stato rapito dai trafficanti. “Chi è il responsabile del
sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi – ha detto il Papa -
rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma
Dio chiede a ciascuno di noi: ‘Dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a
me?’. Oggi nessuno si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso
della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del
sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parla Gesù nella parabola del
Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada,
forse pensiamo ‘poverino’, e continuiamo per la nostra strada, non è compito
nostro; e con questo ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci
porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci
fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono
l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli
altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati
alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare
nostro!”. E citando la figura dell’Innominato del romanzo dei Promessi Sposi
del Manzoni ha sottolineato che la “globalizzazione dell’indifferenza ci rende
tutti ‘innominati’, responsabili senza nome e senza volto”. Papa Francesco,
pensando ai morti si è chiesto chi ha pianto per questo fatto e per fatti come
questo. “Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere”, ha
detto con forza papa Bergoglio, del “patire con”: “la globalizzazione
dell’indifferenza!”. “Domandiamo al Signore – ha pregato il Papa - la grazia di
piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi,
anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che
aprono la strada a drammi come questo”. Papa Francesco ha rivolto anche un
pensiero e una parola “di sincera gratitudine e di incoraggiamento” agli abitanti
di Lampedusa e Linosa, alle associazioni, ai volontari e alle forze di
sicurezza, per aver “mostrato attenzione a persone nel loro viaggio verso
qualcosa di migliore. Voi siete – ha detto - una piccola realtà, ma offrite un
esempio di solidarietà!”. Ha ringraziato quindi il sindaco e l’arcivescovo di
Agrigento e presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della
Fondazione Migrantes, mons. Francesco Montenegro per l’impegno profuso e ha
rivolto un pensiero ai “cari immigrati musulmani che stanno iniziando il
digiuno di Ramadan, con l’augurio di abbondanti frutti spirituali. La Chiesa – ha sottolineato - vi è vicina nella
ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie”. Alla celebrazione hanno partecipato circa 15.000 persone. Papa
Francesco era arrivato al campo sportivo dell’Isola su una campagnola scoperta,
salutato al passaggio dalla folla. In prima fila, tra i fedeli, i migranti. Al
termine della Messa, il Papa raggiungerà in auto la Parrocchia di San Gerlando
per una breve sosta. Quindi, alle ore 12.30, lascia la Parrocchia e si
trasferisce in auto all’aeroporto di Lampedusa da dove, alle ore 12.45, parte
per rientrare a Roma. (Raffaele Iaria)
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